Per Giuseppe Barbieri su La Tribuna di Treviso, da cui riprendiamo quanto segue, ammontavano a più di 900 milioni di euro le passività di Veneto Banca il 25 giugno 2017 (quelle della BPVI sono state fissate in Corte d’Appello a 3.7 miliardi…, ndr), giorno della sua messa in liquidazione da parte del governo Gentiloni. Bene dunque ha fatto il tribunale fallimentare di Treviso ad accogliere l’istanza di insolvenza secondo la quale l’istituto era già nelle condizioni di non poter pagare i creditori prima della cessione a Intesa San Paolo.
Sono le conclusioni cui è giunto il professor Lorenzo Caprio, ordinario di Finanza all’università Cattolica di Milano e consulente della Corte d’Appello di Venezia, che sono state messe a disposizione delle parti con una bozza di relazione conclusiva.
Se la Corte d’Appello di Venezia, come probabile, accoglierà la linea del suo consulente, la dichiarazione dello stato di insolvenza sarebbe la base per l’inchiesta per bancarotta e per salvare il processo sul dissesto dell’istituto trevigiano dal rischio prescrizione.
i numeri. «Il consulente tecnico», è il quesito chiave posto dai giudici di Venezia al professor Caprio, «accerti l’ammontare delle passività di Veneto Banca alla data del 25 giugno 2017 (data in cui il ministro dell’Economia e delle Finanze aveva disposto la liquidazione coatta amministrativa per l’istituto trevigiano, ndr) e determini, sempre con riferimento a quella data, il più verosimile valore di realizzo dei cespiti della medesima entro un orizzonte temporale tale da consentire la massimizzazione dei ricavi destinati all’integrale soddisfacimento dei creditori della stessa».
La risposta è contenuta in una relazione di 254 pagine e riassunta in una tabella in cui il professore delinea quattro scenari valutativi in cui sono illustrati «il più verosimile valore di realizzo dei cespiti e l’ammontare delle passività».
In buona sostanza il professor Caprio doveva valutare la sufficienza o meno del patrimonio della banca a chiudere una liquidazione in bonis. E i numeri non lasciano spazio a dubbi: nel primo scenario le passività ammontavano a 2.285 milioni di euro, nel secondo a 1.313 milioni, nel terzo a 1.761 milioni e nel quarto, il più favorevole, a 920 milioni di euro.
La consulenza decisa dalla Corte d’Appello era stata un importante punto a favore di Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato dell’istituto di Montebelluna, che aveva presentato il ricorso contro la sentenza della Sezione fallimentare del tribunale di Treviso che nel giugno 2018 aveva dichiarato il fallimento dell’ex popolare.
la bancarotta. Per gli ex azionisti di Veneto Banca sono dunque in arrivo buone notizie dalla Corte d’Appello di Venezia. La conferma dello stato di insolvenza, e il conseguente avvio di un’inchiesta per bancarotta da parte della Procura trevigiana, apre la strada a nuove, possibili, iscrizioni nel registro degli indagati. In particolare a quelle degli amministratori venuti dopo il Cda guidato da Vincenzo Consoli e Flavio Trinca.
Tra gli amministratori che hanno ricoperto un ruolo nel board figurano Stefano Ambrosini, Carlotta De Franceschi, Matteo Cavalcante, Gianni Schiavon, Roberto Nevoni, Dino Crivellari, Maria Cristina Bertellini, Laura Dalla Vecchia, Aldo Locatelli, Debora Cremasco, Fabio Bassan, Pierluigi Bolla, Cristiano Carrus, Stefano Campoccia e Massimo Lanza.