Roberto Maroni ha lanciato l’allarme: con un’intesa tra la Lega di Salvini e il M5S di Di Maio e quindi la rottura dell’alleanza di centrodestra, «qualche conseguenza sul governo delle regioni ci sarebbe». Anche in Veneto, dove il centrodestra governa dal 1995 e dove dal 2010 la guida è in mano al leghista Luca Zaia? Adriano Paroli, commissario regionale di Forza Italia, non lo esclude: «Tengo distinte le situazioni, ma è indubbio che alcune aperture a livello nazionale rischiano di minare i rapporti nel centrodestra. Voglio sperare che quella di Salvini sia tattica».
In Veneto, più che quella della giunta regionale, pare preoccupare la tenuta delle alleanze nei Comuni chiamati al voto tra alcuni mesi: Vicenza, Treviso, San Donà di Piave sono tutti in mano al Pd e uno sgretolamento del centrodestra non potrebbe che renderne più difficile la conquista, nonostante l’onda lunga delle Politiche. Il commissario regionale di Forza Italia non nasconde la preoccupazione: «Con un’intesa Lega-M5s è chiaro che si creerebbero problemi – dice Paroli – Ma non voglio pensare che si mini la governabilità: Salvini non rappresenta solo la Lega, ha anche un mandato del centrodestra». Paroli tende ad escludere che quel che si deciderà a Roma faccia poi cadere a catena le amministrazioni locali, ma avverte: «Certo è che il clima cambierebbe». E a risentirne, prima di tutto, sarebbero i Comuni chiamati al voto. Uno dei due capoluoghi di provincia dove già si registrano tensioni è Vicenza. Il commissario forzista lo dice chiaramente, addossando la responsabilità alla Lega: «Vicenza rischia di essere, purtroppo, il luogo in cui si sfogano i malcontenti di troppi e non è giusto che a subirlo sia un ottimo candidato e una persona degna com’è Fabio Mantovani». Mantovani (nella foto con Achille Variati quando entrò nel cda Ipab, ndr)è il candidato civico concordato tra Forza Italia e Lega che adesso però convince poco o nulla. In casa della Lega, forte dei risultati delle Politiche ma anche penalizzata dalle scelte della propria segretaria nell’aver eletto pochi vicentini rispetto ad altre province venete, c’è chi vorrebbe rivedere il candidato sindaco. «Fibrillazioni che stanno superando il lecito», dice Paroli che per lunedì prossimo annuncia una riunione della coalizione, Quarta Gamba compresa, per trovare una sintesi in tutti i Comuni chiamati al voto. «Sintesi – dice – vuol dire sacrifici reciproci. E se non si dovesse trovare un’intesa, gli esiti potrebbero essere diversi da città a città». Tradotto: coalizione sgretolata. Conseguenza: possibilità più ridotte di riprendersi i municipi.
A Vicenza, del resto, il totocandidati impazza. Raccontano che il capogruppo della Lega in consiglio regionale Nicola Finco premerebbe per candidare Roberto Ciambetti, così da liberare, a favore di se stesso, l’ambito scranno di presidente dell’assemblea legislativa. «Ciambetti che è di Sandrigo candidato sindaco di Vicenza? Serve uno che viva in città – ribatte Finco – per me la persona giusta è Francesco Rucco, che è in campagna elettorale già da sei mesi. Comunque decideranno le segreterie di partito». A favore di Rucco è anche Fratelli d’Italia di Sergio Berlato che sul profilo Facebook ha pubblicato il comunicato del coordinamento del partito che boccia l’ipotesi di puntare sull’assessore forzista Elena Donazzan: «Il centrodestra ha già commesso l’errore di candidare una di Thiene a sindaco di Vicenza nel 2008 (Lisa Sartori, ndr), non torni a commettere lo stesso errore candidando una di Pove del Grappa nel 2018». L’ipotesi Donazzan, però, tiene sempre più banco, a partire dalla stessa Forza Italia. Ma potrebbe anche essere una candidatura di area: dovesse andare in porto l’ipotesi ventilata da Renato Brunetta di un’intesa a sinistra («Sbagliato escludere il Pd»), difficilmente Donazzan e il collega consigliere Massimo Giorgetti, entrambi provenienti dall’Msi, potrebbero restare con gli azzurri.
