Renato Tarantino, “l’uomo che aiutò gli Ebrei di Libia”: ritrovata grazie a VicenzaPiù la sua famiglia. Walter Arbib ne onorerà la memoria a Roma

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Renato Tarantino, l'uomo che aiutò gli ebrei di Libia

I meriti vanno riconosciuti solo a chi se li merita davvero: grazie a VicenzaPiù e al direttore Giovanni Coviello che mi hanno sostenuto in questa ricerca quando trasmissioni televisive e uomini di apparente spessore di fronte alla parola “ebrei” hanno calato il sipario e mi hanno lasciato sola!

Quando mi rivolsi a VicenzaPiù lavoravo da tempo sulla memoria di Renato Tarantino, lo feci con la speranza di un naufrago che si appoggia all’unico lembo di spiaggia che vede in lontananza, con la forza di chi non molla, ma con la stanchezza di chi ha combattuto a lungo e pensai “quando Walter Arbib mi definì un mastino, all’inizio rimasi un po’ perplessa, poi mi affezionai a questo termine, mastino mi piace, il mastino è simbolo di temperamento iroso, di accanimento e tenace perseveranza, ma questa volta il mastino non riesce a imporsi sull’avversario”.

Il primo giugno 2020 il mastino si è riappropriato della sua grinta ed ha vinto (per gli altri, doverosa la specificazione), al mastino basta ed avanza la soddisfazione di aver concluso una “mission” ed essere arrivata laddove gli altri non erano arrivati!

Nonostante i pochi indizi, alcuni fuorvianti, altri in cui la cattiveria umana e l’invidia emergevano, ed i miei tanti dubbi su molte circostanze, volevo però raggiungere il mio obiettivo: rintracciare qualcuno degli eredi di Renato Tarantino, (avevo contattato ex colleghi e saputo che era deceduto), me lo aveva chiesto Walter Arbib.

Il direttore Giovanni Coviello non mi negò la cortesia della pubblicazione e il 25 novembre 2018 titolò “Cerco gli eredi di Tarantino, Renato l?’eroe sconosciuto“, ben sapendo che era un’impresa molto difficile, per un media conosciuto soprattutto a carattere regionale, anche se il web supera ogni confine, e che l’argomento era complesso.

L’articolo ricevette parecchi consensi, ma nessuno si fece vivo fino a quando, la settimana scorsa, un’arzilla ottantenne di Cambridge, molto attiva sui social ha letto l’articolo, lo ha  inoltrato al figlio in Africa, che a sua volta lo ha girato alla vedova di Tarantino, che lo ha inviato alle figlie ed una, Barbara, si è messa in contatto con la redazione di VicenzaPiù.

Ho contattato molti Tarantino, in Italia ci sono circa 3.500 nuclei famigliari con questo cognome, tanti sono emigrati… quindi ho cercato dove c’erano Tarantino e sedi Alitalia nel mondo e lì a scandagliare tra bar, imprese edili, ristoranti, studi professionali, molti all’estero da due/tre generazioni nudi ed ignudi della lingua italiana.

Una ricerca che sembrava vana, durata anni e che mi ha portata ad affrontare anche situazioni imbarazzanti, come quando a Milano ho incontrato un Tarantino che appena mi ha vista, ha esclamato “ma tu sei vecchia”, poi il finto giornalista in Puglia che diceva di essere suo parente e altri personaggi innominabili.

Mi sono, quindi, fermata per qualche tempo ma qualche mese fa ho ripreso con i contatti, cambiando strategia di analisi ed inviando il link con una nuova comunicazione. La redazione, quindi, è stata l’altro giorno contattata da una figlia di Renato Tarantino, Barbara, dopo un anno e mezzo abbondante dalla pubblicazione del mio appello.

Walter Arbib, filantropo
Walter Arbib, filantropo

Ho avvisato immediatamente Walter Arbib (“Leone d?Oro per la Pace nel Mondo a Walter Arbib e a Giovanni Rana” sempre su VicenzaPiù) ma la storia non finisce qua: appena possibile, si presume a settembre, Walter Arbib con gli ebrei di Libia onoreranno la memoria di Tarantino con una cerimonia pubblica a Roma, che si sta pianificando, dando giusto onore a un Uomo che ha rischiato la propria vita per salvare gli ebrei in Libia nel 1967! L’obiettivo non è speculare ma dare il giusto Valore alla Memoria!

