Questa mattina ho letto sul sito dell’Osservatorio Indipendente di Bologna morti sul lavoro che, da inizio anno, le lavoratrici e i lavoratori morti sui luoghi di lavoro sono 263. In Veneto, che guida l’orribile classiffica delle regioni, sono 30. L’anno scorso, al 19 maggio 2017, i morti sui luoghi di lavoro erano 239 e in Veneto erano 24. L’aumento è spaventoso. Complessivamente in Italia è di oltre il 10% e, in Veneto, raggiunge il 25%. Intanto arriva un’altra notizia ANSA – 17 maggio ore 10.52.
“Un operaio della ditta di carpenterie metalliche Ferplast dell’appalto Ilva, Angelo Fuggiano, di 28 anni, è morto in seguito a un incidente avvenuto nel reparto Ima, al quarto sporgente del porto di Taranto gestito dal Siderurgico. Secondo fonti sindacali, durante il cambio funi per la macchina scaricatrice DM 6, un cavo sarebbe saltato durante la fase di ancoraggio della parte finale travolgendo il lavoratore. Vani sono risultati i tentativi di rianimazione da parte degli operatori del 118. Sul posto anche vigili del fuoco, carabinieri, Guardia di finanza e ispettori del lavoro.
Dopo l’incidente, le segreterie territoriale Fim, Fiom, Uilm e Usb di Taranto hanno proclamato lo sciopero dei dipendenti diretti e dell’appalto dalle 11 di oggi fino a tutto il primo turno di domani.“
Un altro lavoratore è morto, mentre i lavoratori delle Acciaierie Venete di Padova stanno ancora lottando tra la vita e la morte con pochissime probabilità di farcela (e, se dovesse essere, in quali condizioni potranno sopravvivere?).
Bisogna fare qualcosa. Non ci si può limitare a guardare e restare indifferenti di fronte a questo massacro. Ognuno deve prendere coscienza che siamo di fronte a una vera e propria guerra contro i lavoratori. Non è sufficiente “addolorarsi” di quanto è successo. Bisogna prevenire e reprimere con durezza chi è responsabile. Bisogna che lo Stato intervenga, con leggi e regole, ripristinando quanto è stato cancellato e reso più favorevole a limitare costi e responsabilità delle imprese dai governi che si sono succeduti dal 2008 a oggi. Bisogna lottare per ottenere maggiore giustizia e sicurezza per chi vive del proprio lavoro. Scendere in piazza, proclamare uno sciopero generale, protestare. Rifiutarsi di lavorare in condizioni che, evidentemente, sono colpevolmente carenti.
Non si può lavorare con la paura di non fare ritorno a casa. Questa non è vita. E’ schiavitù. Spezziamo le catene.
Giorgio Langella, segretario regionale PCI Veneto