Corte di Giustizia UE, vince Google: “Diritto all’oblio solo in Europa”

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Google potrà limitarsi a garantire il diritto all’oblio solo in Europa: a stabilirlo è la Corte di giustizia Ue esprimendosi su una controversia con le autorità francesi. Nel 2016 la Commission nationale de l’informatique et des liberté (il garante della privacy francese) aveva sanzionato l’azienda per 100 mila euro per aver rifiutato di rimuovere dalle ricerche su scala globale alcuni contenuti su un utente. Il diritto all’oblio applicato ai motori di ricerca, infatti, consiste nel richiedere che alcuni risultati contenenti dati e informazioni su se stessi, vengano rimossi dalle ricerche quando – seppur veri – dovessero risultare non più rilevanti e potenzialmente dannosi per l’onore o le attività di una persona (ad esempio i precedenti giudiziari).

Accogliendo un ricorso della Spagna, la Corte di giustizia dell’Ue si espresse già nel 2014 e stabilì che i cittadini europei hanno il diritto di richiedere che alcune informazioni siano rimosse se queste sono “non adatte, irrilevanti o non più rilevanti”. E se il motore di ricerca non rispetta la richiesta, il cittadino ha il diritto di presentare ricorso. Questa volta, però, è toccato a Google fare appello e ottenere il parere favorevole: se quindi una informazione potrà essere deindicizzata dai motori di ricerca Ue, in cui vige il regolamento sulla privacy comunitario, quella stessa informazione potrà non essere rimossa dalla lista di risultati delle ricerche che arrivano da fuori Ue, dove vigono altre regole.

Secondo i dati circolati negli ultimi giorni, negli ultimi cinque anni Google ha ricevuto circa 850 mila richieste di deindicizzazione che riguardavano 3,3 milioni di siti. Google decide quali richieste accettare e per gran parte dei rifiuti si ritrova poi in tribunale. I rifiuti ricadono poi spesso anche sui siti che hanno pubblicato la notizia con la richiesta di rimozione degli articoli. E questo fa sì che, di fronte al rischio di spese e scontri legali, siano soprattutto i piccoli siti di notizie a cedere per evitare contenziosi.

Come nel caso del sito di cronaca locale PrimaDaNoi, a Pescara, gestito da Alessandro Biancardi e dalla moglie Alessandra Lotti. Nel 2008 aveva pubblicato un articolo sulla lite tra due fratelli 70nni nel loro ristorante: uno dei due aveva ferito l’altro con un coltello da pesce. La polizia li aveva arrestati assieme ad alcuni altri membri della famiglia. Poi, nel 2010 uno dei due fratelli fece causa a PrimaDaNoi, chiedendo che l’articolo fosse rimosso in base al diritto all’oblio. Biancardi rifiutò, ritenendo di avere riportato la notizia citando i rapporti di polizia. La querelle è proseguita negli anni e nel 2013 il giudice unico del Tribunale di Chieti lo condannò a una multa da 10mila euro nonostante nel 2011 Biancardi avesse comunque provveduto a rimuovere l’articolo dai motori di ricerca.