Sono contenta di aver fatto felici Walter e gli ebrei tripolini che mi hanno insegnato una cosa sconosciuta ai più: la solidarietà! Felicissima dell’incontro con Barbara, ora la memoria di Tarantino è tutelata e, poiché conosco molto bene Walter Arbib sono certa che farà in modo che Renato Tarantino sia ricordato come merita.

Adesso posso muovermi su altre due storie, una in America e una in Austria, già in cantiere. Le informazioni che circolano sono corrette per l’America, ma quelle austriache non mi convincono nemmeno un po’. So già che da sola non ce la farò, ma ho già steso il mio piano di azione: probabile che muoia prima di raggiungere il mio obiettivo, ma resta ai posteri il mio impegno!

Walter Simon Arbib è nato nel 1941 a Tunisi, dove la famiglia si era rifugiata dalla vicina Libia per sfuggire alle persecuzioni fasciste; pochi sanno che nell’Africa settentrionale c’erano i campi di concentramento, alcuni come Giado, simili alla Risiera di San Sabba. Alla fine della guerra, torna in Libia, a Tripoli fino al 1967 e poi, come tutta la comunità ebraica libica, si trova costretto a lasciare il paese in seguito a un’ondata di violenze antisemite.

Ricomincia da zero e negli anni Ottanta si trasferisce in Canada, sulla base del suo back ground professionale fonda con un socio indiano SkyLink, una compagnia aerea che diventerà protagonista del trasporto per finalità umanitarie in tutto il mondo, lavorando con governi e organizzazioni non governative.

Si occupa di spostare o aiutare con medicine persone nei teatri di guerra o nelle nazioni colpite da terribili catastrofi naturali: Rwanda, Darfur, Iraq, Siria, il sud est asiatico funestato dallo tsunami. Tra le missioni portate a termine anche il trasporto del colossale Obelisco di Axum, che, portato da Mussolini in Italia dall’Etiopia negli Anni Trenta, fu restituito al paese d’origine nel 2005, tra mille diatribe.

Walter Arbib ha supportato molte iniziative “anima e cuore” negli ultimi anni. Tra le tante cito gli aiuti alle popolazioni vittime del sisma in Abruzzo (con la fornitura di medicinali) e in Emilia con la donazione di sale parto da campo alla cittadina di Mirandola (questa missione fu realizzata anche con il contributo dell’allora Ministro degli esteri in Israele Avigdor Lieberman e dell’allora ambasciatore israeliano in Italia, Naor Gilon), le cliniche in territorio israeliano che operano vicino al confine siriano curando la popolazione martoriata da anni di guerra civile e, infine, l’approvvigionamento di medicine alle popolazioni iazide a Kobane nel Kurdistan, vittime dello Stato islamico.

Questa è solo una parte della sua storia, già pubblicata in inglese dal giornalista israeliano Yossi Melman, con il titolo “Don’t shot I am the good Guy, Non sparare io sono un buon ragazzo!

La storia riprenderà a settembre!

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Paola Farina
Nata a Vicenza il 25 gennaio 1954, studentessa mediocre, le bastava un sette meno, anche meno in matematica, ragazza intelligente, ma poca voglia di studiare, dicevano i suoi professori. Smentisce categoricamente , studiava quello che voleva lei. Formazione turistica, poi una abilitazione all’esercizio della professione di hostess di nave, rimasta quasi inutilizzata, un primo imbarco tranquillo sulla Lauro, un secondo sulla Chandris Cruiser e il mal di mare. Agli stipendi alti ha sempre preferito l’autonomia, ha lavorato in aziende di abbigliamento, oreficeria, complemento d’arredo, editoria e pubbliche relazioni, ha girato il mondo. A trent’anni aveva già ricostruito la storia degli ebrei internati a Vicenza, ma dopo qualche articolo, decise di non pubblicare più. Non sempre molto amata, fa quello che vuole, molto diretta al punto di apparire antipatica. Dove c’è bisogno, dà una mano e raramente si tira indietro. E’ generosa, ma molto poco incline al perdono. Preferisce la regia alla partecipazione pubblica. Frequenta ambienti ebraici, dai riformisti agli ortodossi, dai conservative ai Lubavitch, riesce nonostante il suo carattere a mantenere rapporti equilibrati con tutti o quasi. Sembra impossibile, ma si adegua allo stile di vita altrui, in casa loro, ovviamente.