Vi presentiamo il video e il resoconto stenografico dell’intervento odierno alla Camera del deputato vicentino di Forza Italia, Pierantonio Zanettin, da tempo attivo sul fronte degli indennizzi ai risparmiatori soci azzerati delle due banche venete e in primis della Banca Popolare di Vicenza. Il suo discorso sul Decreto crescita è, quindi,, fortemente incentrato proprio sulla questione del FIR (Fondo Indennizzo Risparmiatori) e su alcuni emendamenti migliorativi non approvati.
Pierantonio Zanettin, tra l’altro, cita proprio i dati elaborati da VicenzaPiù (il 4 dicembre 2018 titolavamo “Ristori a vittime BPVi e Veneto Banca: ecco quanto occorre per acconto del 30% e la (mezza) bufala delle vie legali che in 121.000 non potranno adire per importi non ristorati“) a supporto delle sue considerazione, soprattutto, sull’esiguità di quello che alla fine sarà l’importo complessivo erogato a chi ha perso tutto e ora potrà recuperare solo il 30% con un tetto massimo do 100.000 euro.
Fatti salvi i primi minuti è dal minuto 4.30 del video integrale che vi proponiamo che il deputato vicentino fa suoi i nostri dati e i nostri rilievi, li integra con quelli ufficiali, li correda di considerazioni di tal… Milena Gabanelli, e trae le sue conclusioni “inascoltate dal governo gialloverde”.
Pubblichiamo, quindi, il resoconto stenografico integrale dell’intervento di Pierantonio Zanettin sul decreto crescita evidenziando in corsivo la sua parte preponderante, l quella dedicata al Fir.
Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, onorevoli colleghe, questa discussione giunge all’indomani del primo anniversario del Governo giallo-verde, e perciò ci consente di fare una sorta di bilancio dei risultati fin qui ottenuti. Peraltro la sintesi di questo primo anno di Governo l’ha fatta lo stesso Premier Conte, nella sua ormai celebre conferenza stampa di lunedì 3 giugno, riconoscendo candidamente che le cose non vanno per il verso giusto. Il bilancio appare del tutto sconfortante: stiamo discutendo il decreto-legge “crescita”, un titolo e un obiettivo dichiarati dal Governo certamente ambiziosi; peccato che la crescita del Paese è ormai scomparsa dai radar, si parla semmai di uno “0 virgola”.
Il contesto economico generale è drammatico: nessuno degli indicatori economici risulta migliore rispetto ad un anno fa, lo spread oscilla stabilmente intorno ai 260 punti, con punte fino a 290, con il paradosso che i nostri titoli di Stato a 5 anni sono oggi giudicati dai mercati più rischiosi addirittura di quelli della Grecia. Incombe il rischio della procedura di infrazione europea per debito eccessivo, che rischia di sottoporre per lunghi anni il Paese alle politiche di austerity, e all’interno del Governo non vi è una linea politica condivisa: Salvini vuole sfidare l’Europa, Tria e Conte cercano una mediazione, non pervenuta invece la posizione del MoVimento 5 Stelle. Nessuno appare in grado di dire quale sia il destino del nostro Paese. Insomma, un disastro su tutta la linea!
Nel frattempo, tutti i più importanti dossier sono congelati in attesa di non si sa cosa. Di come scongiurare l’aumento dell’IVA nessuno parla più.
Delicatissimi dossier che interessano migliaia di lavoratori vengono trascurati, nessuno sa come andranno a finire: mi riferisco innanzitutto all’Alitalia, ma anche i dossier banche sono tutti sul tavolo dei rispettivi Ministri. La questione Montepaschi è ferma da anni, altrettanto si può dire per quanto riguarda Carige, con il fondo Blackrock che si è verosimilmente ritirato dalla trattativa perché il quadro macroeconomico e politico dell’Italia non rassicura gli investitori esteri.
Il Vicepremier Di Maio appare incapace di gestire le più gravi crisi industriali: ILVA e Whirlpool lo stanno a dimostrare, nessuna soluzione si ipotizza a breve. In questo quadro sconfortante il Governo si illude di stimolare la crescita del Paese con questo provvedimento, che dopo settimane di lavori si è ridotto ad un omnibus farcito di interventi senza criterio, del tutto disorganici e confusi. Per carità, la pratica dei decreti-legge omnibus è stata attuata anche in passato, ma da un Governo che ama autodefinirsi “del cambiamento” e che tanto consenso pare riscuotere nel Paese sinceramente era lecito attendersi di più.
