“Io non c’ero a Verona”: con queste poche parole – scrive nella nota che pubblichiamo Mirko De Carli, coordinatore Alta Italia del Popolo della Famiglia – esordisce il neoministro della famiglia Alessandra Locatelli dopo aver giurato davanti al Presidente della Repubblica e al premier Conte. Queste parole sono solo apparentemente insignificanti perché oggi rimbalzano su tutta la stampa nazionale e danno la cifra della scelta di Salvini: normalizzare le posizioni della Lega rispetto a quanto dichiarato in campagna elettorale (e in particolare al Congresso di Verona) e riappacificarsi con quella maggioranza silenziosa del popolo leghista che sui cosiddetti “principi non negoziabili” non la pensa esattamente come Gandolfini e soci.
Fontana, prima da vicesindaco di Verona poi da europarlamentare e infine da ministro della famiglia, ha sempre mostrato una sua personale inclinazione verso le priorità rappresentate dal cosiddetto mondo del Family Day (del quale anche noi siamo figli): le ha sempre pubblicamente dichiarate ma nei fatti si è trovato sistematicamente smentito, contraddetto o bloccato dal suo partito ed in particolare dal suo “capitano”.
Come se questi temi fossero da considerare come ottimi “cavalli da battaglia” per la campagna elettorale ma troppo divisivi e problematici da inserire all’interno di un’agenda di governo. Di fatto la strategia di Salvini è stata puntuale ed efficace. Ha alzato i toni dello scontro politico durante l’appuntamento elettorale più importante dell’anno (le elezioni europee di maggio) manipolando diverse associazioni prolife con la foglia di fico del dicastero “di peso” a loro disposizione.
Li ha convinti ad organizzare un mega evento a Verona (città natale di Fontana) finanziandolo principalmente coi fondi della Regione Veneto (oltre che con lo straordinario contributo volontario di tante famiglie) e ha puntato tutti i riflettori su quella kermesse per far entrare nella mente di chi era a Piazza San Giovanni prima e al Circo Massimo un’idea soltanto: il capitano delle famiglie sono io. Dai risultati delle elezioni europee non possiamo che dire “missione compiuta”.
Passano due mesi, decantano gli strali della campagna elettorale e le vere priorità della Lega tornano ad emergere: contrasto all’immigrazione e braccio di ferro con l’Unione Europea. Non che non lo siano, ma di famiglia non se ne sente più parlare tanto che viene persino accantonata l’idea avanzata dai grillini di un pacchetto di agevolazioni per le famiglie con figli).
Nulla dunque, tranne qualche intervista rilasciata dal Fontana dove promette mari e monti (come accadeva esattamente un anno fa) ma senza indicare date e coperture finanziarie. Arriviamo a ieri e scopriamo che Salvini sacrifica il dicastero tanto caro agli amici del Congresso di Verona per portare Fontana agli Affari europei con l’obiettivo di fare a cazzotti con Bruxelles per avere i margini sul rapporto deficit-pil e mettere in cantiere la flat tax nella prossima finanziaria.
Sceglie Fontana e non Bagnai per rassicurare i grillini con un profilo più moderato e per avere ancora una volta lui in mano il pallino in prima persona (Fontana è un suo fedelissimo, Bagnai più un cane sciolto). Al dicastero della famiglia arriva il vicesindaco di Como Alessandra Locatelli che, subito dopo aver giurato a Quirinale, si appresta a chiarire che a Verona non ha presenziato.
Come a dire: io non ho impegni con chi ha organizzato quella kermesse. Passiamo dunque da una stagione di soli annunci (molto costosi come campagne pubblicitarie) e zero fatti a un periodo dove scompariranno anche gli annunci per rasserenare le acque con il fronte grillino più a tinte arcobaleno rappresentato da Spadafora (ultimamente molto violento nelle dichiarazioni contro il leader leghista).
Una cosa è certa: noi batteremo il chiodo portando in aula il reddito di maternità e rilanciando con forza nel dibattito politico la necessità di un piano nazionale per la famiglia. Lo faremo con un forte e rinnovato convincimento: non serve un ministero della famiglia, serve un governo che ponga la famiglia quale faro a cui orientare tutte le sue politiche. Tocca farlo, se no le prese in giro non avranno mai fine.