Tre leve per dare respiro e futuro alle piccole imprese venete. L’urgenza sono i presidi per dare sicurezza al personale, di concerto l’accesso semplificato e veloce al credito. In prospettiva, una profonda riprogettazione della politica economica, a partire dalla Regione per arrivare all’Europa.
Se queste leve saranno azionate nella giusta sequenza, il Veneto potrà guardare con maggiore ottimismo al dopo Covid-19. Ne è convinta Confartigianato Imprese Veneto che per questo lancia un appello e alcune proposte.
Il primo e più urgente fronte riguarda il mantenimento dell’attività in condizioni di sicurezza. Tutte le misure e i protocolli concordati tra associazioni imprenditoriali e organizzazioni sindacali rischiano di vanificarsi senza un’efficace logistica dei presidi.
Oltre alle difficoltà del mercato, le imprese devono fare in conti con una assurda situazione che le vede lottare contro la difficoltà di disporre di dispositivi di protezione e mascherine. A questo si aggiunge una sequenza di indicazioni confuse, che lasciano le imprese sole di fronte al timore dell’efficacia dei dispositivi e alla valutazione se proseguire o meno nell’attività. Serve più coordinamento.
Il secondo fronte, altrettanto urgente, riguarda la liquidità necessaria per sopravvivere. Servono linee di credito per la liquidità aziendale con procedure snelle. Per questo Confartigianato Imprese Veneto chiede che si intervenga con un sostegno pubblico, affinché siano azzerati i costi che le imprese dovranno sostenere per le moratorie di mutui. Vanno poi tenuti aperti i rubinetti del credito alle imprese, congelando la valutazione del loro merito creditizio alla situazione precedente alla crisi evitando che, oltre al danno, ci sia la beffa di sentirsi rispondere che non possono avere credito perché hanno i dipendenti a casa con gli ammortizzatori sociali.
In questa situazione è indispensabile mettere in campo ogni strumento utile a difesa delle imprese artigiane e delle MPI che nel tempo hanno dimostrato di essere elemento fondamentale di coesione sociale. Ora più che mai non possiamo permetterci che tutto ciò venga meno.
Tutte queste strategie emergenziali sarebbero, infatti, insufficienti se non cominciassimo già oggi una seria e profonda riflessione sistemica sul futuro. Aspettare la conclusione dall’emergenza significa arrivare in ritardo, con posizioni già definite da altri e non essere tra coloro che hanno concorso a orientare i piani per la ripartenza.
Comprendere le priorità che stanno emergendo è fondamentale per una revisione della politica economica ad ogni livello, incluso quello regionale. Il quadro di riferimento è favorevole, con l’annunciata massima elasticità nei confronti dell’Italia, nella fase emergenziale, da parte dell’Unione europea, non escludendo anche l’utilizzo dei fondi strutturali.
In cima alla lista il sostegno alle MPI oggi attive e il loro accompagnamento nella fase di transizione post emergenza. Un primo passo è consentire alle pubbliche amministrazioni, e in particolare agli enti locali, di spendere le risorse di cui dispongono per i progetti spesso già approvati per manutenzioni e interventi locali.
In secondo luogo, serve una nuova visione per la programmazione di livello regionale. Le risorse attualmente non impegnate, tra FESR e FSE, vanno orientate verso poche ma efficaci misure di sostegno alle imprese e alle loro risorse umane, partendo dai settori maggiormente colpiti per effetto delle restrizioni dell’emergenza.
Le misure dovrebbero avere carattere di urgenza, semplicità di attivazione e durata limitata nel tempo, privilegiando strumenti finanziari.
Affinché ci possa essere spazio poi per una nuova programmazione regionale che risponda efficacemente alla straordinarietà della situazione è necessario un intervento normativo. La bozza di regolamento che modifica i vincoli di destinazione dei fondi gestiti dai piani operativi regionali è già in corso di esame da parte del Parlamento europeo. Eccessive limitazioni o concessioni troppo esigue renderebbero inattuabile o inefficace la proposta. Il tempo stringe e gli interessi in campo sono molti, il Veneto deve far sentire la sua voce.