Nel contempo il Governo continua ad ipotizzare soluzioni strampalate e pericolose: i mini BOT come moneta alternativa in vista di una possibile uscita dall’euro, o la tassa sulle cassette di sicurezza, che spaventano i risparmiatori e gli investitori esteri e determinano l’ennesima fuga dei capitali da questo Paese.
Il Fir, i dati di VicenzaPiù e il cosiddetto emendamento Gananelli.
Ciò detto, in ordine al decreto-legge nel suo complesso articolerò la parte conclusiva del mio intervento sul Fondo indennizzo risparmiatori. Finalmente, dopo tanti proclami e slogan gridati contro la Commissione europea, il Governo corregge gli errori dell’ultima legge di bilancio, che da subito, da questi banchi, insieme al collega Brunetta, per primi avevamo segnalato; e viene introdotta la previsione del cosiddetto doppio binario per gli indennizzi.
Non possiamo che esprimere soddisfazione, perché una volta per tutte il FIR diventa effettivamente operativo; ma, Presidente, quanto tempo perso inutilmente, quante inutili promesse e illusioni sono state dispensate in questi mesi alle famiglie dei truffati! Per mesi i due Vicepremier hanno girato l’Italia dicendo che i rilievi dell’Europa erano ingiusti ed infondati, che i decreti attuativi erano pronti e sarebbero stati varati il giorno successivo, in talune occasioni sono arrivati anche ad invitare i risparmiatori che incontravano a fornire immediatamente il proprio IBAN, perché a giorni avrebbero ottenuto direttamente sul loro conto l’indennizzo previsto da questo Fondo.
Ecco, Presidente, questa farsa che io giudico indegna cessa oggi. Gli errori commessi nella legge di bilancio vengono finalmente corretti e si vara un testo concordato con la Commissaria Vestager, che consentirà di dare corso agli indennizzi.
Veniamo al merito della disciplina del FIR per qualche considerazione. Abbiamo cercato di capire a quanto in effetti ammonteranno gli indennizzi versati agli azionisti delle banche, in particolare le Popolari venete che conosciamo meglio e la cui sorte seguiamo da anni; ma le considerazioni in generale valgono, mutatis mutandis, anche per le altre banche coinvolte nel crack.
Per farlo abbiamo utilizzato dei dati provenienti da fonti aperte, li abbiamo confrontati con operatori finanziari del settore, li abbiamo elaborati attraverso anche dei siti specializzati di informazione locale, in particolare VicenzaPiù che per quanto riguarda la Banca Popolare di Vicenza segue con particolare attenzione queste tematiche. Ricordiamo che il Fondo indennizzo prevede un ristoro pari al 30 per cento del valore di carico delle azioni al lordo degli oneri fiscali (cosiddetto affrancamento); a questo ammontare andranno detratti gli importi percepiti per risarcimenti o transazioni.
Ecco, il primo dato da cui partire è il valore di carico medio. Questo può essere ragionevolmente stimato nella metà del valore massimo acquisito delle azioni, quindi circa 30 euro per Popolare di Vicenza e 20 euro per Veneto Banca. Dall’indennizzo previsto dal FIR vengono comunque escluse le società, e questo va riconosciuto; vengono inoltre riconosciuti agli azionisti gli oneri di affrancamento.
Utilizzerò per le mie stime i dati forniti da Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca in occasione dell’offerta pubblica di transazione della primavera 2017, che prevedeva un indennizzo del 15 per cento sulla perdita teorica sui valori di carico delle azioni. Se i miei dati sono esatti – e se sono errati io invito il sottosegretario e il Ministro competente a smentirli – ai soci della Banca Popolare di Vicenza sono stati versati in occasione appunto dell’offerta pubblica di transazione complessivamente 192,8 milioni, circa 9 euro per azione. Sono 26.165 i soci della Popolare di Vicenza che non hanno aderito all’offerta pubblica di transazione e a questi spetterebbero mediamente 6.714 euro a ciascuno. Ai 66.770 soci che invece hanno già aderito alla transazione spetterebbero, per pareggiare l’ammontare del 30 per cento di ristoro, altri 192 milioni di euro; in media, quindi, 2.890 euro a testa. Dunque, per restituire ai 92.865 soci della Banca Popolare di Vicenza il 30 per cento del valore di carico previsto dal FIR potranno bastare al massimo 368 milioni 471.810 euro.
