Una sperequazione intollerabile: i tre miliardari Ferrero, Del Vecchio e Pessina hanno più dei sei milioni di italiani più poveri

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Ricchi e poveri
Ricchi e poveri

Un articolo de “ilsole24ore.it” inizia così: “Non è un gioco, è la realtà. Se sommiamo le ricchezze dei sei milioni di italiani più poveri, la cifra che otteniamo non raggiunge il patrimonio posseduto dai tre miliardari più ricchi del paese. Insomma, solo tre persone concentrano nelle loro tasche più soldi di quanti ne ha il 10% della popolazione italiana.

Tanto per far nomi, Ferrero, Del Vecchio e Pessina (gli italiani più ricchi secondo la lista di Forbes, che possedevano – a metà 2019 – 37,8 miliardi di euro) sono più ricchi del 10% del resto della popolazione italiana.

Già questo basterebbe a definire la situazione di profonda ingiustizia che stiamo vivendo. Una situazione che peggiora anno dopo anno. I dati che vengono riportati dal giornale di Confindustria sono quelli diffusi da Oxfam e sono certificati. È la realtà, appunto. Una realtà spaventosa che si dovrebbe avere il coraggio e la determinazione di cambiare per rendere il nostro paese e il pianeta intero migliore e più giusto.

Proviamo a leggere qualche altro dato relativo al primo semestre del 2019.

A livello mondiale 2.153 individui hanno una ricchezza superiore al patrimonio complessivo di 4,6 miliardi di persone. La metà più povera della popolazione mondiale possiede meno dell’1% della ricchezza globale. L’1% più ricco ha più del doppio della ricchezza posseduta da 6,9 miliardi di persone.

E in Italia? Il 20% più ricco possiede il 69,8% della ricchezza nazionale (equivalente a circa 6.500 miliardi di euro). Il restante 80% della popolazione era suddiviso in questa maniera: il 20% più fortunato ha il 16,9% e il 60% più povero ha il 13,3% della ricchezza totale del paese.

Il 10% più ricco della popolazione italiana possiede una ricchezza che è oltre 6 volte quella della metà più povera. Più in dettaglio, il 5% dei più ricchi è titolare del 41% della ricchezza nazionale netta (circa 3.811 miliardi di euro) ed è superiore all’80% del patrimonio dei “meno fortunati”. L’1% più ricco ha il 22% della ricchezza nazionale (pari a oltre 2.000 miliardi di euro e 17 volte la ricchezza complessiva del 20% più povero).

Un’altro dato che evidenzia come, per la maggior parte della popolazione italiana, la situazione sia peggiorata è il seguente: dall’inizio del XXI secolo, la ricchezza posseduta dal 10% più ricco della popolazione è cresciuta del 7,6% mentre la metà più povera della popolazione italiana ha visto il proprio patrimonio ridursi del 36,6%.

E il futuro? Cioè “come se la passano” i giovani di questa nostra povera patria? I dati che ci vengono forniti sono tutt’altro che tranquillizzanti. Oltre il 30% dei giovani occupati ha retribuzioni mensili inferiori agli 800 euro lordi. Il 13% degli italiani che hanno un’età inferiore ai 29 anni, pur lavorando, versa in condizioni di povertà.

La situazione odierna ha, quindi, prospettive assolutamente negative.

E allora? Si può, forse, continuare a tollerare tutto questo? Ci dobbiamo adeguare o possiamo ricominciare a pensare che qualcosa ossa, ma soprattutto, debba essere cambiato dalle radici? E possiamo continuare ad essere convinti che tutto questo sia frutto di una realtà alla quale siamo incatenati e che esula dalla nostra comprensione (una specie di “provvidenza alla rovescia” alla quale rassegnarsi) e non di un modello di sviluppo, quello capitalista, che ci viene imposto come l’unico possibile ma che non ha nulla di “divino”?

Proviamo a pensare. Questa realtà non è dovuta al fato che ci è avverso o a una sorta di malattia mondiale che ce la impone. È il sistema nel quale viviamo che è profondamente sbagliato (oltre che ingiusto) e ci deve muovere a indignazione. La realtà che viviamo non è eterna. Forse cambiando sistema si può trasformarla e renderla più umana. Forse, redistribuire la ricchezza in maniera equa (magari con una patrimoniale progressiva sulle grandi ricchezze che, come abbiamo visto, esistono e con maggiori tasse a chi percepisce retribuzioni milionarie, che, come si sa, esiste) e fare in maniera che gli strumenti di produzione e la tecnologia siano socializzati – che diano, quindi, benefici a chi lavora e non a chi sfrutta il lavoro altrui – potrebbe servire a riequilibrare e rendere più giusta una società sempre più spietata e spaventosa.

Ci spiegano che non si può fare. Che, anche se necessaria, non ci sono i soldi per finanziare la trasformazione. Ma i soldi, come si è visto, ci sono e sono concentrati nei patrimoni di una esigua minoranza di personaggi ricchissimi. Una palese ingiustizia, una sperequazione intollerabile. E allora, proviamo a pensare che sia possibile un mondo più giusto. Proviamo a lottare per questo. Non abbiamo nulla da perdere se non le nostre catene e la nostra povertà.