Due scissioni: quella dal PD di Renzi con Sbrollini al seguito e l’altra di… Tommaso Paradiso dal gruppo musicale Thegiornalisti

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In questi giorni le pagine dei giornali on-line sono state occupate dalle notizie, gli approfondimenti, i commenti di due scissioni. La prima è quella del prevedibile Renzi che si stacca dal PD e forma una sua formazione politica (l’ennesimo “partito del capo”) che si chiamerà “Italia Viva”. Un altro partito di destra nello scenario italiano (sostanzialmente di destra, nonostante ci si sforzi di chiamare “sinistra” chi non lo è più o non lo è mai stato).

L’ennesima dimostrazione dell’ego smisurato del Matteo (o dei Matteo, se si considera anche Salvini che, in quanto ad ego, non scherza) e della sua assoluta inaffidabilità. Dopo aver promesso serenità a Letta, l’ha fatto fuori. Dopo aver promesso di ritirarsi dalla politica in caso di sconfitta al referendum, è rimasto là al suo posto. Dopo aver spinto il PD all’accordo con il M5S, fa la scissione e, di fatto, risulta indispensabile alla tenuta del governo.

Ora, non è che questo governo Conte bis goda della mia fiducia (ritengo che sia in continuità con i precedenti governi e le loro politiche insufficienti, per non dire disastrose, per le condizioni di vita di chi vive del proprio lavoro e per i pensionati), ma qua si sta parlando della coerenza e dell’onesta (intellettuale, almeno) del personaggio Renzi. Cose che, a ben vedere, sono estremamente carenti. Ora la prima delle due scissioni di cui parliamo ha provocato una fuoriuscita dal PD e l’adesione alla nuova formazione Italia Viva, di alcuni personaggi considerati “di spicco” nel desolante scenario politico italiano.

C’è Gennaro Migliore, un ex-tutto, abituato a saltare di qua e di là “sentendosi sempre a casa”. E, poi, la ministra dell’agricoltura Teresa Bellanova e, anche, la senatrice Daniela Sbrollini (che ben conosciamo a Vicenza). La prima ex sindacalista battagliera (dicono) e, successivamente, entusiasta del Jobs Act; la seconda ex segretaria provinciale (a Vicenza) dei DS, si sono spostate sempre più a destra fino all’approdo in un “partito del capo” che, di fatto, è contiguo a quello che resta di Forza Italia (non a caso la senatrice Donatella Conzatti di FI è prontamente entrata nel carro di Renzi). Gente di un certo livello (bisogna decidere quale, però) che, emulando il loro nuovo capo, fanno della coerenza qualcosa di opzionale.

A loro vorrei dedicare una canzone de “Il teatro degli orrori” di Pierpaolo Capovilla dal titolo “Il lungo sonno”. Penso che descriva meglio di qualsiasi dotto discorso la deriva politica e culturale che caratterizza la parabola del PD e dei suoi dirigenti (e non solo). Deriva che impedisce di considerarlo erede del P.C.I. Casomai è l’evoluzione (in peggio, a mio modo di vedere) della DC.

Questo accenno musicale mi permette di citare la seconda delle scissioni che riempie l’informazione nazionale. Mi riferisco a quella rottura avvenuta con l’addio di Tommaso Paradiso al gruppo musicale dei “Thegiornalisti. Si dirà “E cosa mi importa?”. Questa è in effetti la domanda che mi sono posto anch’io e alla quale mi sono dato una risposta secca: “Nulla”.

Ma la questione è che, a leggere le notizie e commenti vari, la scissione di un cantante dal suo gruppo sembra sia un dramma che getta nello sconforto le masse (o la folla) di appassionati che seguono le canzoni e le gesta del gruppo musicale in questione. Una nota di colore? No. Credo, invece, che sia uno spaccato della situazione imbarazzante che stiamo vivendo dove è più importante il gossip rispetto alle cose serie.

Si potrebbe finire, con una punta di amara malinconia, rilevando come Matteo Renzi e Tommaso Paradiso siano, in definitiva, tra loro colleghi. Entrambi sono uomini di spettacolo che “fanno notizia”. La cosa sconfortante e pericolosa è che mentre Tommaso Paradiso lo fa di mestiere e si guadagna da vivere incidendo dischi e facendo concerti, il primo (Matteo Renzi) è un senatore della repubblica. Uno che dovrebbe fare il bene dell’Italia e avere il senso dello Stato. Invece è solo un egocentrico (in definitiva simile all’altro Matteo, quello che risponde al cognome di Salvini) che ha, di fatto e questo è qualcosa di estremo pericoloo, il potere di decidere l’esistenza o meno del governo.

Povera Patria.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.