Presentato il libro”Don Pierangelo Rigon”: celebrò anche la messa in latino per unire e non dividere. La Voce del Sileno anno 3

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Sabato 17 alle ore 16,30 nella Chiesa di San Pancrazio ad Ancignano- Sandrigo è stato presentato il libro: Don Pierangelo Rigon (1957-2016), Per meditare. Peregrinatio ad Dominum, edito da Il Sileno Vicenza. Il volume raccoglie in forma di riflessione molti temi della chiesa cattolica, tratti dai numerosi scritti del sacerdote. Il significato del testo, attraverso una importante espressione del sacerdote scomparso nel 2016 è ben evidenziato da Don Giovanni Sandonà, parroco dell’Unità Pastorale di Sandrigo nella Presentazione con parole di don Pierangelo:” mettiamo insieme tutto il bene che c’è dentro in ciascuno di noi e ne trarrà vantaggio tutta la comunità.
Un’indicazione di stile per ogni fedele che particolarmente fa propria il sacerdote che guida una comunità, dove le diverse persone si ritrovano in unità, che è insieme concordia e pace.

Il sacerdote vicentino, dopo gli studi nel locale Seminario e l’inizio del servizio ai fedeli, ha frequentato a Roma alla Pontificia Università Sant’Anselmo di Roma, dove conseguì la licenza e il dottorato in Sacra Liturgia: è stato l’unico sacerdote della diocesi vicentina a conseguire tale titolo. Ma non sono i titoli a certificare quanto don Pierangelo amasse la preghiera liturgica, perché la Liturgia è la preghiera che i fedeli insieme, riuniti nel Cenacolo, compiono con la guida del sacerdote, facendo memoria della morte/ressurrezione di Gesù Cristo e della rendenzione, che è la gioia, da Lui portata come dono agli uomini.
Nel 2005 don Pierangelo assunse la guida della parrocchia di Ancignano e la tenne sino alla scomparsa, avvenuta il 17 febbraio del 2016; qui presentò subito lo stile del suo servizio: “Ciò che penso di potervi dare è il mio amore per Gesù Cristo presente soprattutto nella chiesa celebrante (che non vuol dire solo «messe»). Tenterò di essere maestro di preghiera, testimone di quanto sia grande e bello l’incontro con Dio nella liturgia, nella celebrazione dei Misteri Divini, specialmente l’Eucaristia alla Domenica.“.

Infatti, la sua attività si rivolse a tutti i parrocchiani, seguendo quell’esempio di parroco che fu il Curato d’Ars (San Giovanni Maria Vianney) e si adoperò moltissimo per il restauro della bella chiesa settecentesca, che necessitava, insieme al campanile, di importanti interventi. Curò anche la costituzione di Ancignano il Museo della Liturgia e della Pietà Popolare, dedicato al cardinale Alfredo Ildefonso Schuster (1880 – 1954)
Nonostante i guai di salute, Don Pierangelo continuò sempre la sua opera con grande disponibilità, che si evidenziò quando assunse la preoccupazione di celebrare, dopo il Motu proprio di papa Benedetto XVI, secondo il Messale romano in uso nel 1962, incarico ricevuto dai vescovi C. Nosiglia e B. Pizziol, dapprima nella chiesa di San Rocco a Vicenza e poi stabilmente ad Ancignano, dove una piccola comunità in sintonia con tutti i fedeli della parrocchia partecipava alla S. messa in latino.

