Di seguito l’articolo inchiesta di su Il Fatto Quotidiano
EX GOVERNATORE DIROTTÒ FONDI PER LA LAGUNA AL PATRIARCATO. LA PRESCRIZIONE EVITA MULTA MILIONARIA
Era meglio di un prestigiatore, l’ex governatore veneto e ministro Giancarlo Galan. Tra il 2004 e il 2005 aveva dato prova di come fosse possibile prendere 26 milioni di euro, destinati al disinquinamento della Laguna di Venezia, e dirottarli su altri capitoli di spesa, estranei alle finalità della Legge Speciale sotto il cui ombrello lo Stato aveva concesso il finanziamento.
Dal cilindro, ecco spuntare 24 milioni per il Patriarcato di Venezia, per lavori di ristrutturazione della Curia, del seminario, della Basilica della Salute, e altri due per la Comunità ebraica, per una casa di riposo per anziani. Come fanno i bravi illusionisti, tutto era avvenuto alla luce del sole con una spericolata partita giocata su quattro tavoli, fino alla Presidenza del Consiglio, dove all’epoca stava Silvio Berlusconi.
Ma adesso arriva la condanna della Corte dei Conti, proprio nei giorni successivi all’acqua altissima del 12 novembre. Galan dovrà risarcire 764 mila euro alla Regione Veneto. E gli è andata ancora bene, perché la prescrizione ha sanato la fetta più imponente del danno erariale. L’invito a dedurre è datato ottobre 2018, i pagamenti contestati non hanno potuto andare a ritroso nel tempo se non fino all’autunno 2013. Nella rete è rimasto solo un milione 274 mila euro e su questa somma è stato calcolato un “quantum” pari al 60%. Il resto cancellato.
Ci si domanda perché la realizzazione del Mose vada così a rilento. Questo caso, anche se non direttamente legato, è la dimostrazione di quanto la discrezionalità politica possa sviare l’uso dei fondi dalla loro finalità originaria. Non tangenti, ma comportamenti compiacenti.
Evidentemente, 15 anni fa il potentissimo Galan se lo poteva permettere. Nel 2004 era alla fine del suo secondo mandato, poi ci sarebbe stato il terzo. Dallo Stato la Regione aveva a disposizione tanti milioni per Venezia. Lui – scrivono i giudici contabili – decise “di distrarre fondi stanziati per la realizzazione di interventi di disinquinamento o di prevenzione, in favore di un soggetto privato per il restauro di immobili”. Nell’elenco c’erano l’acquedotto del Cavallino, le Valli di Chioggia, le fogne di Venezia, una vasca “prima acqua” a Gazzera-Mestre e interventi di prevenzione dell’inquinamento.
Agì giocando su quattro tavoli. Innanzitutto il Patriarcato del cardinale Angelo Scola, che nel 2011 sarebbe diventato arcivescovo di Milano, con una spesa importante e onerosa. Poi il Comitato per la Legge Speciale, che doveva sovrintendere ai soldi stanziati e a cui Galan chiese inizialmente l’assenso per cambiarne destinazione. Ricevette un diniego e pensò di rivolgersi al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, all’epoca Gianni Letta. Il 30 dicembre 2004 una nota di Palazzo Chigi “aveva espresso condivisione alla volontà della Regione”. Ma, scrivono i giudici, “il sottosegretario non aveva alcun ruolo nel procedimento, la sua nota non poteva entrare ad alcun titolo nella determinazione causale sulla deviazione dei fondi”. Quarto tavolo, la giunta regionale che votò per due volte le proposte di Galan, che ne fu il relatore. Nel 2004 annullò la destinazione a fini ambientali. Nel 2005 approvò il finanziamento dei restauri per il Patriarcato e la Comunità ebraica. Nessuno obiettò, qualcuno era assente. Per gli assessori nemmeno la citazione in giudizio per danni, eccetto Renato Chisso (poi arrestato per lo scandalo Mose).
Ma è stato assolto perchè anche lui si limitò a recepire le direttive del nuovo Doge di Venezia.