I compensi dei manager, ovvero, c’è qualcosa che non va

234

Milano Finanza ha reso noti i compensi che i ?primi? dieci ?supermanager? italiani hanno percepito nel 2017. Sono comprensivi di retribuzione, premi, buone uscite e quant’altro, ma sono indicativi di una profonda ingiustizia.Il totale dei compensi sotto indicati è pari a 96 milioni di euro. In pratica, considerando una retribuzione lorda media di circa 25.000 euro/anno, 10 persone hanno ricevuto compensi pari a 3.840 lavoratori.


Questa è la classifica dei ?top ten?:

 

Nome

Compenso

(in milioni di euro)

Flavio Cattaneo

26,00

Flavio Briatore

13,89

Luca Bettonte

9,10

Marco Tronchetti Provera

7,76

Stefano Saccardi

7,60

Giovanni Battista Mazzucchetti

7,43

Alberto Minali

6,87

Giovanni Tamburri

6,31

Richard Tobin

5,90

Matteo Del Fante

5,14

Se si considerano, poi, realisticamente le retribuzioni medie di chi entra (come precario) nel ?mercato del lavoro? che raramente percepisce retribuzioni di 9.600  euro/anno (800 euro al mese per le ?giovani? partite iva è una retribuzione già alta), i dieci ?supermanager? presenti nella lista ?contano? come 10.000 precari. C’è qualche logica in tutto questo? Possiamo considerare l’attuale sistema un sistema giusto? Non si dovrebbe, forse, indignarsi soprattutto di questi privilegi? Non si pensa che ci sia qualcosa di marcio nel sistema che è trionfante nel nostro modello di sviuppo? E, forse, non si dovrebbe iniziare il cambiamento da questa ingiustizia, onvece di inseguire facili populismi? Invece di diminuire le tasse non si potrebbe, forse, fare pagare la crisi ai più ricchi con una giusta tassazione progressiva?

Si attendono risposte.

Articolo precedenteWild Side Basketball n. 28: l’apertura tocca ad Abaut col baskin poi Antonio Saccardo e NBA a go go
Articolo successivoFrancesco Rucco e i N9VE punti del suo programma da candidato sindaco: il mio vero e unico avversaro è Otello Dalla Rosa
Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.