Garlasco, i 7 punti che condannano Stasi e scagionano Sempio

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(Adnkronos) – Mentre si riaprono le indagini sull'omicidio di Garlasco con "nuovi elementi" ravvisati dal gip di Pavia a carico di Andrea Sempio, amico del fratello di Chiara Poggi uccisa il 13 agosto 2007, restano tuttavia saldi sette elementi nel caso che condannano Alberto Stasi e scagionano Sempio.  
Uno. Alberto Stasi è il colpevole dell'omicidio della fidanzata Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007 a Garlasco (Pavia). Non c’è altra verità giudiziaria – a prescindere dai sospetti su Andrea Sempio o qualsiasi altro killer ignoto – fino a quando il condannato (che sta finendo di scontare la sua condanna a 16 anni nel carcere di Bollate) non farà formale richiesta di revisione alla Corte d’Appello di Brescia. Solo una revisione può togliergli, eventualmente, il marchio di assassino. La sua responsabilità prescinde dalle indagini su Sempio, amico del fratello della vittima.  
Due. Procura di Pavia e difesa di Stasi condividono, per la prima volta, l’idea che bisogna approfondire la posizione di Sempio, ma già per ben due volte, negli ultimi mesi, altrettanti giudici per le indagini preliminari, hanno bocciato la richiesta e solo l’intervento della Cassazione (che ordina di motivare meglio il rifiuto) porta gli investigatori a un viaggio a ritroso nel passato remoto dell’indagine, ma su elementi – salvo sorprese fin qui ben nascoste – già discussi lungamente negli ultimi otto anni.   
Tre. E' il terzo tentativo di indagare su Sempio. Il primo, nel 2017, nasce da un esposto della madre di Stasi. La difesa 'ruba' da una tazzina del caffè il Dna del giovane e lo confronta con quello estratto dal materiale trovato sulle unghie della vittima, traccia genetica che – certifica una sentenza della Corte d'Assise d'Appello – non è comparabile perché degradato. Nel 2020 i carabinieri di Milano – chiamati a far luce su minacce ricevuto dall’avvocata di Stasi – indagano (pur se competente è Pavia) sul delitto e in un’informativa dedicano un capitolo sul presunto coinvolgimento di Sempio. Pavia archivia con una dettagliata motivazione che smonta ogni punto. Oggi Sempio, per la terza volta, torna al centro dei sospetti.   
Quattro. Alibi, Dna, bici, scarpe. Sono quattro gli elementi che sono già stati analizzati, valutati e 'smontati' dalla stessa Procura di Pavia, che ora prova un'inversione a U su Sempio. La Cassazione è granitica: l'assassino indossa il numero 42 mentre l'indagato calza il 44; una testimone parla di una bici nera da donna parcheggiata davanti alla villetta di via Pascoli la mattina del delitto mentre Sempio ha una bici rossa; anche la presenza della traccia biologica lo scagiona. "Tracce di Dna di Sempio ben potevano posizionarsi sulle unghie di Chiara Poggi in via mediata per il fatto che entrambi usavano un computer fisso in casa Poggi che il fratello di Chiara e i suoi amici utilizzavano spesso per eseguire videogiochi comandati da tastiera". Manca il movente, le intercettazioni dimostrano la "totale estraneità" al delitto e non è anomalo, per i magistrati, che abbia conservato lo scontrino di un parcheggio a Vigevano.   
Cinque. Sono cinque i processi che, dal 2009 al 2015, vedono imputato Alberto Stasi per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi. Per due volte viene assolto nel procedimento con rito abbreviato, ma la Cassazione non chiude i giochi e rinvia alla Corte d’Appello di Milano, per un processo d’appello bis, chiedendo una rilettura di tutti gli indizi. La quinta sentenza sembra chiudere i giochi con la condanna definitiva a 16 anni di carcere. "Ciascun indizio risulta integrarsi perfettamente con gli altri come tessere di un mosaico che hanno contribuito a creare un quadro d’insieme convergente verso la colpevolezza di Alberto Stati oltre ogni ragionevole dubbio" scrive la Corte Suprema.   
Sei. Sono sei, a voler sintetizzare le prove contro Stasi. Scarpe, impronte, alibi, pedali della bici, foto e bugie. Sono le scarpe 'immacolate' (quelle con cui torna e finge di scoprire il cadavere) che indossa quando chiama il 118 a 'incastrarlo': non poteva non sporcarsi calpestando il pavimento insanguinato della villetta del delitto. Contro di lui i pedali 'invertiti' tra le due bici di casa e l'assenza di alibi. Chiara disattiva l'allarme di casa alle 9.12 e lui lavora alla tesi solo dalle 9.36, un tempo sufficiente. Una foto mostra sul pigiama della vittima quattro impronte di una mano dell'assassino: quando viene spostato il corpo la maglietta viene intrisa di sangue ma quella immagine svela che chi ha ucciso si è sporcato e prima di scappare si è lavato. Lo dimostrano le impronte insanguinate delle scarpe dell'assassino (stesso numero del condannato) – lasciate davanti al lavabo in bagno -, mentre sul dispenser portasapone resta il sangue della vittima misto al Dna di Alberto.  
Sette. E' il settimo tentativo di ribaltare la sentenza passata in giudicato. Il primo tentativo di ricorrere in Cassazione con un ricorso straordinario è stato respinto, così come due tentativi di revisione respinti dalla Corte d'Appello di Brescia (nel secondo caso anche dalla Cassazione), poi ci sono state già due denunce avanzate e archiviate dalla Procura di Pavia e, infine, il ricorso alla Corte europea dei Diritti dell'Uomo che ha recentemente stabilito che il processo a Stasi è stato equo. Dal 2015 a oggi, sono una quarantina i magistrati che si sono occupati del caso e tutti hanno convenuto sulla certezza della responsabilità di Stasi oltre ogni ragionevole dubbio. Per il condannato, oggi 41 anni, il fine pena è fissato nel 2030 (Stasi lavora già fuori dal carcere), da questa estate potrà beneficiare della semilibertà e per buona condotta potrebbe già tornare libero nel 2028.  —cronacawebinfo@adnkronos.com (Web Info)