Il salvataggio della Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca, che poi salvataggio non è visto che i due istituti non sono rimasti in vita ma sono stati contestualmente posti in liquidazione coatta amministrativa mentre i tribunali stanno per pronunciarsi ora anche sul loro fallimento, è consistito o, decidete voi, si è risolto nel gentile omaggio fatto a Intesa Sanpaolo che ha messo in pancia la parte buona dei due Istituti per un euro e ha incassato 4,8 miliardi cash dallo stato italiano che ha anche assicurato garanzie per ulteriori 6,4 miliardi a suo favore.
Ora, dopo le diverse assicurazioni di Pier Carlo Padoan e Paolo Gentiloni, quella cifra di “concessioni”, che è valsa un utile aggiuntivo pe gli azionisti di Intesa, leggasi dividenti per 3,5 miliardi in più rispetto ai margini della banca senza il cash statale, Eurostat, l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea, ha fissato che quegli importi pesano ancora di più, non solo sui soci ex BPVi e Veneto Banca, rimasti in questo drammatico gioco delle tre carte a “zero titoli”, a totale vantaggio dei “colleghi” più fortunati (tutelati?) della banca lombardo piemontese, ma addirittura su tutti gli italiani, visto che appesantiscono sia il deficit sia il debito italiano.
Secondo il verdetto arrivato nei giorni scorsi da Eurostat (atteso dall’Istat, il nostro Istituto nazionale di statistica, per ricalcolare domani i valori delle due grandezze rispetto al Pil 2017), l’impatto sul deficit delle operazioni Veneto Banca e Popolare di Vicenza è stato di 4,7 miliardi sul deficit (pari di fatto all’intervento di cassa a favore di Intesa Sanpaolo che ha inglobato la parte buona degli istituti) e 11,2 miliardi sul debito (includendo le garanzie sempre a favore di Intesa e pari, ricordiamolo, a 6.4 mld).
Dobbiamo aggiungere altro?