La domanda è chiaramente retorica (direi sarcastica). Ed è rivolta a tutti quelli che ci raccontano della “crescita” e dell’aumento dell’occupazione. Ce lo vogliono far credere, ma è di bassissima qualità, con retribuzioni indecenti, con una sicurezza inesistente. E la “crescita” è solo della ricchezza che accumulano “lorsignori”. Giovedì 22 un operaio, Andrea Ponzio di 35 anni (ricordiamo almeno il nome prima che diventi un numero in una statistica), è morto alla Beltrame di Vicenza. Al 23 febbraio i morti per infortunio nei luoghi di lavoro da inizio anno sono 89.E altrettanti sono i morti sui mezzi di trasporto, in itinere. E non si contano i decessi per malattie professionali. Sono, questi, dati ancora più difficili da conoscere, in quanto spesso non vengono neppure dichiarati. E poi avvengono a distanza di anni dall’inizio della malattia. Uno alla volta, in silenzio come è successo alla Marlane-Marzotto, all’Eternit, all’ILVA e in centinaia di altri luoghi di lavoro.
Su “corriere.it” si può leggere di operatori di un call-center pugliese retribuiti con 33 centesimi all’ora. Buste paga mensili di 92 euro. Si legge di retribuzioni tagliate se ci si assentava per andare in bagno, di ricatti occupazionali, di condizioni prossime allo schiavismo.
_Questo non è lavoro. È alienazione, paura, miseria. Una vera e propria violenza. È odio di classe dei padroni verso chi vive del proprio lavoro e viene considerato nulla più di un pezzo di ricambio che si può sostituire in qualsiasi momento.
_Si dica cosa c’è di positivo in condizioni di lavoro come queste? Di quale crescita e aumento di occupazione si puà parlare?
_Si ragioni. Che sia sfruttamento? Per noi che viviamo del nostro lavoro lo è, certamente. E della peggior specie.
_Per “lorpadroni” invece è la normalità. Anzi è “modernità” e “progresso”. I morti sul lavoro sono “fatalità”, la mancanza di sicurezza una necessità per restare competitivi, così come le retribuzioni vergognosamente basse. Comunque è tutto e sempre per il loro profitto.
_Ribelliamoci a questo sistema che non è riformabile. Scardiniamolo dalle fondamenta.