Vendesi canonica (e non solo)

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Le unità pastorali si allargano, le canoniche si svuotano e qualche parrocchia decide di venderle. È successo recentemente a Seghe di Velo, unità pastorale di Velo d’Astico, dove la canonica realizzata alla fine degli anni ‘50 con la nascita della parrocchia, quando il locale distretto industriale richiamava nuove famiglie, è stata ceduta a privati.

Non è stato un percorso facile: lo sa bene Lorenzo Mottin, membro del consiglio affari economici parrocchiale e incaricato dall’allora parroco don Stefano Bernardini di occuparsi della faccenda. «L’edificio era disabitato – racconta -. L’ultimo prete a risiedervi è stato un collaboratore pastorale di origine africana, poi trasferitosi ad Arsiero. Abbiamo sempre mantenuto bene l’edificio, sarebbe andato in rovina se nessuno ci abitava. Non è stato possibile inserirvi persone in difficoltà economica o richiedenti asilo e così abbiamo cominciato a pensare di vendere l’immobile». Ne è seguita un’assemblea con i “capifamiglia” «e la maggioranza si è detta favorevole all’idea – prosegue Mottin -. Poi abbiamo ottenuto le autorizzazioni necessarie dalla Diocesi: ha giocato a favore il fatto che l’edificio si trova a una certa distanza da chiesa, sacrestia e centro parrocchiale». Dopo aver valutato alcune offerte, l’ex canonica è stata quindi ceduta a una giovane coppia del posto. «Ne abbiamo ricavato 86mila euro che abbiamo destinato al mantenimento delle altre strutture parrocchiali». Le resistenze non sono mancate: «La decisione ha avuto un costo, soprattutto i più anziani erano contrari – aggiunge Mottin -. È stata una faticaccia anche dal punto di vista burocratico, ho dovuto recuperare e riordinare moltissime pratiche. Ma sono convinto che sia stata la scelta giusta e che molte altre parrocchie dovrebbero farlo».

A sostenere la convinzione di Mottin ci sono i numeri: «Ad oggi le canoniche rimaste senza parroco residente, ma comunque quasi tutte utilizzate sono 190 – riferisce don Lorenzo Zaupa, vicario generale, riportando i numeri frutto della ricognizione effettuata dagli uffici della curia a inizio anno -. Molte di quete canoniche accolgono, infatti, preti anziani, sono affidate ad associazioni come la Papa Giovanni XXIII, a famiglie dell’Omg o di un diacono permanente, o a famiglie impegnate in attività pastorali. Ancora ci sono ex-canoniche abitate da comunità religiose. Qualcuna è vuota perché inagibile o semplicemente inutilizzata. Il dato complessivo è significativo, perché sei anni fa le canoniche senza parroco residente erano 144». Ben oltre la metà di quelle presenti in Diocesi se si suppone, a ragione, che in ognuna delle 355 parrocchie vicentine (con rare eccezioni) ci sia una canonica. Va ricordato che in quasi tutte le canoniche senza parroco residente è stata attivata una segreteria gestita da volontari che fanno servizio di accoglienza, informazione e custodia delle strutture parrocchialli a seconda delle esigenze.  Esempi di utilizzo della canoniche in modo alternativo alla mera abitazione del parroco, in Diocesi, non mancano. Anche perché è dal 1998 che la curia ha dato indicazioni precise in proposito: «Nel 1998 – prosegue don Zaupa – il consiglio presbiterale ha approvato una nota circa l’utilizzo  delle canoniche. Le possibilità indicate sono tre: pastorale, caritativo o formativo. 

La nota è stata “aggiornata” nel 2013 con l’appello del Vescovo per l’accoglienza di richiedenti asilo e nel 2018 con il documento sulle unità pastorali, secondo il quale, se le prime tre strade non sono percorribili, allora si può pensare al comodato d’uso o alla vendita». Una decisione, quest’ultima, che potrebbe riguardare la canonica di Agugliana (frazione di Montebello Vicentino) o quella di Volpino, nell’unità pastorale di San Bonifacio (Verona), «chiusa da trent’anni e inutilizzabile – spiega il parroco, don Emilio Centomo -. L’idea è di vendere, per riuscire a sistemare un altro edificio parrocchiale. Prenderemo la decisione confrontandoci con il consiglio pastorale e quello per gli affari economici. Alienare alcuni ambienti è diventato necessario: come parroco ho la responsabilità amministrativa su 23 edifici: una situazione insostenibile. Dobbiamo essenzializzare». Tuttavia per vendere sono necessarie alcune condizioni: «Intanto l’immobile deve trovarsi distante dalla chiesa – spiega don Francesco Peruzzi, addetto all’ufficio diocesano Assistenza parrocchie – e va verificato l’interesse storico-artistico. Va inoltre data precedenza a coppie che acquistano la prima casa e che abitano in parrocchia».

Ma non sono solo le canoniche ad essere messe in vendita: l’unità pastorale di Trissino ha venduto l’ex cinema cristallo e l’ex oratorio di San Pietro, «con un’operazione necessaria viste le condizioni in cui si trovavano e ben orchestrata con il Comune», afferma don Peruzzi. «Abbiamo colto l’opportunità di un piano degli interventi comunale e ottenuto la variazione d’uso degli immobili – spiega il parroco dell’unità pastorale, don Lucio Mozzo -. Questo ci ha permesso di vendere gli edifici a un privato, che in parte li ha demoliti e in parte ricavato uffici, appartamenti e attività commerciali, seguendo le indicazioni del Comune. La comunità ha ricavato 750mila euro dalla vendita che ci ha permesso di ristrutturare la chiesa di San Pietro, da 50 anni bisognosa di interventi».