di Alda Vanzan, da Il Gazzettino
Lega e Fi blindano il Veneto «Le liti romane non ci toccano»
L’ex presidente della Lombardia Roberto Maroni, parlando della possibile alleanza di governo tra la Lega e il M5s ha avvertito: «Escludendo Berlusconi e Forza Italia si rischia di mandare per aria tutte le amministrazio ni locali. È una questione di coerenza, non puoi governare sul territorio con una forza che in parlamento ti è all’opposizione ». Un messaggio chiaro a Matteo Salvini (sotto)
Nessuno si sogni di tirare il Veneto nel mezzo delle sabbie mobili romane. Men che meno, come ha provato a fare l’ex governatore della Lombardia Roberto Maroni, ad utilizzare il Veneto (e la Lombardia e la Liguria) come merce di scambio nelle difficili trattative oggi in corso per i presidenti di Camera e Senato, un domani per la formazione del nuovo governo.
A dirlo, all’unisono, sono i vertici regionali di Lega e Forza Italia, che tradiscono pure un po’ di stanchezza sul tema visto che sono ciclici i litigi tra i due partiti ed è ciclico il tentativo di mischiare livelli amministrativi e politici usando i primi come arma di ricatto per i secondi. Lo stesso governatore Luca Zaia, che non a caso si tiene distante con accortezza dalle vicende della capitale, in passato l’ha ripetuto più e più volte: «Qui in Veneto la maggioranza è solida, stiamo lavorando bene».
E della stessa idea il capogruppo della Lega Nicola Finco: «Nel 2015 abbiamo preso un impegno chiaro con gli elettori e va rispettato, non si può mettere in discussione l’amministrazione regionale per le tensioni che si registrano a livello nazionale, così come queste ultime non dovrebbero incidere sull’alleanza che stiamo chiudendo a Vicenza e a Treviso in vista delle Comunali. Certo, se Forza Italia si decidesse a scegliere il suo uomo a Vicenza… lì avanti di questo passo rischiamo grosso». E i contatti tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio? «Forza Italia non può pensare di tenerci sotto scacco come un tempo, ora siamo noi a guidare la coalizione e mi pare normale confrontarsi con tutti – dice Finco – detto questo, ogni decisione spetta a Salvini». Decide Matteo: lo ripetono come un mantra tutti i colonnelli della Lega. Anche se i parlamentari, come Massimo Bitonci, probabilmente respirando l’aria di Roma sembrano più possibilisti dei consiglieri regionali: «Tra noi e il Movimento Cinque Stelle alcuni punti di contatto ci sono e le parole di Salvini («Nulla è impossibile», ndr.) mi sembrano inequivocabili. Certo, costruirci assieme un programma di governo toutcourt è un altro paio di maniche». Anche per Bitonci, in ogni caso, non ci sarà alcuna ripercussione a livello locale: «Sul territorio l’alleanza tra Lega e Forza Italia è un dato acquisito, non si mette in discussione».
Fin qui, il Carroccio, che certo ha tutto l’interesse a tener vivo il doppio binario, con Forza Italia qui e con il M5S a Roma. Il punto è che allo stesso modo la pensano anche i dirigenti di Berlusconi, forse pure nella consapevolezza che a queste latitudini, e per come si sono messe le cose negli ultimi anni, è difficile per loro pensare di poter dettare condizioni alla Lega. Per capirsi: se anche Forza Italia (compreso il neo acquisto Maurizio Conte, che ha mantenuto il gruppo autonomo) si chiamasse fuori, Zaia godrebbe comunque di una maggioranza di 26 consiglieri su 51. «Non vanno traditi gli impegni con gli elettori – dice il capogruppo Massimo Giorgetti – questo vale per noi e pure per la Lega, qui in Veneto come a livello nazionale. Accordi con i Cinque Stelle o col Pd sono innaturali: auspichiamo che nessuno voglia intestardirsi a perseguirli. L’unica via è mantenere salda la coalizione di centrodestra». D’accordo Adriano Paroli, coordinatore azzurro in Veneto: «Siamo in una fase di tatticismi, non mi preoccuperei. Gli elettori ci hanno scelto per la guida di Regioni e Comuni perché ci riconoscono di saper governare bene e sanno che la nostra alleanza è forte. Squadra che vince, non si cambia. Certo nella squadra devono crederci tutti, con pari dignità: io posso garantire per Forza Italia, penso che leghisti siano pronti fare lo stesso per il loro partito».
di Marco Bonet, da Il Corriere del Veneto