L’inchiesta vera sul crac della Bpvi inizia adesso. La procura di Vicenza avrebbe iscritto sul registro degli indagati i primi nomi. L’ipotesi è quella di bancarotta fraudolenta. Al momento al quarto piano del palazzo di giustizia le bocche sono cucite ma l’inchiesta bis sul dissesto della Banca popolare di Vicenza prosegue. E questo in scia alla sentenza della Corte d’Appello di Venezia, che ha respinto il ricorso dell’ex presidente Gianni Zonin ed ha confermato l’insolvenza dell’istituto berico. Il 25 giugno, quando per decreto venne posta in liquidazione coatta amministrativa, cedendo la parte “buona” a Intesa, il buco era di 3,7 miliardi di euro.
La notizia è diventata pubblica ieri, anche se la decisione della Corte di Venezia risale a inizio del mese, al 9 per la precisione. La sentenza diventa il punto di sostegno per la nuova indagine condotta dai pm Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori, quella già aperta per la bancarotta fraudolenta della banca. Il reato di bancarotta prevede pene più severe e tempi più lunghi di prescrizione rispetto a quelli di aggiotaggio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza, contestati nel processo oggi in corso agli ex vertici di via Battaglione Framarin. E si sa, l’estinzione del reato è il vero rischio, nel procedimento giudiziario attualmente in corso all’aula bunker di Mestre e che tornerà da settembre a Vicenza).
Gli investigatori del colonnello Crescenzo Sciaraffa, comandante provinciale della Guardia di Finanza di Vicenza, starebbero da tempo esaminando, una corposa serie di operazioni che avrebbero contribuito al crac della BpVi. Si parla, dicono fonti vicine alla vicenda, di dossier che avrebbero minato la solidità patrimoniale della ormai ex banca finita in dissesto. Sarebbero circa 50 posizioni poste sotto la lente della Gdf.
In queste settimane, i pubblici ministeri Pipeschi e Salvadori stanno esaminando, con i finanzieri del nucleo di polizia economico finanziaria di Vicenza, alcune operazioni compiute negli ultimi anni dalla Popolare. Si tratta in particolare di prestiti, che in qualche caso sono legati alle “baciate”, in altri invece sono semplici finanziamenti. Si tratta di cifre imponenti, per diverse centinaia di milioni di euro, erogati dalla “banca del territorio” a favore di società non solo del territorio.
La procura starebbe definendo gli indagati entrando così nel vivo di un’inchiesta che, in linea di principio, potrebbe toccare non solo i componenti dei consigli di amministrazione che si sono succeduti prima dell’insolvenza, ma (lo chiedono molti legali di parte civile) potrebbe andare a toccare anche il collegio sindacale e i revisori dei conti. Si vedrà.
Al momento, sono solo ipotesi raccolte tra i vari protagonisti della vicenda, che nulla hanno a che fare con evidenze emerse dalle indagini fin qui svolte. Saranno in molti, verosimilmente, a dover spiegare come venivano prese certe decisioni. E non è affatto escluso che ad essere chiamati a rispondere di alcune di queste operazioni non siano solo gli ex vertici della BpVi, ma anche i loro beneficiari.
di Roberta Paolini, da la tribuna di Treviso