Considerazioni analoghe si possono fare anche per i soci di Veneto Banca, che erano complessivamente circa 77 mila. Di questi 54.374 aderirono all’offerta pubblica di transazione e il riconoscimento economico complessivo fu di 248,5 milioni di euro e il valore di riferimento preso a base di tutti i calcoli era 9 euro ad azione. Pertanto, mediamente 4.570 euro per ciascun aderente, il 15 per cento del valore medio di azioni. Quindi, per restituire a questi soci il 30 per cento basterebbe dare altri 248,5 milioni di euro. Con gli stessi criteri ai 24.521 soci che non accettarono l’offerta pubblica di transazione serviranno invece 238 milioni 207 mila euro circa, 9.714 euro a testa. Diciamo subito che sono somme non particolarmente ingenti.
In sintesi, per indennizzare i soci della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca secondo i criteri del FIR serviranno al massimo 854 milioni, al netto, però Presidente, di esclusioni soggettive, azioni disperse e non rintracciabili e tetto dei 100.000 euro (per il patrimonio finanziario sopra il quale non si potrà chiedere l’indennizzo se titolari anche di un reddito sopra i 35.000 euro, ndr). A proposito, sottosegretario, come va la trattativa con l’Europa per l’elevamento del tetto a 200.000 euro? Non ne abbiamo più sentito parlare. Ma saranno, dicevo, evidentemente molti meno quelli necessari e una stima a mio giudizio attendibile limita l’ammontare massimo degli indennizzi erogabili dal FIR alle attuali condizioni a 600 milioni.
Ecco, il FIR prevede una capienza complessiva di un miliardo e mezzo e, quindi, è ampiamente capiente. Rimane, pertanto, a disposizione un tesoretto. Che farne? Nel corso della discussione nelle Commissioni riunite bilancio e finanze abbiamo presentato degli emendamenti di natura evidentemente costruttiva e ragionevoli, che hanno proprio la finalità di dire “destiniamo le somme residue ad altri soggetti che possono beneficiarne”. In Commissione è stato innanzitutto respinto un mio emendamento per riconoscere un indennizzo al 100 per cento per chi abbia ottenuto una sentenza di tribunale o un lodo arbitrale che abbia riconosciuto l’esistenza di un danno ingiusto. Le argomentazioni portate in Commissione dal relatore Raduzzi per motivare il parere negativo non sono state convincenti.
Appare irragionevole e probabilmente incostituzionale trattare esattamente nello stesso modo situazioni oggettivamente diverse: chi da una parte ha subito un danno ingiusto, riconosciuto da sentenza del tribunale o da lodo arbitrale, e chi magari come quel signore segnalato da Milena Gabanelli che, a maggio 2017, cioè un mese prima che la Banca Popolare di Vicenza saltasse per aria, comprò, per 72 mila euro, bond subordinati per il complessivo importo di 150 mila euro e se gli fosse andata bene avrebbe guadagnato il 100 per cento.
Invece, gli è andata male e allora si è rivolto alla Consob per il ristoro che, però, ha rigettato la domanda perché si è scoperto che era un laureato in economia e commercio, aveva lavorato nel mondo della finanza e aveva chiesto espressamente di comprare quei titoli. Ora, sulla base delle norme attualmente vigenti questo signore otterrà dei rimborsi automatici e recupererà il 95 per cento di quanto investito. È ragionevole che la sua posizione sia assimilata, senza alcuna distinzione, a quella dell’operaio di un’impresa vicentina che, magari su suggerimento del direttore di filiale, ha investito in azioni della Banca Popolare di Vicenza l’intero suo TFR? Io credo proprio di no: è irragionevole e ingiusto.
Avevo presentato anche un emendamento per estendere al 95 per cento il risarcimento previsto per i titolari di obbligazioni convertibili 2013-2018 della Banca Popolare di Vicenza e ne spieghiamo il perché. Queste obbligazioni subordinate, emesse nel 2013 e fino al 2018 (ed erano obbligazioni), in una notte, la notte del 25 ottobre 2014, inopinatamente, senza alcuna previsione e senza che nessuno ne comprendesse il motivo, sono state convertite da obbligazioni in azioni, cosicché i titolari oggi si ritrovano ad avere un indennizzo non del 95 per cento ma del 30 per cento. Cosa era successo? Era successo che la Banca Popolare di Vicenza era stata sottoposta allo stress test della BCE ed era risultato all’ultimo secondo un deficit patrimoniale e, quindi, all’ultimo secondo in quella notte particolare ecco che quelle obbligazioni sono state convertite in azioni.
