Mascherine, le opinioni degli esperti raccolte da Rep: utili nei luoghi chiusi, non all’aperto o se c’è distanza. Attenzione all’uso

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Mascherine a protezione della popolazione (foto d'archivio non indicativa del tipo di presidio da utilizzare)
Mascherine a protezione della popolazione

Alcune Regioni, come la Lombardia e la Toscana hanno deciso di renderle obbligatorie, altre le hanno imposte nei negozi e negli uffici. E neanche gli scienziati sono tutti d’accordo sulla loro utilità. Ma le mascherine chirurgiche servono davvero contro il coronavirus?

«Il loro utilizzo – dice Walter Ricciardi, consulente del ministero alla Salute – è finalizzato soprattutto ad evitare l’emissione di goccioline di saliva da parte delle persone. Indossare una mascherina al di fuori delle strutture sanitarie offre poca protezione dalle infezioni ma comunque può portare un beneficio. Tra l’altro è ormai chiaro che questi oggetti hanno un ruolo simbolico, sono non solo dispositivi medici ma talismani che possono contribuire ad aumentare il senso percepito di protezione nella popolazione».

Per Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità «nei luoghi chiusi, dove può essere difficile mantenere le distanze sicuramente la mascherina aiuta. Resta comunque la fortissima raccomandazione al distanziamento fisico e al lavaggio delle mani. Per quanto riguarda la protezione delle vie aeree c’è una duplice valenza delle mascherine, sia quando siamo portatori di una patologia e potremmo diffondere intorno a noi le famose goccioline, (come potrebbe accadere alle persone positive che non sanno di esserlo), sia quando bisogna proteggersi da altre persone che possono veicolare la malattia. In questo senso nei luoghi confinati la mascherina aiuta a tutelarsi dal contagio».

Quando non c’è bisogno di usare la mascherina?

«Se si sta all’aria aperta e si mantiene una distanza sufficiente dalle altre persone non c’è bisogno di indossarla continuamente», spiega Massimo Andreoni, ordinario di Malattie infettive a Tor Vergata.

Sciarpe, foulard e altri indumenti proteggono dal virus?

Secondo Paolo D’Ancona dell’Istituto superiore di sanità «sono come le mascherine non chirurgiche, quelle non certificate usate ad esempio per l’inquinamento, che non hanno certificazione come dispositivo medico. Qualunque tessuto, qualunque forma di schermo che frappongo tra bocca ed esterno è chiaramente meglio di niente. E poi non sappiamo quanto è fitto quel tessuto, cosa filtra realmente o quanti giri si fanno fare alla sciarpa intorno al collo. In quel caso, in comunità può esserci una protezione ma non si può dire di che tipo».

Andreoni aggiunge: «La mascherina ha una funzione meccanica e tutto ciò che riesce a svolgere una attività di filtro, magari un tessuto a trama molto, fine può fare comunque da barriera. Ovviamente la mascherina per come è fatta garantisce buona respirazione e grande filtraggio, cose che insieme i tessuti non assicurano sempre».

Quanti sono i tipi di mascherine?

Tre, due con uso professionale e una per uso in comunità. Le classiche mascherine chirurgiche sono dei dispositivi medici che proteggono dal droplet, cioè dalle goccioline che hanno una dimensione da 50 micron in su.

«Sono nate, come dice il nome, per non far infettare dal medico il paziente che viene operato – dice Paolo D’Ancona – Adesso però abbiamo a che fare con un virus che viene trasmesso attraverso delle goccioline, e così in un decreto le mascherine chirurgiche sono state indicate come dispositivi di protezione».

A differenza di molti altri suoi colleghi poi D’Ancona è convinto che le chirurgiche «fungono da barriera e filtrano sia in entrata che in uscita. Non proteggono invece quando abbiamo a che fare con goccioline molto piccole cioè aerosol».

Quali sono i modelli utili per le particelle più piccole?

Quando si ha a che fare con gocce di 5 o 10 micron, che si sprigionano ad esempio durante alcune procedure mediche come le broncoscopie o alcuni tipi di ventilazione meccanica, entrano in gioco i filtri facciali. Indica questo la sigla ff, mentre p sta per protezione. Quindi parliamo di ffp2 o ffp3. In caso di aerosol, le prime proteggono almeno dal 92% delle particelle e le seconde, che aderiscono meglio proteggono almeno al 98%. Possono essere con o senza filtro. Se hanno il filtro l’operatore respira meglio grazie a una valvola che la espirazione. In quel caso, però, il filtro funziona solo in ingresso ma non in uscita quindi se chi le indossa è malato c’è un rischio che possa contagiare qualcuno. Del resto sono presidi nati per proteggere chi li indossa.

Ci sono rischi legati all’utilizzo delle mascherine chirurgiche?

«La discussione internazionale adesso riguarda anche il rischio che indossando la mascherina ci si senta troppo sicuri – dice D’Ancona- E poi in tanti la mettono molto male, non coprono il naso o il mento, non la fanno aderire al viso perché non la stringono abbastanza, oppure toccano la parte esterna, dove può annidarsi il virus. Bisogna ricordare poi che questi strumenti perdono il potere filtrante a causa dell’umidità prodotta dal respiro o dello sporco e quindi vanno usati solo per poche ore. Se si utilizzano per poco tempo, magari per fare la spesa, possono essere riposte ma è importante ripiegarle sempre in due mettendo all’interno la parte esterna, quella di solito colorata, per non rischiare contaminazioni».

Quanto costano le mascherine chirurgiche?

In farmacia e nei negozi si trovano a prezzi compresi tra 1,5 e 3 euro l’una, anche se la cifra varia in base alla quantità che se ne acquista. Le Regioni un tempo le compravano per gli ospedali a 3 centesimi l’una ma con l’epidemia il costo anche per il servizio pubblico è aumentato, arrivando a cifre comprese tra 1 e 2 euro.