«Fate presto, qui la gente è allo stremo». Quanto presto? «Il governo non aspetti le elezioni di marzo, del decreto per ristorare gli azionisti azzerati dalle ex Popolari venete c’è bisogno prima». Patrizio Miatello, leader del Comitato «Ezzelino III da Onara», affonda il dito nella piaga. I tempi della politica, soprattutto in fase di fibrillazione pre-elettorale, non sempre coincidono con i bisogni della gente comune, che, nel caso specifico, configurano in diversi casi le caratteristiche di reale gravità e urgenza, causa evaporazione dei risparmi di una vita. «Per molte persone è vitale che i soldi del Fondo per le vittime dei reati finanziari arrivino quanto prima», mette in chiaro Miatello.
La questione tempistica sta assumendo una rilevanza sempre più evidente. La legge di Bilancio 2018, istitutiva del Fondo, ha previsto nero su bianco che il relativo decreto attuativo vada scritto entro 90 giorni, cioè non oltre il 30 di marzo («Dovevano essere 180 giorni – ricorda il senatore del Pd Giorgio Santini –, già averli dimezzati a 90 è stato un’ottima cosa per i risparmiatori»). Il problema, per l’appunto, è che di qui al 30 marzo ci sono di mezzo le elezioni e l’intera classe politica ha orientato i propri sensori in modo da evitare incidenti di percorso sulla strada che conduce alle urne. Detto con altre parole: sarà più conveniente, dal punto di vista elettorale, licenziare il decreto – che inevitabilmente scontenterà qualcuno, poiché la dotazione finanziaria (25 milioni all’anno per 4 anni) ha i suoi limiti – prima o dopo l’appuntamento con le urne?
Pierpaolo Baretta, il sottosegretario veneto all’Economia che sta seguendo in prima persona la questione, la vede così: «Per quanto mi riguarda, nessun problema a fare presto, purché la fretta non sia nemica del bene. Non escludo che il decreto possa arrivare anche prima del 4 marzo, le elezioni non sono un ostacolo, il rischio caso mai è che il suo contenuto venga usato strumentalmente a fini propagandistici, e questo sarebbe veramente un peccato perché si tratta di un provvedimento importante, che determinerà l’intera gestione del Fondo di ristoro».
Per questo, secondo il governo, il punto centrale sta nel «come» più che nel «quando». Anche perché, qualunque sia l’esito della prossima competizione elettorale, con ragionevole certezza fino al 30 marzo (se non oltre), sarà ancora in carica l’attuale esecutivo. La partita del decreto, insomma, verrà conclusa dagli stessi giocatori che stanno in campo oggi. Aggiunge Baretta: «I criteri di priorità che ci sono stati proposti dalle associazioni dei risparmiatori per la ripartizione delle risorse disponibili (reddito, età, carichi familiari, presenza in famiglia di una persona disabile, stato di disoccupazione o chiusura dell’attività, ndr) sono molto seri e meritano di essere approfonditi. Il decreto deve essere inattaccabile dal punto di vista giuridico, per questo ci consulteremo anche con Raffaele Cantone». Toccherà all’Anac, infatti, la gestione operativa del Fondo e questa, sotto il profilo della tempistica, è un’altra buona notizia per i risparmiatori.
Insomma, bisogna fare presto ma, soprattutto, bene. Lo sottolinea anche il senatore Santini: «La preoccupazione più grande, almeno dal mio punto di vista, non è tanto la data di approvazione del decreto, prima o dopo il 4 marzo, quanto piuttosto l’ampiezza della platea di risparmiatori che potranno essere indennizzati. La cosa più importante da stabilire – rimarca il parlamentare Pd – sono i criteri di priorità per l’assegnazione dei rimborsi, e questa non è una faccenda semplicissima. Dieci giorni in più o in meno non mi sembrano determinanti, fondamentale invece è che il Fondo possa diventare subito operativo ed erogare rapidamente i primi 25 milioni stanziati per quest’anno: non potranno ristorare tutti ma, se il meccanismo funziona, avrà un effetto tranquillizzante anche per chi rimane in attesa».
Sul versante delle risorse a cui attingere, le associazioni degli azionisti azzerati rilanciano il loro cavallo di battaglia: i cosiddetti «conti dormienti». Miatello picchia sul tasto: «Dalle nostre ricerche risulta che, tra banche e Poste, i depositi abbandonati al loro destino sono oltre i milione: si parla di miliardi di euro, senza considerare i premi assicurativi e gli assegni circolari non incassati dopo 3 anni. Questi fondi possono andare a risarcire i risparmiatori traditi, bisogna risvegliarli al più presto».
di Alessandro Zuin, da Il Corriere del Veneto