La caccia materia di insegnamento nelle scuole venete come lo sport: Paola Re boccia la proposta di Donazzan

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La caccia nelle scuole venete: da non insegnare
La caccia nelle scuole venete: da non insegnare

Spettabile Regione Veneto, scrive Paola Re in questa lettera aperta che pubblichiamo, ho appreso dai mezzi di informazione (“Istruzione – Zanoni e Bigon (PD): “Caccia a scuola, dalla Donazzan proposta irricevibile. No alla cultura delle armi, insegniamo alle giovani generazioni a rispettare persone, natura e animali”) che l’Assessore all’Istruzione della Regione Veneto suggerisce di insegnare la caccia nelle scuole, considerandola una competizione sportiva. Non a caso la grottesca proposta è stata fatta nel corso della recente “Hit Show”, la fiera delle armi svoltasi a Vicenza. La cultura delle armi, con l’elenco infinito delle mortifere conseguenze che reca in sé, non deve essere incoraggiata dalle istituzioni, in quanto diseducativa e pericolosa.

Non è certo la prima volta che si cerca di spacciare l’attività venatoria come una sorta di componente della didattica scolastica.
E’ pure stato pubblicato: “Il cacciatore in favola” «un libro di favole illustrato (…) per sfatare il falso mito di Bambi, e destinato a genitori e bambini di tutte le età (…) una raccolta di undici favole, ispirate talvolta da detti popolari rivisti in chiave moderna. Semplicità lessicale e divertenti disegni illustrano ai bambini la verità sull’arte venatoria e introducono al tema della biodiversità. Vengono spiegati alcuni paradossi a cui ci ha abituati il consumismo, artefice di un allontanamento dalla natura e dalla sostenibilità ambientale. La versione italiana, oggi viene letta ai bimbi nelle scuole dell’infanzia ed elementare della Regione Autonoma Trentino Alto Adige, la quale di concerto con la Provincia Autonoma di Trento hanno patrocinato “Il Cacciatore in Favola” assieme alla Sezione Cacciatori Trentini. Il balzo al di là delle Alpi è avvenuto con la collaborazione delle Cacciatrici Suedtirolesi, grazie alle quali il libro è stato tradotto e stampato in inglese (…) L’obiettivo per gli autori e sostenitori è educare le giovani generazioni, al fine di migliorarne il rapporto con Madre Natura e ristabilire il giusto equilibrio tra l’uomo, gli animali e l’ambiente, ammettendo il positivo ruolo della caccia (…) un libro capace di rompere preconcetti radicati, con la freschezza di semplici favole per bambini e non»
Lasciando a chi è competente in pedagogia e psicologia dell’età evolutiva il commento di quest’opera, mi limito a constatare che i cacciatori calano a vista d’occhio quindi si buttano a capofitto sulle giovani generazioni con lo scopo di creare un vivaio a cui trasmettere la loro passione di uccidere animali. Ultimamente hanno preso di mira le scuole, improvvisandosi educatori ambientali in Veneto (“Questa è proprio grossa: cacciatori nelle scuole!“), in Toscana (“La Caccia entra nelle scuole, dura presa di posizione di animalisti e non solo“), in Sardegna (“La Sardegna promuove la caccia e il suo bollettino di guerra a scuola“)

Nel 2019, Federcaccia Toscana – Sezione Provinciale di Firenze ha lanciato la 6° edizione del concorso letterario “Caccia, passione e ricordi” «aperto a tutti i cacciatori ma anche ai loro familiari e amici (…) Lo scopo del concorso è quello di valorizzare l’ars venandi, il cacciatore, il suo ausiliare e l’ambiente che lo circonda, in modo da diffondere, accrescere e sensibilizzare la cultura venatoria.» Federcaccia Toscana ha avuto la brillante idea di mettere sul sito web l’angolo della cultura con racconti e poesie. Si sa, la poesia salva la vita. La caccia la toglie. C’è da scommettere che questi artisti-educatori abbiano in mente una bizzarra proposta di legge per inserire lo studio dell’ars venandi nelle scuole di ogni ordine e grado, magari lamentandosi a ritroso che Carlo Magno non l’abbia inserita tra le artes sermocinales e le artes reales, note come le arti del trivio e del quadrivio, della sua schola palatina.
Alla strage di migliaia di animali dichiarati cacciabili, si aggiungono altri danni quali il disturbo alle specie non cacciabili, le numerose uccisioni “per errore” e il bracconaggio. L’Italia è stata più volte richiamata dalla Commissione Europea con l’avvio di procedure d’infrazione ed è probabile che la situazione non migliori, sia per la cultura retrograda che sta alla base delle politiche regionali, sia per i controlli sempre più scarsi e inefficaci causati anche dai vari tagli a Polizie Provinciali e Corpo Forestale dello Stato.
Continuando il viaggio nella letteratura, nel libro “Divieto di caccia”  di Carlo Consiglio , Presidente onorario della LAC (Lega Abolizione Caccia) nazionale, già professore ordinario di Zoologia all’Università di Roma, è esposta una tesi interessante che assimila la caccia a una malattia mentale (pagg.67-68, Edizioni Sonda, 2012) in un paragrafo che riporta le opinioni degli psicanalisti Emilio Servadio e Karl Menninger, della psicologa Carla Corradi, e dell’antropologo Sherwood L. Washburn. Chi non possiede le loro competenze, si limita a constatare che la caccia è ufficialmente uno sport ed è anche un mezzo a disposizione delle istituzioni per attuare i piani di sterminio, di controllo, di selezione (si chiamano proprio così questi atti amministrativi) di ungulati, volpi, nutrie, volatili e via cacciando… Tuttavia, chi si avventura a leggere i siti web e le riviste dei cacciatori, trova affermazioni, fotografie, atteggiamenti a dir poco inquietanti e forse medita sulle opinioni dei professionisti sopra citati.
Oltre al massacro degli animali, le vittime umane della caccia costituiscono un elenco che cresce drammaticamente nelle statistiche annuali. Dal 2007, l’Associazione Vittime della Caccia raccoglie dati da articoli apparsi sui giornali mentre le istituzioni competenti, cioè Provincia, Regione e Ministero dell’Ambiente, sono latitanti nella diffusione di queste notizie.
Dare informazioni è un dovere. Ricevere informazioni è un diritto.
Paola Re