Venduto in Cina il legno degli alberi abbattuti da “Vaia”

259

«Allo stato attuale la vendita di oltre il 90% del legname abbattuto dalla tempesta Vaia è già stata concordata, presto sarà tutto piazzato». A parlare è Emanuele Munari, sindaco di Gallio e presidente dell’Unione Montana Sette Comuni Spettabile Reggenza, che fa il punto della situazione dopo il devastante uragano che nell’autunno scorso ha devastato buona parte dei boschi del comprensorio montano vicentino. «Le cose sono andate meglio del previsto – precisa Munari – la vendita dei tronchi è avvenuta in tempi rapidi e a prezzi ottimali, con punte fino a 27 euro a metro cubo. Il tutto è legato al fatto che il legname dell’Altopiano è certificato e quindi molto richiesto, soprattutto all’estero, per questo le aste sono volate. A Gallio e Roana tutto il legname è stato piazzato da mesi, nel nostro Comune addirittura da gennaio: rimangono lotti sparsi in altri comuni ma riteniamo che visto l’interesse sin qui registrato tra pochi mesi le vendite saranno ultimate».

Dove finirà il legname dell’Altopiano?

«In tutto il mondo, anche in Cina dove il nostro prodotto è molto ambito e dove richiedono in particolari i tronchi della lunghezza standard di 4.50 metri che, caricati su navi cargo, viaggeranno via mare. Una buona parte del legname è destinato all’Austria, dove è molto alto il numero di segherie e laboratori che lavorano il legno, ma anche in Germania, Francia e in altri Paesi europei. In realtà per noi la destinazione rappresenta un problema abbastanza irrilevante in quanto i lotti sono stati acquistati da ditte italiane, che poi hanno provveduto a piazzarli in base ai rapporti economici che hanno da tempo. Gli abeti abbattuti nel comune di Gallio, 60mila metri cubi per dare l’ordine di grandezza, sono stati acquistati da una società marchigiana che possiede due centrali di biomasse e che utilizzerà il prodotto in forme e usi diversi».

A chi andranno i soldi incamerati?

«Ai Comuni dell’Altopiano che poi, per buona parte, dovranno reinvestirli per il miglioramento di boschi, pascoli, terreni e strade».

A distanza di nove mesi che bilancio si può fare e quali sono i tempi previsti per il completo ripristino dei boschi?

«Sicuramente molto positivo anche se purtroppo abbiamo pagato una primavera molto fredda e piovosa che ci ha obbligato a partire in ritardo con le operazioni di ripristino o comunque a rallentarle nei giorni di maltempo. Noi contiamo di farcela in due anni, quindi entro la fine del 2021, ma questo dipenderà dalle condizioni meteo di questa seconda parte dell’anno e poi da quelle del 2020. Nei prossimi mesi contiamo di procedere velocemente, ma quando arriveranno le nevicate dovremo ovviamente fermarci».

Con che strategia avete operato in questo primo periodo?

«Il lavoro è stato finalizzato per garantire il ripristino delle condizioni di sicurezza nei boschi, permettendo l’attività sciistica in inverno e la possibilità di pascolo nella stagione estiva. Abbiamo subito avviato anche i lavori di sistemazione delle malghe danneggiate per assicurare agli allevatori la permanenza sicura durante questi mesi. Si è trattato di una corsa contro il tempo che abbiamo vinto anche se ovviamente il lavoro da fare è ancora lungo».

All’inizio ci sono state discussioni e polemiche sul modo di agire…

«È vero, non eravamo tutti dello stesso parere. Poi è prevalsa la linea dello sgombero e della vendita immediata del legnatico caduto. L’alternativa sarebbe stata troppo rischiosa: accatastare a spese nostre montagne di tronchi nella speranza di rivenderli in un secondo momento possibilmente a un prezzo di mercato più vantaggioso. Ma le cataste hanno bisogno di cure e il loro mantenimento costa, quindi come Unione Montana abbiamo deciso di vendere e alla fine è stata la soluzione migliore».

Poche settimane fa il Governo ha stanziato 16 milioni di euro per le zone devastate dalla tempesta Vaia.

«Abbiamo accolto con grande soddisfazione questo bel segnale, si tratta di un primo importante passo a sostegno del nostro territorio. Ora attendiamo il decreto attuativo che ci consentirà di programmare al meglio gli interventi possibili. Le necessità sono tante: sul rischio idrogeologico, per esempio, sono già stati individuati due punti critici, uno si trova alle Melette di Gallio e l’altro a Enego. Questi soldi serviranno, una volta concluso tutto il lavoro di pulizia, anche per ripristinare le strade, soprattutto quelle sterrate, che fra due anni saranno rovinate dal passaggio di decine di migliaia di camion e mezzi pesanti».

Parliamo del rimboschimento: che progetti ci sono?

«Credo si inizierà a parlarne tra un anno, di certo questa fase potrà iniziare solamente quando saranno conclusi i lavori di recupero di tutto il legname caduto e il relativo ripristino dei terreni. Sicuramente la piantumazione avverrà in maniera diversa, favorendo tipologie diverse, come abeti rossi e faggio, evitando comunque, come avvenuto un secolo fa, di favorire la crescita di una sola specie. Non tutti gli alberi caduti verranno sostituiti, l’intenzione è quella di ridurre le aree boschive, soprattutto dove non batte il sole, per destinarle al pascolo».