A Torri chiude Omba dei Malacalza, ovvero la sconfitta del lavoro: i sindacati firmano un incentivo di 1000 euro…

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Da quello che si legge sui giornali si è arrivati a un accordo tra lavoratori e padroni (la famiglia dei Malacalza a cui fa capo il controllo di Banca Carige, ndr) per la chiusura definitiva dell’Omba di Torri di Quartesolo e il licenziamento collettivo di tutti gli 88 operai rimasti (una trentina avevano sottoscritto una lettera di dimissioni). Si legge, anche, che «la proprietà ha promesso un “incentivo all’esodo” di mille euro», si presume, per lavoratore. Un’elemosina. I sindacati firmeranno l’accordo che prevede una sospensione della procedura di una trentina di giorni. Solo verso fine aprile, quindi, i licenziamenti saranno effettivi.

Questa è una sconfitta del lavoro. Un’ulteriore dimostrazione di come chi vive del proprio lavoro è considerato quando la proprietà decide di chiudere tutto. Un esubero, uno scarto. I mille euro pro capite sono, ed è un paragone triste ma realistico, una specie di tassa di smaltimento.

Rendiamocene conto, quello che succede alla Omba accade in ogni parte del nostro paese e dimostra l’assenza delle Istituzioni in queste vertenze. La loro assoluta sudditanza rispetto alla volontà del padrone. Tutto il contrario di quanto previsto dalla Costituzione che le Istituzioni dovrebbero attuare. Il lavoro non è più un diritto ma una merce deteriorabile che può diventare un rifiuto.

Ora, e anche questo è imbarazzante, si spera che accada qualcosa. La dichiarazione di Carla Grandi della UILM (“In questi trenta giorni di sospensione dei licenziamenti l’unica speranza è che vengano formalizzate delle manifestazione di interesse per l’acquisto dell’azienda. Sono quattro i gruppi che hanno visitato l’azienda in queste settimane, firmando la clausole di riservatezza e accedendo al data center. Tra questi, ci sono un gruppo belga e uno ucraino. Al momento, però, di scritto nero su bianco non c’è niente“) è disarmante. Emblema di una sconfitta.

Va bene che la speranza sia l’ultima a morire, ma qualcosa di più non potrebbe essere fatto?

Da parte istituzionale soprattutto, invece di subire i capricci e i ricatti padronali, non potrebbero essere fatte opportune forme di pressione verso la proprietà che, da quello che si legge, è stata assente e non ha nemmeno risposto agli inviti del Ministero? Per carità, non lo si può fare (dicono lorsignori), non si deve interferire con le decisioni del padrone. Così è ed è facile supporre che anche con il prossimo governo le cose non cambieranno.

Ormai vale più il profitto individuale del diritto al lavoro. Non c’è nulla di giusto in tutto questo, ma è così. Forse è venuto il tempo di aprire gli occhi, alzare la testa e lottare perchè questo stato di cose cambi radicalmente.

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Giorgio Langella
Giorgio Langella è nato il 12 dicembre 1954 a Vicenza. Figlio e nipote di partigiani, ha vissuto l'infanzia tra Cosenza, Catanzaro e Trieste. Nel 1968 il padre Antonio, funzionario di banca, fu trasferito a Lima e lì trascorse l'adolescenza con la famiglia. Nell'ottobre del 1968 un colpo di stato instaurò un governo militare, rivoluzionario e progressista presieduto dal generale Juan Velasco Alvarado. La nazionalizzazione dei pozzi petroliferi (che erano sfruttati da aziende nordamericane), la legge di riforma agraria, la legge di riforma dell'industria, così come il devastante terremoto del maggio 1970, furono tappe fondamentali nella sua formazione umana, ideale e politica. Tornato in Italia, a Padova negli anni della contestazione si iscrisse alla sezione Portello del PCI seguendo una logica evoluzione delle proprie convinzioni ideali. È stato eletto nel consiglio provinciale di Vicenza nel 2002 con la lista del PdCI. È laureato in ingegneria elettronica e lavora nel settore informatico. Sposato e padre di due figlie oggi vive a Creazzo (Vicenza). Ha scritto per Vicenza Papers, la collana di VicenzaPiù, "Marlane Marzotto. Un silenzio soffocante" e ha curato "Quirino Traforti. Il partigiano dei lavoratori". Ha mantenuto i suoi ideali e la passione politica ed è ancora "ostinatamente e coerentemente un militante del PCI" di cui è segretario regionale del Veneto oltre che una cultore della musica e del bello.