La notizia che l’Azienda Ulss di Vicenza – scrive Diego Silvestri dell’Associazione Luca Coscioni Vicenza – ha aperto dal 10 giugno 2019 uno sportello per tutte quelle persone che vorranno chiarimenti e riflessioni sulla possibilità di redigere le proprie disposizioni anticipate di trattamento (dat) è stata accolta con calorosa approvazione da parte dell’Associazione Luca Coscioni (ALC) di Vicenza.
Si tratta dell’applicazione della Legge 219 del dicembre 2017 che prevede la doverosa informazione da parte della struttura sanitaria sulle possibilità di poter scegliere i trattamenti sanitari nelle diverse situazioni di vita e di malattia.
Il comma 9 dell’art. 1 detta il dovere di ogni struttura sanitaria pubblica di organizzarsi per “la piena e corretta attuazione dei principi” della legge “assicurando l’informazione necessaria ai pazienti e l’adeguata formazione del personale”. Dalle indicazioni operative da parte del Ministero dell’Interno su queste norme di legge ad oggi è trascorso un anno e mezzo. Erano previsti ottimisticamente 60 giorni, cioè entro il primo di aprile 2018. Ma ne siamo ben contenti perché apprendiamo dal Giornale di Vicenza del 7 giugno scorso che la Ulss Berica “è la prima a farlo nel Veneto e probabilmente anche in Italia”. Ci sono Ulss che hanno predisposto vademecum per la compilazione delle dat, cioè fascicoli stampati, che stanno predisponendo corsi di formazione per la popolazione e per i sanitari. Ma uno sportello, un tu per tu, un colloquio confidenziale su temi così delicati è un’idea che merita plauso.
L’ALC di Vicenza, sensibile a questi temi da molto tempo, prima di questa buona legge 219 che data, ripeto, dicembre 2017, nell’assoluta mancanza d’informazione, sostegno, ascolto verso molte persone che temevano con angoscia che le loro volontà rischiassero la non applicazione in caso di futura coscienza incapace di comunicare, cosa fa? Apre nel 2011 uno sportello, grazie anche alla sensibilità e l’apertura della chiesa metodista e valdese di Vicenza.
Nel 2011, cioè otto anni fa. Lo sportello offriva il legale, i testimoni, il deposito del proprio biotestamento in modo del tutto gratuito. Le persone che hanno depositato il loro testamento prima della Legge sono state circa trecento, a riprova di un tema non certamente di secondo piano. La salute non è mai in secondo piano e non diventa attuale per i fatti di cronaca.
Allo sportello abbiamo fatto esperienza di persone determinate a far valere le proprie volontà, sicure che tutto ciò che non è soggettivamente voluto è accanimento, che senza consenso ogni azione sanitaria, l’amputazione di un arto, la dialisi, il sondino naso-gastrico o la famigerata peg, per fare qualche esempio, sarebbero una tortura. Abbiamo anche incontrato persone indecise, che volevano solamente informarsi, che non potevano rappresentarsi uno stato vegetativo e volevano farsi un’idea. Ci sono state persone decise a non rifiutare certi trattamenti, come l’idratazione o altre cure farmacologiche, e quindi chiedere che le cure siano continuate in caso di sofferenza cerebrale prolungata. Abbiamo invitato a parlarne col proprio medico (tra parentesi, ci sono medici nella nostra associazione). Abbiamo per anni raccolto testamenti, quelli che oggi si chiamano disposizioni (non dichiarazioni) cioè atti vincolanti di autodeterminazione di una persona.
Con la venuta della legge, abbiamo invitato i depositari a rivolgersi al Comune per la regolarizzazione dell’atto, abbiamo diffuso le informative del Comune, abbiamo continuato a tenere lo sportello e ad attivare incontri informativi (presso la Casa per la pace, presso la Chiesa metodista, presso una Casa di Riposo), certi che ogni buona legge sui diritti civili vada fatta conoscere.
Questa legge non parla solamente di dat, che è il motivo centrale per cui è stata intensamente voluta da varie associazioni per cui viene legata al rifiuto dell’accanimento terapeutico, ma parla di molto altro. Di consenso, di pianificazione condivisa delle cure, di terapia del dolore, di sedazione palliativa profonda. Ma anche di relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico, di comunicazione come facente parte della cura stessa, di ruolo riconosciuto ai familiari, cioè di un modello di cura che, sia per il medico sia per il paziente, offre la possibilità di una buona sanità, oltre i rischi attualissimi della burocrazia, del puro tecnicismo, della frettolosità, della rassegnazione italica a non trasformare.
Pensiamo che sia una legge che, fatta conoscere nei suoi chiari principi, possa far ritrovare dalla stessa parte operatore sanitario e paziente, fuori dal modello paternalistico di medicina che rischia di diventare pericolosissimo e dannoso nell’attuale crisi generale della sanità, di mancanza di risorse, di aziendalizzazione spinta. E’ una legge che ri-parla di temi ben presenti nei libroni di deontologia, di bioetica, di buone prassi mediche e anche nei catechismi, che non possono andare giù di moda e che devono riportare, o mantenere, al centro la buona relazione tra un paziente ben informato, responsabile, libero di decidere e un curante competente, autonomo, rispettoso e non frettoloso.
Per questo pensiamo che la notizia dell’apertura dello sportello di consulenza dell’ulss di Vicenza sia una buona notizia che darà solo vantaggi ai vicentini.
Se la sanità Ulss dovrà rivedere la propria organizzazione in molti contesti di cura dovrà tener presente lo spirito di questa legge che incita ad una crescita morale che speriamo pari alla crescita che la medicina ha avuto sul piano tecnico.