Questo suo impegno continua con il sacerdote don Cristiano Mussolin. La celebrazione secondo quanto prescritto da papa Benedetto è parte della lex orandi della Chiesa, non qualcosa di separato, che divisione, come talora intendono delle associazioni che vociferano perfino contro il papa, perché non adotta solo quella celebrazione che unica ritengono valida, ossia quella del 1570, quasi dimenticando che essa subì dei cambiamenti ad opera dei papi, tra gli ultimi quelli di San Pio X e Pio XII, fino ai cambiamenti voluti nel 1962 da San Giovanni XXIII, ma si conosce che c’è sempre chi ne sa di più del papa. Purtroppo costoro riducono le celebrazioni più ad un atto formale (ars celebrandi), che atto non di preghiera, tanto che sembra facciano propria l’affermazione di F. Cavallotti: “Sarà il caso di vedere se per ritemprarci al gusto antico vi sia bisogno di farci dare anche gli abiti (o i paramenti) a prestito (o acquistandoli) dai nostri nonni”. (Prefaz. alla traduz. di Tirteo).
Il servizio ai fedeli ebbe in don Pierangelo sempre continuità con la predicazione, la vicinanza e gli scritti soprattutto per i parrocchiani e questi sono oggi un’importante fonte, in tempi difficili, sull’importanza della fede, della speranza e della carità e così si esprimeva: “Il sacerdote: l’uomo della Parola e del Sacramento. Parola di cui è ministro e servo. Parola in cui dovrò credere, Parola che dovrò insegnare, Parola che dovrò soprattutto vivere.” Lo fece da testimone.
Ricordare alcune tracce di pensiero, di meditazione e soprattutto di servizio sacerdotale di don Pierangelo possono certo costituire quei segnacoli che ciascuno di noi può trovare nel suo cammino di uomo e di cristiano. Avrà così occasione per soffermarsi e riflettere sulla propria vita di fede, di speranza e di carità. Queste vanno sempre congiunte con la preghiera, questo servizio divino interiore, capace di congiungere la devozione con la prospettiva della verità e del bene, come indicava Santa Teresa d’Avila.
Possiamo certo riassumere la vita e il servizio sacerdotale di don Pierangelo con le parole del Salmo 26, 4: “Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: / abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la bellezza del Signore e ammirare il suo santuario.” Che non è sede di incontri, di celebrazioni perché affermava don Pierangelo: “La vera santità dell’azione liturgica è lontana dal formalismo, dall’emotività, di facili entusiasmi di folla.
In questo il presbitero vicentino era in sintonia proprio con ciò che il Concilio vaticano II, Presbytreriorum Ordinis, precisava: “Di ben poca utilità saranno le cerimonie più belle o le associazioni più fiorenti se non sono volte ad educare gli uomini alla maturità cristiana.” Per la chiesa, ben lo afferma papa Francesco, “senza l’amore, sia la vita sia la fede rimangono sterili.” (Angelus del 29 ottobre 2017).
Così gli interventi di don Pierangelo nelle omelie, pubblicazioni scientifiche e particolarmente in quelle della parrocchia, nei giornali, attestano la sua attività di sacerdote accanto a tutti coloro che a lui si rivolgevano con fiducia. Come testimonia anche la sua attività di ricercatore instancabile nella liturgia, il suo servizio nei sacramenti che deve essere ben ricordato, perché, facendone memoria, noi continuiamo nel cammino della fede anche senza di lui presente, ma vicino ed orante in ben più alta liturgia., Ciò in sintonia con quello che indicavano i suoi amati, il cardinale Alfredo Idelfonso Schuster e il Curato d’Ars. Affermeremo così la nostra fede, mantenendoci vicini ai nostri sacerdoti per aiutarli e con la consapevolezza che se mancano, temo, come diceva il curato d’Ars, si ameranno più i cani dei cristiani!
Così tra le tante meditazioni che è possibile trovare nel volume, quella dedicata ai giovani mostra tutta la preoccupazione di Don Pierangelo e la necessità di precisi e rilevanti interventi che si stanno promuovendo con il prossimo Sinodo dei giovani, scriveva: I giovani: “Non li educhiamo a divertirsi, e a divertirsi bene, senza rovinare se stessi e gli altri. Io non so come si possa fare questo, ma mi sembra urgente farlo prima che sia troppo tardi.
Un compito che spetta ai sacerdoti e ad ogni uomo di buona volontà, perché di bene ne abbiamo sempre bisogno e sempre questo va fatto bene e don Pierangelo in questo è esempio.

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