Quaresima – Digiuno da stress: Occasione «per stare con se stessi»

177

Il digiuno a pane e acqua al venerdì è impegno di pochi, il mangiare di magro, ossia l’astinenza dalle carni, è pratica più frequente, a cui, però, le persone sentono di aggiungere un digiuno personale, “meno concreto, ma più sentito e necessario”.

Non ci sono più le Quaresime di una volta, cambia il contesto sociale e cambia il modo di vivere i quaranta giorni che precedono la celebrazione della Pasqua. È quello che emerge da un’inchiesta nel territorio Vicentino. Il campione non è ovviamente quantitativamente rilevante, ma le risposte che abbiamo raccolto sono comunque qualificate e utili per dare un’idea di che cosa rappresenta oggi la Quaresima. 

«Corro il rischio, sempre più frequente, di non vivere appieno la Quaresima come tempo di attesa e di preparazione alla Pasqua – commenta Marco Battistella giovane 29enne vicentino, della parrocchia di San Paolo  -. Più che vedere la Quaresima come una rinuncia a qualcosa, la vorrei pensare come un momento per provare a concentrarmi di più sul vivere al meglio la fede, cercando di infondere questo atteggiamento anche in chi mi circonda. Ecco che, allora, il mio vivere questo tempo diventa un cercare di essere più paziente del solito nelle relazioni, un prestare maggiore attenzione alle esigenze di chi mi circonda e un provare a non cadere nelle provocazioni dell’ambiente circostante».

Sulla stessa linea anche Genny Scaldaferro, 28 anni, della parrocchia di Ospedaletto, che ha deciso, quest’anno, di non digiunare da qualcosa, ma di “riprendersi il tempo”.

«In questo periodo noto la mancanza di momenti proficui per fare le cose a cui tengo di più – spiega -. Nei quaranta giorni mi sono promessa di riprendermi questo tempo». Non una privazione, quindi, ma il contrario. «Lavoro tanto, mi stilo la lista di cose che voglio fare, torno a casa e non faccio niente per stanchezza e mancanza di tempo. Voglio ritrovare spazi e attimi per fare le cose che mi rendono felice. Ritagliarmi del tempo migliore». Una “ricerca del tempo perduto”, per citare Marcel Proust, anche con lo scopo di realizzare dei sogni. «Uno dei miei desideri più grandi è aprire un vivaio sociale: spazi verdi in cui impiegare ragazzi con fragilità – prosegue Genny -. Ma prima di arrivare a quello, voglio studiare sui libri accumulati e piantare gli alberi che ho comprato nel mio giardino. Ho 1500 idee al giorno ma non trovo il tempo di realizzarle». Se a questo sogno si aggiungono anche ulteriori ruoli di impegno, come quello di responsabile vicariale di Ac di Vicenza e animatrice di “Insieme per la missione”, è evidente che il recupero di tempo buono e sano si fa sempre più necessario per riuscire a dare il 100%.

Marco Giuliari, 53 anni, della parrocchia del Cuore Immacolato di Maria, trasmette un’ulteriore lettura della Quaresima: «Per me è un’opportunità offerta dalla Chiesa per fermarsi a riflettere sul proprio percorso di vita e dare un eventuale cambio di rotta nella strada di conversione». A cui aggiunge: «La Chiesa ci chiede di sperimentare una situazione, quale è quella di una privazione, che molte persone vivono tutti i giorni (si pensi a chi non ha cibo, a chi non ha l’essenziale)». E poi c’è una terza lettura del digiuno quaresimale, quella del lasciare spazio ad altro: «Spegnere il telefono per leggere un buon libro o una pagina del Vangelo, non accendere la tv per lasciare posto alla riflessione personale. Insomma, fare spazio a qualcosa che possa aiutare a focalizzare meglio il percorso di fede proprio e degli altri».

C’è poi chi afferma che dovrebbe essere sempre Quaresima. «Per me non è una questione di Quaresima o meno – così Valeria Pittarlin, 70 anni, di Torri di Quartesolo -, ma è come si vive la vita quotidianamente: che una persona rinunci al cellulare in Quaresima e il resto dell’anno lo usi anche a tavola, e non ascolti i suoi familiari, è assurdo».

Il tema Quaresima e cellulare è entrato anche nelle case della Congregazione delle Dorotee di Vicenza. «La moderazione dell’uso del telefonino e l’attenzione alla gestione della ricezione delle telefonate è un impegno della nostra comunità – spiega suor Emma Dal Maso, già Superiora generale, che fa parte della comunità di Casa Sacro Cuore in Corso Padova a Vicenza -. Oggi si ricevono telefonate a tutte le ore, con il cellulare si lavora. Questo significa interrompere i momenti importanti e tranquilli della comunità che ormai si riducono alla preghiera e ai pasti».

In Quaresima l’intera Congregazione in particolare cura la preghiera liturgica seguendo le indicazioni diocesane. «Qual è il digiuno che il Signore mi chiede? Questa è la domanda che dobbiamo porci – continua suor Emma -.  C’è un dialogo personale che porta a cercare delle penitenze individuali molto più impegnative di quanto non lo sia un pezzo di carne lasciato sul piatto».

«Personalmente – continua la religiosa -, il periodo quaresimale rappresenta un momento per dedicare più attenzione alla Parola di Dio che non è mai abbastanza.  Un’attenzione particolare va anche all’accoglienza dell’altro che va accettato e apprezzato per quello che è, con i suoi pregi e i suoi difetti».

Il tema del digiuno come rinuncia entra anche nelle aule del catechismo: «La Quaresima è un’occasione per far riflettere i ragazzi sulla possibilità di poter rinunciare a qualcosa a favore di chi ha meno.  Penso ad un piccolo peccato di gola, alla privazione della caramella, della merendina preferita, di qualcosa che dà piacere, compresa la partita ai videogiochi» dice Clarisse Colin, catechista della parrocchia di San Pietro di Vicenza.

«Il digiuno tradizionale rimane valido e attuale –  sottolinea don Andrea Guglielmi, abate di Bassano -. La Quaerima è senza dubbio un’occasione per rileggere il proprio rapporto con il cibo. Oggi abbiamo tutto e il delirio di onnipotenza è sempre in agguato. Pensiamo ad esempio a tutte le occasioni che abbiamo – io, per primo – di andare fuori a cena, di mangiare tutto quello che vogliamo.

In tempo di Quaresima in generale ha senso diguinare da tutte le cose che mi distraggono dal ruolo di parroco. Alcune sembrano indispensabili, ma in fondo in fondo sono inutili».