Io credo che, tenuto conto del contesto, tenuto conto che quelle erano obbligazioni, tenuto conto che nessuno in quel momento poteva pensare che ci sarebbe stato un deficit patrimoniale e tenuto conto che sono state convertite in azioni, a quei particolari soggetti titolari possa essere riconosciuto un indennizzo del 95 per cento come per tutti gli altri obbligazionisti. Su questo tema ho trovato nella discussione in Commissione un’apertura da parte di relatore e Governo e, quindi, io presenterò, come avevo già preannunciato in Commissione, un ordine del giorno sul quale mi attendo, come dire, una benevola comprensione.
Torniamo, dunque, a quello che io chiamo “l’emendamento Gabanelli”. Ecco, non si comprende perché abbiate respinto quell’emendamento che avrebbe evitato, appunto, che del FIR potessero beneficiare coloro che avevano speculato su bond e azioni comprandoli a sconto nelle more del default, come segnalato, appunto, nella rubrica Dataroom su Il Corriere della Sera del 25 aprile scorso da Milena Gabanelli.
Questo è un tema sul quale io pensavo e mi attendevo che, soprattutto tra gli esponenti del MoVimento 5 stelle che sono sempre stati attenti alle speculazioni e soprattutto avevano un riferimento, dato che Milena Gabanelli appartiene al Pantheon, se vogliamo, del MoVimento 5 Stelle e un anno fa – lo ricordiamo – era stata proposta anche come Premier anche se a sua insaputa, ci fosse un’attenzione perché è un emendamento che non costava niente, è di assoluta equità e avrebbe soltanto punito, come dire, gli speculatori. Dunque, perché è stato dato parere negativo ed è stato bocciato? Sul punto l’atteggiamento del Governo appare ottuso e irragionevole.
Veniamo, infine, alla proroga al 2020 del termine per la trasformazione in S.p.A. di Banca Popolare di Sondrio e Banca Popolare di Bari (per la Banca Popolare di Bari c’è anche all’interno di questo decreto una norma speciale di salvataggio con degli incentivi fiscali). Chiariamo subito che noi di Forza Italia siamo sempre stati dell’idea che sia giusto salvare le banche e poi si dovrà spiegare perché salvare le banche era un qualcosa di assolutamente delittuoso nella scorsa legislatura per il MoVimento 5 Stelle e, invece, oggi viene accettato come un dato acquisito senza discussioni, tant’è che il relatore Centemero nella discussione in Commissione ha giustificato questo intervento per il rischio del default della Banca Popolare di Bari e – ripeto – bene è stato che la maggioranza abbia pensato ad evitare il default e a creare delle norme di copertura.
Però questa norma, come dire, Presidente, mi induce a una riflessione storica, ad allargare il campo e a ricordare come nel 2015, con un decreto-legge – all’epoca il Governo era guidato da Matteo Renzi – si stabilì un termine di diciotto mesi, termine perentorio, per trasformare le banche popolari in Spa. Quel termine di 18 mesi viene prorogato in questo provvedimento fino al 2020 proprio per consentire a Banca Popolare di Bari di salvarsi e a Banca Popolare di Sondrio di trovare le condizioni di mercato per trasformarsi in Spa. Però proprio questa norma ci consente un giudizio su quel decreto del Governo Renzi, al netto del controverso colloquio tra Renzi e l’ingegner De Benedetti, oggetto anche di una delicata inchiesta penale per insider trading.
Quella era una norma sbagliata, non tanto nelle finalità, ma nella tempistica: diciotto mesi evidentemente erano troppo pochi, se oggi, 2019, ci troviamo a dire che dobbiamo prorogare al 2020 la trasformazione in Spa di Banca Popolare di Bari e Banca Popolare di Sondrio. La norma ha scassato il sistema, troppa fretta; quella norma ha segnato il definitivo de profundis per Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza.
La vana ed impossibile rincorsa alla trasformazione in Spa in tempi ristretti ha azzoppato le residue possibilità di sopravvivenza delle due banche. Se, invece, il Governo dell’epoca avesse dimostrato – e questo bisogna riconoscerlo, Presidente – la stessa cura e la stessa sollecitudine che l’attuale Governo dimostra per Banca Popolare di Bari, che certamente nel 2015 non era messa meglio delle popolari venete – questa è una forma eufemistica – le banche popolari venete sarebbero ancora in piedi.
Le loro azioni sarebbero probabilmente molto svalutate, ma non azzerate. Avremmo evitato tanti drammi umani, certamente qualche suicidio e la necessità dell’intervento pubblico e del Fir. È questa, Presidente, purtroppo, l’amara, ma inevitabile, conclusione di una fase storica e politica che ha visto come protagoniste le banche popolari del territorio e al termine della quale si contano tanti sconfitti e nessun vincitore (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Berlusconi Presidente).