Victor Massiah sempre a capo di Ubi anche se indagato e imputato, Il Fatto: le due Italie

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Victor Massiah, Ad di Ubi
Victor Massiah, Ad di Ubi

Ci sono due Italie, due sistemi di pensiero che si sfiorano senza scalfirsi, restando ostinatamente diversi. Nel caso di Armando Siri, il sottosegretario leghista indagato per corruzione, prevale il principio che deve mollare la poltrona perché, ferma restando la presunzione di innocenza, non si sta al governo con accuse simili sul groppone. E poi c’è l’Italia miracolosa di Victor Massiah, indagato da cinque anni e sotto processo a Bergamo, che il 12 aprile scorso è stato rieletto ad dell’Ubi, la terza banca italiana. Non è il solito derby tra giustizialisti e garantisti, c’è piuttosto una classe dirigente incapace di rispettare un canone etico condiviso.

C’è da stropicciarsi gli occhi leggendo il verbale dell’assemblea degli azionisti Ubi. A Bergamo sono a processo una trentina di amministratori e manager, o ex, dell’Ubi, compreso l’ex presidente di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli. Sono accusati di ostacolo alla vigilanza (per aver comandato sulla banca attraverso patti occulti) e altresì di aver manipolato l’assemblea del 2013 per assicurare il controllo della banca alle consorterie rivali di Brescia e Bergamo. La Consob si è costituita parte civile e la Banca d’Italia no, a proposito di canone etico condiviso.

E dunque tocca all’imputato Franco Polotti, presidente del Patto Sindacato Azionisti Ubi, cioè azionista di riferimento della banca, presentare la lista dei candidati per il nuovo cda. Le sue parole meritano di essere mandate a mente: “La scelta non è stata facile perché è passata dal non ricandidare sei dei sette consiglieri per cui è in corso un procedimento penale (che riguarda anche lui, ndr). A questa scelta si è pervenuti dopo un’attenta considerazione e ponderazione, dato che per nessuno di questi consiglieri vi erano motivi oggettivi di incandidabilità ma si è preferito non dare spazio ad alcun tipo di strumentalizzazione o creare il benché minimo rischio reputazionale per la banca”.

Stiamo parlando della terza banca italiana, sottoposta come tutte a severe regole europee sulla onorabilità e adeguatezza degli amministratori, e l’imputato Polotti si preoccupa delle strumentalizzazioni, non si sa di chi, forse di qualche giornalaccio scandalistico. Matteo Zanetti, presidente del Patto dei Mille e figlio dell’imputato Emilio Zanetti, prende la parola per rivolgere un “sentito ringraziamento” agli imputati Andrea Moltrasio (presidente uscente) e Armando Santus (vicepresidente uscente). Giandomenico Genta, presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, primo azionista singolo, ringrazia gli imputati Moltrasio e Santus ma anche gli imputati Mario Cera e Flavio Pizzini (vicepresidenti uscenti).

L’azionista Alberto Barcella rileva che la rinuncia dell’imputato Moltrasio è stata decisa “anteponendo il bene della banca all’orgoglio personale”. L’imputato Moltrasio si dichiara commosso. L’imputato Mario Cera rivolge un saluto caloroso all’imputato Emilio Zanetti e rivendica: “Non ho voluto lasciare questo incarico, sono stato indotto a lasciarlo da circostanze esogene”. Paolo Citterio, coordinatore del sindacato dei bancari Fabi, ringrazia l’imputato Moltrasio e rivolge all’imputato Massiah “una richiesta di stabilità ed equilibrio nelle scelte future”. L’imputato Massiah ringrazia “di cuore” il sindacalista Citterio per la “civiltà e sensibilità”. E adesso si prepara a incassare dal capo italiano della vigilanza Bce Andrea Enria, da imputato, la benedizione per il quinto mandato al vertice di Ubi: l’imputato Polotti e gli altri azionisti hanno deciso che Massiah è imputato ma insostituibile, e tanto basti ai burocrati di Francoforte. Enria non sente e non vede. Speriamo che li assolvano tutti.

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