In Bolivia, la Casa “salva ragazzine” ha il cuore vicentino

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Nate prive del certificato di nascita, destinate a fare figli giovanissime. Insicure, spesso maltrattate, considerate dai componenti maschili della famiglia poco più che animali. Oggi, molte di loro, sono fiere ed istruite giovani che hanno il futuro in mano. Imprenditrici, infermiere. Donne consapevoli del proprio valore. Il progetto è tutto vicentino. Parte nel 2000, 19 anni fa. Siamo in Bolivia, sulle Ande, a 3.300 metri di altitudine, esattamente a Colomi, 50 km da Cochabamba, terza città per grandezza. 80 villaggi sparpagliati, uno lontano dall’altro.

Anna Maria Bertoldo, ex sindacalista di Cisl Vicenza, lascia casa, vende mobili e parte per «dedicarsi alle donne». Con l’intuizione di mons. Tito Solari, allora vescovo di Cochabamba (oggi emerito), fonda la Casa Estudiantil “Pietro Moretto”, la prima struttura con convitto per ragazze della zona che ogni anno ospita 80 piccole donne, tutte di etnia quechua (oggi amministrata dalla Fondazione Madonna di Monte Berico). Le risorse per partire arrivano provvidenzialmente: Pietro Moretto, parente di un dipendente della Cisl Vicenza, ha un lascito per finanziare un progetto in America Latina, al quale si aggiungono 320 milioni di lire della Cei. «Una casa con convitto per sole ragazze vent’anni fa era considerata uno scandalo – racconta Bertoldo -. La convinzione era che “Nella donna non si investono soldi”; ci denigravano; “chissà che cosa combinano” dicevano i maschi della zona. Oggi fratelli, padri, fidanzati sono orgogliosi».

Casa Estudiantil non è una scuola. Le ragazze che vi alloggiano frequentano medie e superiori all’istituto “Samuel Fina”, situato poco distante. La struttura fondata dall’ex sindacalista accompagna le giovani in una crescita socio-psicologica. «Insegniamo loro tutto – spiega -. Dall’uso del letto per coricarsi, a quello del rubinetto. Igiene, nutrizione, regole sociali per formare donne responsabili, capaci di fare delle scelte e di pensare con la propria testa. Ma soprattutto offriamo un sostegno scolastico, “ripetizioni” a chi fatica». L’équipe oggi comprende tre educatrici, una cuoca e alcuni insegnanti di musica, materie letterarie, scienze religiose con “stage” per le ragazze in difficoltà; una decina di persone in tutto. «Cominciammo con 13 ragazze, spaventate e sperdute – ricorda Anna Maria -. Piano piano, negli anni, le madri e le nonne ci portarono le figlie, le nipoti. A volte i padri venivano a riprenderle perché c’era bisogno di raccogliere le patate o di curare i fratellini». Le prime si diplomarono nel 2005. Una di loro, Norma Espinoza, oggi lavora come infermiera nell’unico ospedale pubblico di Cochabamba. Frequentò l’università grazie ad un’adozione a distanza da parte di una famiglia di Recoaro. Le adozioni a distanza oggi sono molte, da Trieste a Lecce. Come gli aiuti da parte di associazioni, parrocchie, amici. «Per mesi ho visitato i villaggi per convincere le famiglie ad aderire al progetto    conclude Bertoldo -. Alcune bimbe provengono dalla montagna, a 4mila metri di altezza, altre dal “basso”, dai fiumi, dalla zona delle foreste. Raccoglievano le patate, pascolavano i lama, alcune venivano picchiate dalla mattina alla sera e dormivano con i maiali. A vent’anni di distanza mi rendo conto che abbiamo salvato vite umane. Anche grazie al nostro lavoro la considerazione della donna è cambiata radicalmente, abbiamo dimostrato che le femmine non sono una “cosa”. Padri e fratelli sono fieri, le aiutano, si danno da fare per pagare l’università. Questo è il nostro valore aggiunto».

UNA SALA DEDICATA A BRUNO OBOE, EX SEGRETARIO CISL

Ieri, giovedì 26 settembre, a due anni dalla scomparsa di Bruno Oboe,  una delegazione della Cisl di Vicenza è partita per la Bolivia per intitolare al sindacalista legato all’America Latina la sala polivalente della Casa Estudiantil “Pietro Moretto”. La Cisl fino ad ora ha raccolto oltre 20mila euro da parte di associazioni e privati. «Continueremo a sostenere questo bel progetto per onorare Oboe e tutti i segretari che hanno creduto nella cultura e nella formazione come elementi di emancipazione» commenta il segretario provinciale Raffaele Consiglio. Lo scorso anno, in occasione del primo anniversario, vennero a Vicenza alcuni rappresentanti della Casa boliviana, tra cui la direttrice Edit Cardenàs.