Foibe e Shoah: memoria da rispettare e promuovere

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Vittime delle foibe, è istituzionale Il giorno del ricordo
Vittime delle foibe, è istituzionale Il giorno del ricordo

Il dolore non tollera paragoni. Ognuno sente il proprio e ogni dolore è di_erente. Se poi è un dolore collettivo, se ha riguardato in modo profondo una comunità, segnandola, ancora di più.

Quando poi la so_erenza è grande, terribile, succede che si cerchi di non pensarci, che si provi a dimenticare. Magari per molto tempo. Eppure se con quel patire non si fa i conti fino in fondo, se non lo si sente riconosciuto anche dagli altri non si riesce a trovare pace, non si riesce davvero, con serenità, a pensare al futuro. Ci si sente traditi due volte.

Così deve essere stato per le tante famiglie che hanno avuto un familiare o un amico vittima dei massacri delle foibe di cui il 10 febbraio si celebra il ‘Giorno del ricordo’.

Questa Giornata speciale serve ad alimentare la memoria degli eccidi ai danni di militari e civili, in larga prevalenza italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, avvenuti durante la seconda guerra mondiale e nell’immediato secondo dopoguerra, da parte dei partigiani jugoslavi. Fu istituita solo nel 2004. Prima, per decenni, questo fu un capitolo di storia volutamente dimenticato da buona parte della politica e del Paese. Quel silenzio è stato un’ulteriore o_esa a chi ha patito quegli orrori. Ora anche quelle atrocità fanno sempre più parte della memoria della nostra comunità nazionale, sono come un mattone essenziale nella costruzione della Casa comune. Ma questa non è l’unica Giornata del ricordo che costella il calendario del nostro Paese. Due settimane fa abbiamo vissuto la Giornata della memoria, in ricordo della Shoah un altro atroce capitolo della storia del XX secolo costato la vita a milioni di ebrei e non solo.

Queste due date (ma ce ne sono numerose altre che non vanno dimenticate) ci insegnano che è decisivo ricordare, e come si deve ricordare. Si deve fare memoria in modo preciso. Il dolore non si può mescolare in un tutto indistinto, richiede di essere rispettato per quello che è, senza paragoni, consapevoli che non può esserci concorrenza tra eventi tragici. Per questo ogni tragedia merita la sua memoria.

Poi occorre riconoscere che nelle tragedie c’è chi le ha provocate e chi le ha subite. Il superamento di quei traumi non può che avvenire riconoscendo le di_erenti posizioni, le di_erenti responsabilità. Vittime e carnefici non possono mai essere messi sullo stesso piano. Per questa ragione la pacificazione non può passare per un semplice (e o_ensivo) “mettiamoci una pietra sopra e ricordiamo gli uni e gli altri allo stesso modo”. È quello che ha tentato di fare la città di Verona proponendo la cittadinanza onoraria a Liliana Segre e al contempo la titolazione di una via a Giorgio Almirante (leader postfascita del Msi, redattore capo, durante la Repubblica di Salò, della rivista “La difesa della razza”).

Grazie alla democrazia e alla libertà l’ex esponente della Repubblica fascista di Salò è diventato uno dei massimi esponenti della Destra repubblicana e ha potuto fare la sua battaglia politica. Questo, però, non ha cancellato le sue gravi responsabilità precedenti e dunque risulta quanto meno esagerato pensare di onorarlo con la titolazione di una via, senza distinguere tra chi fu vittima delle leggi raziali e chi invece le sostenne e le propagandò.

Parafrasando don Milani si potrebbe dire che una delle ingiustizie maggiori è trattare da uguali situazioni diverse. Ecco per alimentare una sana e costruttiva memoria va evitato anche questo pericoloso errore.