Madri all’unisono: «Dove “mettiamo” i figli?»

161

Giorgia, 35 anni, impiegata di Arzignano, 3 figli, l’ultima nata da due mesi: «Mio marito è insegnante, la mattina è impegnato con le lezioni, il pomeriggio con riunioni e consigli di classe. A giugno mi scade la maternità obbligatoria, se volessi tornare al lavoro come faccio?». Fabiana, 43 anni, titolare di un’agenzia di comunicazione a Vicenza, madre di un ragazzino di 10 anni: «Mio figlio ha bisogno di muoversi, di incontrare gli amici. Ho scritto a un conoscente che ha una fattoria didattica. Posso contattare alcune mamme, organizzare un pulmino che li venga a prendere e li riporti a casa». Marta, di Malo, 2 figli: «Bene lo smart working, ma concentarsi con un bimbo di 4 anni che fa i capricci, vuole essere preso in braccio, combina guai in continuazione, provateci voi. Io tornerei volentieri in ufficio». Domenica sera (26 aprile) con Giorgia, Fabiana e Marta davanti al volto del premier Giuseppe Conte in tv c’erano migliaia di madri piene di aspettative. Aspettative, ancora una volta deluse. Il giorno dopo, il 27 aprile, Conte ha cercato di rimediare annunciando ai giornalisti che “il Governo sta studiano un piano specifico per l’infanzia, anche in prospettiva dell’estate”. Piano non ulteriormente specificato. Il Governo continua ad ignorare i bambini e di conseguenza le famiglie. Dal 4 maggio – giorno di avvio della fase 2 – non ha messo in campo nessun nuovo strumento concreto per agevolare la gestione dei figli. Molti genitori torneranno al lavoro e inevitabilmente – non ci sono alternative – comincerà il tetris dei nonni, quest’anno condito con il senso di colpa.

Conte ha confermato i bonus baby sitter, ma 600 euro sono pochi e non ci spiega come trovare una tata affidabile e sana. Prorogati anche i congedi parentali validi solo per chi ha un lavoro stabile e richiesti quasi esclusivamente dalle donne che ancora una volta rinunciano all’ufficio (e alla carriera) perché guadagnano meno dei mariti. Non si può poi dare per scontato che con uno stipendio dimezzato il bilancio familiare tenga. Le due misure sono considerate insuffi cienti anche dal Governatore del Veneto Luca Zaia che la settimana scorsa ha scritto una lettera al Presidente del Consiglio: «Se fosse del tutto esclusa la possibilità di riprendere le lezioni anche nella fase finale dell’anno scolastico – si legge – data la ripresa dall’attività lavorativa si dovranno adottare strumenti di supporto alle famiglie che hanno minori, sia nelle scuole dell’infanzia, che in quelle dell’obbligo».

Roma tace, ma il Veneto si sta muovendo. Zaia vorrebbe aprire tutto quello che è possibile per aiutare le famiglie in estate: scuole, centri estivi, parrocchie. L’idea è di mettere in piedi un sistema virtuoso: «Stiamo pensando alle scuole paritarie (da 0 ai 6 anni), che potrebbero restare aperte anche durante l’estate. In Veneto ospitano 90mila bambini, sono un caso unico in Italia». 

«A soffrire di più sono proprio i bambini della scuola dell’infanzia continua Giorgia -. Per loro non c’è la didattica a distanza, tutto si basa sul gioco; bisogna organizzarsi e inventarsi ogni giorno qualcosa. La giornata è lunga. Ho cercato di mantenere i ritmi di prima, c’è l’orario della sveglia, della merenda. In cucina abbiamo appeso il menù come a scuola. C’è il momento della lettura, della torta da fare insieme, della preghiera. La routine li aiuta molto, altrimenti diventano nervosi, ma è davvero impegnativo. I bambini hanno bisogno di socialità».

Molte idee per la gestione dei figli nella fase due arrivano da un gruppo Facebook nato un paio di mesi fa. Si chiama il ‘Cantiere delle donne’, oggi ha quasi 3.000 membri e raccoglie le richieste e la rabbia di imprenditrici, giornaliste, impiegate, libere professioniste, rappresentanti del mondo del commercio, dell’arte, dell’industria che stanno subendo le conseguenze di questo lungo periodo di isolamento. «Abbiamo parlato con l’assessore regionale Elena Donazzan, con la deputata Sara Moretto – spiega una delle fondatrici Alessia Da Canal, 53 anni, giornalista (nella foto la seconda da sinistra con alcune delle fondatrici, tutte venete, nel Caffè Letterario di Padova, dove tutto è cominciato) -. Questo giovedì, alle 18, è in programma una videochiamata in diretta su Facebook con Emma Bonino e venerdì, sempre alle 18, con la politica trevigiana Simonetta Rubinato.Abbiamo scritto a Zaia e Conte diverse lettere, l’obiettivo è uno: trovare una soluzione per aiutare le madri lavoratrici in questo Paese pensato dagli uomini per gli uomini». Possibili idee e soluzioni sono arrivate dalle stesse madri e il Cantiere le ha messe su carta: creare piccoli gruppi di bambini dell’infanzia con animatrice- educatrice, mascherine trasparenti per i più piccoli (utili anche per gli audiolesi che possono leggere il labiale), lezioni all’aperto ben distanziati con controlli della temperatura, prolungare la scuola anche dopo giugno, sfruttare spazi aperti come gli oratori, reintrodurre i voucher per insegnanti di sostegno a domicilio per bambini che hanno particolari necessità. La lista è lunga. 

«Il problema rimane l’assembramento – ha dichiarato l’onorevole Sara Moretto in una delle videochiamate -. Se non si consentono almeno piccoli gruppi è difficile mettere in campo misure alternative. Quello che è urgente e necessario è che la questione arrivi sul tavolo alla stessa velocità della questione economica. La rete del terzo settore è preparata ed è lì che aspetta ai blocchi di partenza per mettere in campo servizi professionali, sicuri ed attenti» . Il Veneto a riguardo è all’avanguardia. «Riaprire le fabbriche e tenere chiuse le scuole significa penalizzare anche gli uomini. La famiglia non è una affare solo femminile» aggiunge Alessia Da Canal. Alessandro, 39 anni, insegnante di Schio da maggio scorso ha una bimba di 10 anni in affido: «Per noi le difficoltà si sono amplificate. La ragazzina che abbiamo in affido ci ha chiesto perché non può vedere gli amici, perché non può più frequentare gli scout e noi abbiamo risposto con grande sincerità. Le visite alla famiglia d’origine sono sospese e sicuramente l’isolamento ha rafforzato i nostri legami interni, ma ci ha portato anche a sforzi maggiori; la rete amicale e parentale che prima ci aiutava in molte cose è saltata. I nonni erano importanti per far respirare alla piccola un po’ di normalità che non viveva nella sua famiglia di origine ed era utile alla ricostruzione emotiva del suo vissuto. I colloqui con la psicologa avvengono solo via telefono».

Questo è il momento di costruire, di trovare soluzioni. «”Li abbiamo fatti i figli, pochi perché non ce ne potevamo permettere di più anche se ci sarebbe piaciuto, e adesso dove li mettiamo?” scrive Roberta su Facebook. Si trovi una soluzione perché sentir parlare del campionato di calcio e non sentir parlare di bambini è grave».