Coronavirus, danni all’ambiente favoriscono i virus: Arpav replica che non c’è alcuna associazione causale verificata

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Inquinamento
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A varie altri articoli al riguardo, anche su quotidiani nazionali come Il Sole 24 Ore, e al nostro col titolo “Coronavirus, danni all’ambiente favoriscono i virus: pianura Padana al top del contagio e Vicenza è tra aree più inquinate del Veneto” replica Arpav con la nota “tra Coronavirus Covid-19 e inquinamento atmosferico nessuna associazione causale verificata, servono cautela e approccio scientifico. Fondamentale invece mantenere alta l’attenzione su misure igieniche e distanziamento sociale“.

Ve ne diamo conto di seguito per opportuna conoscenza sicuri che non solo noi ma anche altri dovranno tornare sull’argomento (qui la situazione ora per ora sul Coronavirusqui tutte le nostre notizie sull’argomento, ndr).

La nota dell’Arpav

A proposito dell’ipotesi che esista una relazione tra inquinamento atmosferico e diffusione del contagio da Covid-2019, abbiamo visto pubblicare, in questi giorni, documenti proposti prematuramente alla stampa e sui quali si sono scatenati dibattiti improvvisati, cui non si sono purtroppo sottratti neppure donne e uomini di scienza.

La valutazione di tutti gli aspetti legati alla salute, inclusa la dinamica epidemiologica in atto e le modalità di diffusione del virus, sono come noto di esclusiva competenza delle Autorità Sanitarie.

Dal punto di vista di ARPAV, tuttavia, è possibile affermare con chiarezza che, al momento, non esistono studi approvati e condivisi dalla comunità scientifica in grado di dimostrare che la diffusione del Coronavirus sia causata dall’inquinamento da particolato atmosferico. Sarebbe bene, quindi, in un momento di difficoltà come quello che stiamo attraversando, evitare in tutti i modi di diffondere informazioni non verificate, né alimentare contrapposizioni ideologiche. In questa fase critica della vita del nostro Paese queste polemiche sono molto dannose, perché generano incertezza nelle persone.

I documenti circolati in questi giorni a sostegno della correlazione tra inquinamento e contagio non sono studi approfonditi, pubblicati e rivisti dalla comunità scientifica, con il principio della “peer review” e secondo i crismi riconosciuti della ricerca, in cui le ipotesi sono sottoposte a plurime verifiche applicando il

canone epistemologico della falsificabilità.

Maggiore attenzione dovrebbe essere prestata da tutti, e non solo dai ricercatori, nel riprendere tali notizie, perché in questi momenti è necessario, soprattutto per chi rappresenta una fonte informativa, fornire informazioni sobrie, oggettive e verificate.

Quel che è certo è che ad oggi non c’è evidenza alcuna di un “legame causa-effetto” tra inquinamento atmosferico e diffusione del virus. Le correlazioni talvolta evidenziate non sono infatti sufficienti ad affermare relazioni di causalità. E se, in via generale, si possono correlare fenomeni di ogni genere, ciò non significa che ci sia un legame causale tra le variabili osservate. Una “correlazione” non comporta infatti automaticamente un “rapporto causa-effetto”, che necessita invece di conferme più solide: è necessario a tal fine disporre di molti dati e di serie storiche lunghe, nonché verificare tutte le ipotesi e depurare le analisi dai cosiddetti “fattori confondenti” .

Certo è che queste polemiche sui supposti effetti e fattori ambientali non devono distogliere nessuno dalle indicazioni davvero importanti fornite dal mondo medico scientifico e che sono acclarate come elementi decisivi per contenere la diffusione del virus, ovvero il distanziamento sociale e l’igiene personale.

Stare a casa; attività lavorative in presenza solo se indifferibili; tenere sempre come minimo un metro di distanza dalle altre persone; lavarsi le mani bene e spesso; non toccarsi il viso. Queste sono le indicazioni degli Enti competenti (ISS, OMS).

Tutto il resto sono in questo momento mere illazioni.

La inopportunità e il pericolo dell’aver diffuso considerazioni sulle polveri come fattore di accelerazione dell’epidemia (cosa di cui, ripetiamo, non c’è ad oggi evidenza scientifica) e nell’avergli dato una risonanza mediatica sproporzionata, stanno nel rischio che qualcuno possa allentare precauzioni e misure di sicurezza “perché il virus sta nell’aria e nella polvere”.

Su tutto il resto, ARPAV e SNPA possono fare e faranno, come sempre, la loro parte, fornendo tutte le conoscenze e i dati disponibili alle Autorità sanitarie, permettendo così a chi di dovere (ISS, ISPRA, CNR, una commissione mista congiunta salute ambiente… ) di esprimersi, anche nel valutare le variabili ambientali.