“Ripristineremo la normalità appena saremo sicuri di cosa sia in ogni caso il normale. Grazie”. È una frase tratta dal romanzo di fantascienza (umoristica) di Douglas Adams “Guida galattica per gli autostoppisti” e pubblicato nel 1979.
Nelle ultime settimane, a causa dell’emergenza sanitaria venutasi a creare per la diffusione del coronavirus (o covid-19), |anche la vita ecclesiale e pastorale della Diocesi ha subito uno “stato di eccezione”|: niente messe, niente riunioni, niente assembramenti, niente attività parrocchiali o associative.
Ovviamente, come sempre in queste situazioni, sono emerse due grandi fazioni: gli apocalittici che polemizzano contro queste “restrizioni” e gli integrati che, invece, interpretano questo “stato di eccezione” in maniera entusiasta. Le cose, però, sono più sfumate e occorre stare concentrati “contro gli opposti estremismi”.
|Lo “stato di eccezione” ha fatto saltare la normalità delle cose: sapremo ripristinarla?| E, riprendendo la citazione di “Guida galattica per gli autostoppisti”, saremo sicuri di cosa sia in ogni caso il “normale”? Queste domande riguardano la capacità o la possibilità di riprendere la regolare prassi della nostra vita parrocchiale ed ecclesiale.
Sarà possibile, ad esempio, ritornare alla normale distribuzione dell’eucaristia “o in mano o in bocca”? Come sarà riprendere le nostre “normali” assemblee, riunioni, attività di massa? Cosa significherà vivere le “normali” relazioni o interazioni parrocchiali? Sarà possibile considerare “normale” il panico che ci ha colti, le razzie di pasta nei supermercati, l’inquietudine che ci ha preso all’idea che le nostre riunioni o i nostri incontri sarebbero saltati?
Tante abitudini pastorali sono “saltate” e non è finito il mondo: chi ha potuto e voluto ha pregato in famiglia o per conto proprio o utilizzando i media; c’è stata la possibilità di coltivare gli incontri e le relazioni personali; mai come il mercoledì delle ceneri di quest’anno ci ha dato la possibilità di vivere concretamente il segreto di cui parla il vangelo di Matteo (“Quando tu preghi, entra nella tua camera, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”, Mt 6,6); |abbiamo assaporato il gusto e il fascino di una fede intima e discreta; abbiamo potuto sentire la nostalgia della liturgia comunitaria e sperimentare la mancanza della comunità|; abbiamo potuto toccare con mano il deserto della prima domenica di quaresima e chiederci cos’è essenziale nella nostra vita.
Proprio da questo forse dovremo “ripartire”: cos’è essenziale alla nostra vita (quotidiana, cristiana, cittadina)? |Cos’è normale oggi (nella pastorale, nella vita spirituale, nella prassi quotidiana)? E cos’è che ci manda in panico?|
“NON FATEVI PRENDERE DAL PANICO” è il motto della Guida galattica per gli autostoppisti. In questi giorni abbiamo sentito spesso ripetere queste parole: “Niente panico”. Viviamo in un contesto sociale nel quale il panico è sempre dietro l’angolo; viviamo in “città panico” (come scriveva il filosofo Paul Virilio all’indomani dell’11 settembre 2001). Per non cadere nel panico occorre tornare a porsi domande fondamentali e prepararsi a vivere in una normalità che non è più normale.