Auguri di Natale al Senato per i giornalisti, FQ: Casellati nuova paladina dell’informazione, solo se non parla di lei

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La foto di Casellati che ha generato la sua lettera minatoria a Il Fatto
La foto di Casellati che ha generato la sua lettera minatoria a Il Fatto

Per l’occasione ha scelto l’abito della sartoria di fiducia, lo stesso con cui si è fatta immortalare insieme all’amica stilista e al di lei figlio Mauro, condannato per molestie dopo un casting di modelle andato oltre le formalità del provino. Un punto di verde assai natalizio, quello del tailleur pantalone che la presidente del Senato ha indossato al brindisi con la stampa parlamentare prima delle feste.

“Che spilla meravigliosa”, salmodia la senatrice di LeU Loredana De Petris, indicando il gioiello che le decora la spalla sinistra. Maria Elisabetta Alberti Casellati solca con la consueta eleganza i tappeti della Sala Zuccari di palazzo Giustiniani, casa sua da un paio d’anni a questa parte. Il buffet è impeccabile, la maionese allo zenzero si sposa col salmone al forno, le parmigianine di melanzane sono dorate ma leggere, il chutney di pere si accorda coi formaggi. La perfezione, se non è qui, abita assai vicino.

Eppure basta una domanda per rovinare la festa e costringere la presidente a rintanarsi sui divanetti in fondo al salone, protetta da un cordone di fedelissimi, pronti a filtrare i commensali che tentassero di avvicinarla. Non gradisce, Alberti Casellati, che Il Fatto sia venuto a chiederle se non crede di aver esagerato quando ha spedito a casa di due colleghi una lettera intimidatoria.

La seconda carica dello Stato, come i lettori ricorderanno, due settimane fa ha indirizzato alle private abitazioni di Carlo Tecce e Ilaria Proietti – rei di aver scritto diversi articoli sulle gesta della presidente nell’esercizio delle sue funzioni – una raccomandata per annunciare l’intenzione di procedere a una azione civile risarcitoria nei loro confronti. Una modalità quantomeno inusuale, il preavviso di mediazione, che non contesta nel merito nessuna presunta diffamazione, se non un generico riferimento a “pubblicazioni ritenute lesive dei suoi diritti”. Le stesse che poi elencherà – di nuovo senza chiarire i dettagli – nella domanda di mediazione che ha recapitato al giornale l’11 dicembre, sostenendo non abbiano alcun legame col “legittimo diritto di cronaca”.

“Studiate il codice civile! Io non dovrei neanche parlarvi!”, si inalbera quando le si fa notare l’insolito preavviso a casa dei colleghi. “Funziona così!”, insiste, senza meglio specificare perché – se davvero lo prescrive la legge – non abbia fatto lo stesso col direttore Marco Travaglio, a cui la raccomandata è arrivata in redazione. Ma il punto resta un altro: quella comunicazione a casa dei colleghi non era la notifica della richiesta di mediazione, ma una semplice lettera – chiamiamolo un avvertimento – che è senza dubbio fuori dalla disciplina del codice civile che la presidente ci rimprovera di non conoscere.

Che il tema non sia solo procedurale, lo certifica il discorso che Alberti Casellati ha scritto per fare gli auguri di buone feste alla stampa. Primo, perché introduce una personalissima distinzione tra “il dovere di fare buona informazione” e “il diritto di cronaca”, come se non necessariamente raccontare quello che succede sia la cosa giusta da fare. Secondo, perché per la presidente del Senato “c’è giornalismo e giornalismo” e “questo va detto a chiare lettere e senza ipocrisie”.

“C’è un giornalismo – spiega la presidente – fatto di professionalità, passione, devozione, di sacrificio e spesso di drammi”. Fa i nomi: Mauro De Mauro, Giancarlo Siani, Ilaria Alpi. Tutti colleghi tragicamente scomparsi. E poi c’è il giornalismo che è “facile polemica”, “congettura” e “sensazionalismo”. E che, spiega ancora Casellati, è il male primigenio delle “nuove moderne patologie dell’informazione, come le fake news e i deep fake”, su cui lei stessa si impegna a “promuovere nei prossimi mesi un momento di riflessione”.

Così, la presidente che avvisa i giornalisti a casa si prepara a diventare la nuova paladina dell’informazione corretta. Perché “il pluralismo è un valore da difendere a tutti i costi e con ogni mezzo”.

Purché non si parli di lei.

di Paolo Zanca da Il Fatto Quotidiano