“Devi fare il giornalista”. Così una collaboratrice de Il Giornale di Vicenza si è rivolta nei miei confronti qualche mese fa. No, non era un consiglio, ma un modo spregiativo per giudicare un mio articolo.
Ma la domanda, forte più che mai, che mi è salita ieri dopo aver letto l’intervista sul GdV a Marco Belinelli, è come sia possibile che una redazione sportiva firmi una nota di puntualizzazione all’interno dell’articolo per specificare che il “Poz” è Gianmarco… Pozzetto, al posto di Pozzecco. Uno che ha vinto una medaglia d’argento alle Olimpiadi e che anche pochi giorni fa è finito su tutti i media nazionali per la sua sfuriata in conferenza stampa durante la finale scudetto.
Solo pochi giorni prima, invece, l’ennesima perla con la foto in bella vista di Gianmarco Conte al posto di Diego Corral, la cui intervista è passata in secondo piano vista la sequela di messaggi che mi sono arrivati e i commenti irrisori dei tifosi nell’articolo pubblicato sulla pagina Facebook della Pallacanestro Vicenza, con tanto di surreale giustificazione da parte della Tramarossa: “Per un errore di archivio del giornale”.
Ma se un errore di archivio è comprensibile, lo è meno la supervisione di giornalisti sportivi che evidentemente non hanno idea di chi sia il giocatore più rappresentativo da due anni, e che mezza serie B vorrebbe, della principale squadra di basket della loro città, per di più già comparso in decine di articoli sullo stesso giornale.
Il pensiero allora torna sempre a quella frase iniziale che mi è stata rivolta da una loro giornalista. Così ho deciso di scrivere questo articolo, non per irrisorio sfogo, ma perché ho capito che in me c’è solo profonda amarezza per tutto questo, e una ferita nei miei ricordi.
Quelli in cui mio padre, Piero Andrein, quando ero piccolo portava a casa tutte le mattine quel quotidiano che leggevo sulla tavola a colazione, con un baffo di Nutella sulle labbra e i gomiti neri d’inchiostro. O di Daniele Fattori che mi ha aperto le porte al travolgente mondo del giornalismo, fino q quell’emozione della mia prima firma.
Per arrivare ora a rimanere così, “Infelici e contenti”.
Come il titolo del film con Pozzetto, Renato.