Tutto da rifare per la seconda Commissione di inchiesta sulle banche. Che con il nuovo governo M5s-Pd scende nella lista delle priorità, e che potrebbe insediarsi a fine settembre in una versione più istituzionale e propositiva rispetto alla prima Bicamerale 2017, più che altro un tentativo di regolare conti politici per via bancaria.
La prima riunione del 4 settembre, decisa a inizio agosto quando la crisi del governo Conte 1 covava sotto la cenere, è stata sconvocata a inizio settimana, travolta dal cambio degli equilibri politici. Fonti della presidenza della Camera fanno sapere che forse già mercoledì, giorno in cui i capigruppo rifaranno le agende dopo la fiducia al governo Conte 2 in calendario lunedì, potrebbe esserci una nuova data, verso fine mese, per eleggerne presidente, vicepresidenti e segretari. La sensazione diffusa è che molti dei bellicosi schemi preparati in primavera dall’asse M5s-Lega – che nella rabbia ingenerata sui risparmiatori coinvolti in una dozzina di crisi bancarie dal 2015 hanno trovato facili consensi – siano ora da riscrivere. A partire dalla presidenza in pectore a Gianluigi Paragone, per cui si era speso il leader Luigi Di Maio e che alla Lega andava bene. Benché si voti a scrutinio segreto, tra i 40 deputati e senatori che compongono l’organo e che sono stati indicati ad agosto, si dà per scontato che Paragone non sarà presidente nella “nuova” Commissione.Troppo divisivo il suo nome, troppe le uscite polemiche, da politico e prima da giornalista, dedicate ai legami tra banche e Pd, specie sui dossier Etruria e Mps. A quel che si apprende Paragone cercherà di ritagliarsi un ruolo personale di guardiano e critico, dentro l’organismo come nei M5s.
Dietro le quinte comunque i M5s sembrano tuttora ambire alla presidenza; ma potrebbe andare a una figura meno invisa ai nuovi alleati. Magari un deputato più vicino al presidente della Camera Roberto Fico (uno dei pontieri della nuova maggioranza giallorossa), e meno a Di Maio. Ma per i nomi è presto: tutti gli sforzi di queste ore servono «a far ripartire la macchina del governo», si dice a Roma, specie con la nomina dei sottosegretari del governo, vista completarsi settimana prossima e da cui dipenderanno anche eventuali rimpasti nella Commissione bis. È probabile infatti che ne esca chi entra nell’esecutivo, sia gli eventuali sottosegretari sia il Pd Francesco Boccia, già nominato ministro per gli Affari regionali. La rivoluzione dei nomi sarà affine a cambiamenti nel programma dei lavori della Commissione, interpretando la funzione di inchiesta – che la legge istitutiva promulgata dal Quirinale a marzo garantisce con gli stessi poteri della magistratura – in un’ottica costruttiva. Anche tra le file del Pd, specie dopo che le crisi bancarie di Arezzo e di Siena sono state istradate, lasciando alle spalle le polemiche sul ruolo della famiglia Boschi e del partito in Toscana, c’è la volontà di non “sprecare” le crisi recenti, affinando rimedi e regole. Viene in aiuto lo sterminato ventaglio di temi istruiti dalla legge ad hoc di sei mesi fa: oltre alle crisi bancarie, la possibile istituzione di una procura nazionale per i reati finanziari, l’evoluzione del progetto di Unione bancaria, le condizioni del risparmio, la disciplina nazionale ed europea sul sistema bancario e di vigilanza, l’operato delle agenzie di rating e delle Fondazioni ex bancarie (e ora in diversi casi azioniste). Come una bibliografia, su cui presto la nuova maggioranza testerà la sua tenuta provando a scrivere tracce comuni.
di Andrea Greco, da la Repubblica