Dopo le discussioni in aula conseguenti al cambio del collegio del processo BPVi (“astenuto” l’ex presidente Lorenzo Miazzi, ancora non si sa bene perché, ora lo presiede la subito “in palla” Deborah De Stefano con giudici a latere la “confermata” Elena Garbo e la new entry Camilla Amedoro) mercoledì 3 luglio è ripreso il dibattimento con l’interrogatorio di Piergiorgio Cattelan e Costante Turco.
È stato, invero, abbastanza scontato nel ripetere i meccanismi, psicologici e fattuali, delle baciateIl primo teste dell’era De Stefano (pubblicheremo il video integrale con Cattelan appena possibile così come stiamo facendo con tutti gli interrogati, in esclusiva da “servizio pubblico” per chi vuol sapere senza filtri e sintesi).
Ma, poi, Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi hanno impegnato “duramente” con le loro domande e con i loro documenti Costante Turco, un ex dirigente apicale della banca, non imputato ma sanzionato da Consob ex post e che, nonostante questo, dopo il suo licenziamento sarebbe ancora all’opera con ruoli di dirigenza in un altro istituto nazionale, con le referenze di chi non si sa anche se viene da pensare al “sistema” che si autoprotegge non abbandonando i suoi uomini.
I due pm avevano anticipato che il suo “esame” sarebbe stato lungo e così è stato già mercoledì con le oltre quattro ore del 3 luglio, qui pubblicate integralmente, a cui hanno fatto seguito il 4 luglio altre sei ore di contro esame, che pure pubblicheremo integralmente domani.
Queste oltre dieci ore, lunghe ma significative per come i pm sono andati a fondo per ricostruire puntigliosamente le vicende sono processo, meritano alcune annotazioni per chi si accingesse a vederle con i tempi che vorrà grazie alla tecnologia e, immodestamente, ai nostri sforzi per documentare tutto:
1 – mai Costante Turco ha distolto lo sguardo nelle oltre 10 ore del suo interrogatorio fiume dal collegio e mai ha guardato altrove
2 – in prima fila, al centro, c’era, come c’è ogni giorno, Gianni Zonin che mai si muove durante gli interrogatori e sempre fissa lo sguardo verso i testi
3 – più volte, nonostante Turco si mostrasse molto preparato e sicuro tecnicamente oltre che consapevole delle numerose (costanti?) “anomalie” procedurali per raccattare baciate a lui imposte, dice, ma da lui eseguite con vantaggi anche di carriera, i due pm, di fronte a vari suoi deficit di memoria, specialmente quando si voleva andare a capire il ruolo dei membri del cda e del suo presidente, hanno dovuto far spesso ricorso alla frase di rito “veniamo in soccorso della sua memoria mostrandole i verbali di interrogatorio in cui lei diceva che… e che lei ha sottoscritto in data…” con la sua immancabile risposta tipo “se li ho sottoscritti, sarà stato così…” ma con una gamba nervosamente in movimento a rivelare col linguaggio del corpo certe sue difficoltà.
Via allora con le 4 ore di oggi riferite al 3 luglio, in attesa delle 6 di domani per il 4 luglio: le risposte di Costante Turco, a volte titubante prima dei memo di Salvadori e Pipeschi, sono la dimostrazione di un sistema di caccia a finto capitale che ogni giorno che passava si faceva più pressante e alla fine si è dimostrata letale per la banca e, soprattutto, per i suoi soci piccoli, decine di migliaia, che hanno pagato con la perdita di risparmi veri i giochi e i favori incrociati di pochi finti mega investitori in una banca di cui i giudici dovranno sentenziare chi siano stati i killer.
Non tutti costoro sono presenti in aula e addirittura alcuni lo sono ma, forse, su banchi sbagliati: quelli comodi delle parti civili (se ostacolo alla vigilanza c’è stato giusto che siano parti danneggiate) e non quelli duri degli imputati (se Banca d’Italia e Consob non hanno vigilato la colpa del crac dovrebbe essere addebitata, anche, a loro).
Di questo “equivoco” di partenza, che non è stato possibile sciogliere per evidenti, anche se, ad oggi, non dimostrabili, motivi di “sistema”, potrebbero beneficiare anche gli imputati che asseriscono di essere stati anche loro all’oscuro dei guai combinati, per anni?, dalle prime linee dei dirigenti da loro, però, scelti, assunti a cifre inferiori solo alle loro e da… vigilare con la cura richiesta e imposta da una legge che dovrebbe essere “uguale per tutti”, agli amministratori di società: una cura da “buoni padri di famiglia“!