Banchieri, sul FQ il bluff dei “pieni poteri” che Bankitalia finge di non avere: la bozza del decreto

168
Ignazio Visco e Gianni Zonin
Ignazio Visco e Gianni Zonin

di Carlo Di Foggia da Il Fatto Quotidiano

Se i risparmiatori italiani leggessero solo la stampa ispirata da Bankitalia potrebbero davvero credere che a breve Ignazio Visco avrà “i pieni poteri” per cacciare i banchieri felloni. Quelli che, quando una banca fallisce, accusa di aver gabbato gli ispettori nascondendo loro per anni le peggiori nefandezze, ma che finora non aveva il potere di rimuovere. Dopo il crac della Popolare di Bari, il ministero dell’Economia sembra infatti deciso ad accelerare sul decreto che fa entrare in vigore gli stringenti criteri della direttiva Ue (Crd IV) sui requisiti di onorabilità, correttezza e competenza dei banchieri. La situazione è grave, ma non seria.

La direttiva è del 2013. L’Italia l’ha recepita solo nel maggio del 2015. Da allora, i ministri Pier Carlo Padoan, Giovanni Tria e buon ultimo Roberto Gualtieri si sono ben guardati dall’emanare il decreto attuativo. L’ultima bozza è di settembre e l’accelerazione – risulta al Fatto – nasce da Bruxelles, che ha posto l’approvazione del decreto come condizione per trattare sul salvataggio pubblico della Popolare di Bari. Ora ci si appresta a inviarla al Consiglio di Stato per un parere.

Da settimane il decreto viene spacciato come la panacea di tutti in mali, “una Spazzacorrotti per i banchieri” (copyright, Repubblica). Dopo lo scoppio del bubbone Bari, Visco lo ha indicato al Corriere come lo strumento che mancava, chiesto “pubblicamente e ripetutamente”. Di questa sollecitazione non c’è traccia, ma il governatore ha omesso anche di ricordare che dal maggio 2015 la direttiva Ue gli ha concesso il potere di removal (articolo 53, comma 1, lettera E del Testo unico bancario) che gli permette di cacciare a sua discrezione i banchieri che possono “causare pregiudizio alla sana e prudente gestione della banca”. Incassato il potere, Visco non l’ha usato né per Pop Bari né per altre banche, eccetto il minuscolo Credito di Romagna. Il governatore è sempre in attesa di qualcosa, e dopo l’ennesimo crac bancario l’ha trovato “nell’emanazione delle norme attuative da parte del ministero dell’Economia”.

Il decreto però riguarda i requisiti richiesti per occupare posizioni apicali di un istituto di credito, e si applicherà ai prossimi rinnovi. La bozza – letta dal Fatto – avrà un impatto notevole sui criteri di competenza, con requisiti più stringenti sull’esperienza dei banchieri e il divieto di cumulare troppi incarichi (da cui sono sostanzialmente escluse le Bcc, ma anche i manager indicati dallo Stato). Ma sui requisiti di onorabilità le cose si fanno più sfumate. La procedura è affidata al Cda della banca, che fa la sua valutazione e manda tutto alla vigilanza: decide la Bce per le banche più rilevanti (con oltre 30 miliardi di attivi), con il supporto della Banca d’Italia, quest’ultima da sola nel caso di istituti minori.

L’articolo 3 rende ineleggibile o fa decadere chi è interdetto o ha avuto una condanna definitiva per reati gravi in materia societaria, fallimentare, bancaria e di antiriciclaggio. Il testo fissa poi dei criteri di “correttezza” (articolo 4) che “vengono presi in considerazione”: condanne anche non definitive per gli stessi reati, indagini o processi in corso; anche le sanzioni di Consob e Bankitalia, l’interdizione da albi professionali o l’aver gestito imprese poi fallite vanno “prese in considerazione”.

Lo prescrivono la direttiva Ue e linee guida sulla procedura (tecnicamente Fit and proper) della Bce, che addirittura chiedono di valutare se far decadere un banchiere anche se è stato assolto. Questi fatti, però, nel decreto non impongono la decadenza del banchiere: il cda di ogni istituto può infatti decidere di non considerarli se comunque “è preservata la sana e prudente gestione della banca”.

Conterà “l’oggettiva gravità dei fatti commessi”, se il soggetto si è “ravveduto” etc. Due anni fa, accompagnato da Visco, il capo della vigilanza di Bankitalia spiegò in audizione davanti alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche che Marco Morelli, messo al vertice di Mps nonostante la pesante sanzione ricevuta da Bankitalia per fatti “gravissimi” commessi come dirigente dello stesso Montepaschi, era risultato in regola anche alla luce delle nuove regole, nonostante non fossero ancora in vigore.

Morelli lascerà ad aprile Mps. Victor Massiah di Ubi, imputato nel processo a Bergamo traballa dopo l’offerta di Intesa per prendersi l’istituto. Ora si può chiudere la stalla a buoi scappati. Ma alla fine la porta rimarrà socchiusa.