Billie Holiday: in ricordo di una grande cantante e di una canzone dolorosa (e sempre attuale)

625

Circa 60 anni fa, il 17 luglio 1959, moriva Billie Holiday una grande, bellissima donna. Una magnifica cantante, che ha vissuto una vita complicata, interprete di canzoni indimenticabili.
Una fra tutte “Strange Fruit”, canzone del 1939, che Billie Holiday cantava alla fine dei suoi concerti e che interpretò nello stesso anno della sua creazione.
Nella sua autobiografia Billie scrisse “Questa canzone aiuta a distinguere le persone a posto dagli idioti e dai cretini“.
Una canzone odiata dai “bianchi benpensanti”.
Una canzone che ancora oggi fa venire i brividi e che racconta la terribile storia di un linciaggio e degli spaventosi effetti dell’odio razziale.
Anche se sono passati ottant’anni dalla sua creazione e sessanta anni dalla morte di Billie Holliday, ricordiamo quella canzone e l’interprete che con coraggio la cantava sfidando razzismo e quello che veniva definito “buonsenso”. Ricordiamola oggi, perché proprio oggi stiamo vivendo lo stesso degrado umano e culturale di allora, la stessa violenza, la stessa ignoranza, lo stesso odio verso chi è povero, verso il diverso, verso chi scappa dalle guerre e dalla miseria che l’imperialismo e il capitalismo provoca nel mondo.

Questo è il testo:

Gli alberi del sud hanno uno strano frutto,
Sangue sulle foglie e sangue alle radici,
Corpi neri oscillano nella brezza del sud,
Uno strano frutto appeso dagli alberi di pioppo.
Scena pastorale del prode sud,
Gli occhi sporgenti e le bocche contorte,
Profumo di magnolia, dolce e fresco,
E all’improvviso odore di carne che brucia.
Ecco il frutto che i corvi beccano,
Che la pioggia coglie, che il vento succhia,
Che il sole fa marcire, che gli alberi fanno cadere.
Ecco un raccolto strano e amaro.

Articolo precedenteCircolazione acquea e inquinamento ambientale: da lunedì 19 agosto entrerà in vigore la nuova ordinanza
Articolo successivoReddito di cittadinanza, Laura Castelli (M5S) smentisce Garavaglia (Lega) su abusi segnalati dalla GdF
Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.