Nel pacchetto degli asset deteriorati di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza destinati alla Sga dovrebbe rientrare anche una parte, nell’ordine di qualche centinaio di milioni, dei quattro miliardi di crediti giudicati «in bonis» ma «ad alto rischio». Crediti rilevati a giugno da Intesa Sanpaolo con la possibilità di rigirarli al Tesoro dopo la due diligence. La previsione, a quanto risulta al Sole 24 Ore, è scritta nel decreto dell’Economia che dà l’avvio ufficiale alla cessione degli Npl alla Sga, e che dopo una serie di stop and go è ora sul tavolo del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan per la firma e l’emanazione che dovrebbe arrivare a ore.
Proprio il complesso lavoro di ricostruzione degli asset da cedere alla Sga per avviare il recupero spiega il tempo che si è rivelato necessario per la definizione del provvedimento. Il decreto fissa le condizioni di partenza per la sfida alla base del «salvataggio» delle venete. Sul piatto dell’operazione, Via XX Settembre ha messo un esborso immediato da 5,2 miliardi di euro, finanziato con il debito pubblico aggiuntivo messo a disposizione dal decreto banche di fine 2016, e una parte di questa cifra (400 milioni) è servita a finanziare garanzie potenziali su rischi futuri fino a 12 miliardi. E queste garanzie hanno costituito un ombrello proprio per la retrocessione di crediti che non risultassero in bonis oppure per coprire crediti da etichettare come in bonis ma ad alto rischio.
Una volta in vigore, il decreto avvierà il trasferimento degli asset a Sga, e accenderà la macchina che secondo le ambizioni governative dovrebbe riportare negli anni in positivo per le finanze pubbliche il saldo dell’operazione. L’impegno totale dello Stato vale 10,6 miliardi, perché ai 5,2 di esborso immediato si aggiungono i 5,4 di sbilancio iniziale dei due istituti. Dalla valorizzazione dei crediti, da mettere sul mercato attraverso bandi che dovrebbero coinvolgere più di un operatore, secondo i calcoli di Bankitalia si potrebbero però recuperare nel tempo fino a 9,9 miliardi di euro, di cui 4,2 a valere sulle sofferenze e 5,4 sulle inadempienze probabili (gli altri 300 milioni erano collegati alla vendita delle partecipazioni estere). Aggiunti agli 1,7 miliardi di equity e partecipazioni, un risultato del genere porterebbe in tutto 11,6 miliardi, cioè un miliardo in più degli impegni complessivi.
Naturalmente il conto va ritoccato con la possibile retrocessione da Intesa di una parte dei 4 miliardi inizialmente ceduti a Intesa, e in ogni caso per passare dal preventivo al consuntivo serviranno anni. Anni di attesa che toccheranno anche agli oltre 10 mila creditori che si insinueranno al passivo ma che, come spiegato da Fabrizio Viola in commissione banche, prima di ottenere i rimborsi dovranno aspettare il recupero dei 5,2 miliardi già spesi dallo Stato.
di Gianni Trovati, da Il Sole 24 Ore