Pubblicato alle 16.23, aggiornato alle 22.21. “L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha deliberato di non avviare alcuna istruttoria in merito al rafforzamento di Malacalza investimenti (dal 17% al 20,6% circa) nel capitale di Carige, avvenuto nell’ambito del recente aumento di capitale“: così si legge su la Repubbica che riferisce come l’operazione in esame «non determina (per l’autorità, ndr) la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato interessato…» alla luce del fatto che «né Malacalza né alcuna delle società controllate dai suoi azionisti è attiva» nei settori in cui opera Carige.
Se Carige opera nel comparto bancario, il risparmio gestito, il credito al consumo, il leasing, il factoring, i servizi di pagamento e la distribuzione assicurativa, peccato che i Malacalza, che hanno immesso più di cento milioni di euro in Carige solo nel suo ultimo aumento di capitale da 544 milioni di euro e 25 milioni per sottoscrivere l’inoptato e salire così al 20.6% dal precedente 17% della banca genovese, operi, ad esempio con la Omba di Torri di Quartesolo, in altri settori come quello meccanico, tradizionale per la proprietà genovese prima che si invaghisse del business bancario.
Ma se la Omba non opera nel settore bancario, per cui non ha reso impossibile l’ascesa dei Malacalza in Carige, è un fatto che costoro abbiamo messo in licenziamento circa 100 operai a Torri di Quartesolo e deciso di chiudere la fabbrica alla ricerca di un acquirente con la motivazione, visto che l’azienda vicentina va bene salvo, per pagamenti non ricevuti soprattutto da clienti istituzionali (!), essere in crisi di liquidità.
Anche quella, forse, che i Malacalza hanno drenato per la finanza, ma non vogliono cercare e trovare per la produzione… e per chi lavora.