BPVi e Veneto Banca: Fabrizio Viola racconta a Il Sole 24 Ore il progetto fallito

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«Con le banche per ora ho chiuso». In futuro, si vedrà. Ma per il momento il banchiere Fabrizio Viola sembra categorico. Da pochi giorni ha concluso l’incarico di commissario, indicato da Bankitalia e Mef, delle due banche venete liquidate a carico dello Stato. In precedenza era stato amministratore delegato di Popolare Vicenza e presidente del comitato strategico di Veneto Banca per conto del fondo Atlante nei pochi mesi del tentativo di salvataggio dei due istituti di credito.
Prima aveva guidato Mps nel piano di risanamento e rilancio, ma fu poi rimosso dal Governo Renzi-Padoan su “input” dell’advisor JP Morgan secondo un copione che Viola («no comment sul tema») lascia ancora avvolto nel mistero, anche se la manovra di “Palazzo” fu così evidente che poi indusse all’uscita anche il presidente Massimo Tononi. Viola era arrivato al Monte Paschi dalla Bper, che aveva guidato dopo gli anni complessi al vertice della vecchia Bpm dominata dalle logiche dei sindacati interni. Anni di ristrutturazioni aziendali, certamente ben remunerati ma sicuramente non facili anche perché, come si è visto, hanno provocato qualche inimicizia ad alti livelli.

Dottor Viola, dopo aver guidato tante banche, ora che farà?

Per ora preferisco mettermi in proprio e fare l’advisor. Ho già portato a compimento diverse operazioni, ho tante richieste, vedo tante opportunità tra m&a e ricerca di nuova finanza. Perchè sceglierne solo una? E poi ho già incarichi in Boston Consulting Group, a breve la presidenza della nuova Banca che nascerà dalla riorganizzazione del gruppo Nexi, partecipo senza un ruolo esecutivo con altri sponsor al lancio di una nuova Spac anglo-italiana. In futuro vedrò. Per ora mi piace l’idea di essere imprenditore di me stesso.

È noto del suo ingresso come senior partner in Bcg e della sua compartecipazione alla Spac nel fintech. Ma in Nexi che ruolo avrà? È vero che sarà presidente esecutivo della divisione secutities service dopo lo spin off?

Conosco molto bene sia gli azionisti che il ceo di Nexi Bertoluzzo. Non è un segreto che ci siamo parlati e che ho avuto modo di apprezzare la loro operazione che costituisce tra l’altro uno degli investimenti più grandi nel settore bancario da parte di fondi di private equity. In questo momento c’è un progetto di focalizzazione delle due anime di business dell’azienda, la parte carte di credito e quella dei servizi bancari, che è ancora soggetta all’approvazione degli organi di Vigilanza. Ne parlerò volentieri quando il progetto sarà approvato.

Torniamo al caso delle due banche venete. Perché ha accettato di guidarle nella fase “terminale” sotto la regia del fondo Atlante?

Ho accettato quella sfida perchè all’inizio il fondo era fortemente convinto che vi fossero i presupposti per un rilancio con capitali privati delle due banche, attraverso la creazione di un’unica banca fortemente radicata nel nord est. Ricordo che nell’ottobre 2016, due mesi dopo il mio arrivo e dopo due anni di supervisione da parte di Bce, il fabbisogno di capitale di Veneto e Vicenza era stato stimato da Atlante in 2,5 miliardi. Poi a gennaio 2017 Atlante versò un miliardo di anticipo capitale, anche per finanziare l’offerta transattiva ai soci.

E poi cosa è cambiato?

Alla fine di gennaio, dopo circa un mese di lavoro al piano di fusione, emerse che il reale fabbisogno di capitale non era di 2,5 ma di almeno 4,7 miliardi, che diventavano 5,7 considerato il miliardo già versato da Atlante. E’ chiaro che se lo avessi saputo prima, non avrei mai accettato l’incarico. Comunque a quel punto ogni operazione privata era esclusa, data l’entità della cifra.

Ma perché dopo non fu realizzato l’aumento precauzionale da parte dello Stato, sullo schema Mps, e si è finiti invece con la liquidazione molto più onerosa per i conti pubblici? Premetto che da quando, all’inizio del 2017, si capì che il salvataggio privato era diventato impossibile, nelle due banche scattò una fuga di depositi difficile da gestire. Serviva rapidità di intervento. Invece dopo oltre tre mesi di interlocuzione giornaliera con la Dg competition della Ue, e anche con la Vigilanza Bce, non avevamo segnali di via libera. Ricordo che nello stesso periodo l’Italia aveva un’interlocuzione con la UE su altri importanti dossier, quali la flessibilità di bilancio e Alitalia. E poi è finita come è finita.

Troppo lunghi i tempi dei nuovi salvataggi bancari all’europea?

Posso dire che a maggio 2017 le banche sono arrivate spossate. Le crisi bancarie vanno risolte in settimane non nell’arco di mesi. E’ una lezione di cui tenere conto.

Lei è stato anche al vertice di Mps. Ritiene che la banca abbia le forze per riprendersi da una crisi apparentemente interminabile?

Per come la conosco, la banca ha tutte le carte per riprendere il suo percorso di sviluppo e di redditività basato su un elevato potenziale commerciale, soprattutto grazie ad una rete di dipendenti fortissima, ed eccellenti livelli di efficienza operativa, a cui bisogna aggiungere la migliorata asset quality e solidità patrimoniale post operazione di ricapitalizzazione precauzionale. Ovviamente, il mio auspicio è che tutto ciò si traduca presto in risultati tangibili.