Roma chiama, Vicenza non risponde… e libera Intesa Sanpaolo dai danni ai soci BPVi. A rimetterci sono ancora i soci della vicentina rispetto a quelli di Veneto Banca

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Delusione ed amarezza tra le tante vittime del dissesto della BPVi le quali riponevano fiducia nella decisione del gup nell’udienza preliminare in corso da dicembre sulla richiesta di rinvio a giudizio dei sette imputati (oltre alla banca stessa come persona giuridica) i quali devono rispondere a vario titolo di aggiotaggio, ostacolo alle attività di vigilanza e falso in prospetto. A Roma, nel processo “gemello” su Veneto Banca, il gup Lorenzo Ferri ha autorizzato la citazione del responsabile civile Banca Intesa, mentre a Vicenza il gup Roberto Venditti ha detto no.

Eppure, dal punto di vista degli elementi oggettivi, le due situazioni sono molto simili e Banca Intesa è l’istituto che, per effetto del decreto governativo del 25 giugno scorso, è subentrato sia a Veneto Banca che alla BpVi al prezzo complessivo, ovviamente simbolico, di un euro.

Difficile trovare delle diversità tra il suo obbligo di rispondere per l’operato della banca di Treviso, ma non per quella vicentina. Il giudice sostanzialmente ha rilevato che, se anche fosse incostituzionale la norma del decreto che disciplina gli effetti, ciò sarebbe irrilevante perché varrebbe comunque l’accordo tra le parti. Di segno totalmente opposto la posizione dei legali delle organizzazioni dei consumatori per i quali la più che probabile incostituzionalità della norma cambia tutto, né potrebbe in alcun modo sanare gli effetti di pattuizioni tra le parti, comunque non opponibili ai terzi.

Il decreto legge 99 del 25 giugno esonera espressamente Banca Intesa da ogni responsabilità verso le vittime degli istituti ai quali essa è subentrata. Una legge “contra personas” in quanto penalizza specificamente, escludendoli da possibilità risarcitorie, i soci e gli acquirenti di prodotti finanziari subordinati.

Sembrava impossibile escludere la rilevanza diretta nel procedimento in corso dell’eccezione di incostituzionalità: il decreto varato dal governo il 25 giugno scorso violerebbe innanzitutto il principio di uguaglianza delle vittime dei dissesti bancari in quanto quelli delle due banche venete sarebbero privati di ogni azione risarcitoria senza alcuna motivazione plausibile e inoltre permane la situazione grottesca della mancata pubblicazione di un provvedimento che dica con esattezza, sette mesi dopo, che cosa esattamente sia stato ceduto. La ricostruzione dettagliata delle partite oggetto del trasferimento delle banche venete a Intesa San Paolo avrebbe dovuto essere fatta prima e non dopo e anche questo è motivo di eccepita incostituzionalità.

No quindi alla questione di legittimità costituzionale, no anche alla possibilità di citare per danni Banca Intesa.

E dire che la continuità della responsabilità civile ha già avuto recenti precedenti giurisprudenziali, in occasione del subentro di Ubi a CariFerrara, CariChieti e Banca Marche. In questi tre casi altrettanti tribunali hanno sancito la responsabilità risarcitoria della banca subentrante ma, in tali situazioni, non c’era un atto normativo specifico a disciplinare direttamente e pesantemente le situazioni in atto. A Roma l’autorizzazione ha segnato una novità giurisprudenziale di grande rilievo. A Vicenza è andata in senso opposto e noi avevamo percepito qualcosa anche alla luce della data prescelta per l’udienza successiva, il 17 febbraio. In appena nove giorni, tra l’8 e il 17 febbraio, sarebbe stato difficile procedere agli adempimenti necessari per la citazione del responsabile civile.

Gongolano gli imputati la cui difesa ha sollevato anche questioni in merito ad una presunta nullità del decreto di citazione ed altre ne hanno annunciato in tema di competenza territoriale.

Amarezza in seno alle organizzazioni dei consumatori alle quali non basta il sequestro di beni per un valore di 106 milioni disposto in precedenza dal pubblico ministero, anche perché risulta gravemente limitativo fissare a tale cifra il danno stimato che il magistrato ha collegato esclusivamente al valore dell’aumento di capitale del 2014.

Il giudice ha autorizzato invece la citazione del responsabile civile BpVi in liquidazione coatta amministrativa. Decisione poco utile ai tanti risparmiatori che si ritengono truffati perché la vecchia banca, di fatto fallita, non è in grado di soddisfare alcun creditore.

Già nell’ultima udienza, il giudice, contrariamente a quanto deciso a Roma, aveva rigettato la richiesta di costituzione di parte civile di coloro che hanno sottoscritto una transazione.

Nel processo sono imputati la BpVi come persona giuridica e sette loro ex dirigenti accusati di aggiotaggio, ostacolo alle attività di vigilanza e falso in prospetto: l’ex presidente Gianni Zonin, l’ex direttore generale Samuele Sorato, l’ex consigliere d’amministrazione Giuseppe Zigliotto, gli ex vicedirettori Emanuele Giustini (responsabile divisione mercati), Andrea Piazzetta (area finanza), Paolo Marin (divisione crediti), nonché il dirigente che redigeva materialmente il bilancio Massimo Pellegrini.