Processo Bpvi, sindaco Zanconato indispettisce De Stefano: “nessun segnale d’allarme, siamo rimasti sbigottiti”. Per i farmaci del direttore Mercurio? Sorato a giudizio il 24 gennaio 2021

514
Processo BPVi, si consultano la presidente De Stefano e i giudici Amedoro e Garbo
Processo BPVi, si consultano la presidente De Stefano e i giudici Amedoro e Garbo

Mentre arriva notizia del rinvio a giudizio con prima udienza il 24 gennaio 2021 (!) per Samuele Sorato, il dg stralciato dal processo in corso, l’ora settantunenne Paolo Zanconato, commercialista dal ’76, teste comune il 9 luglio al processo Banca Popolare di Vicenza delle difese Zonin, Zigliotto e Giustini, dagli anni 96-97 ha spiegato di essere entrato su richiesta di Gianni Zonin in diversi collegi sindacali di sue aziende, tra cui la Casa Vinicola Zonin, e di banche del gruppo vicentino.

Il suo primo incarico lo ottenne nella Popolare di Belluno, poi inglobata in Vicenza, e a quello ne sono seguiti molti altri tra cui quello in Farbanca, fino a diventare sindaco di Bpvi nell’aprile 2014, per un anno fino al 2015. Coinvolto nell’azione di responsabilità dopo il crollo dell’istituto bancario berico, in quel procedimento è difeso dallo stesso studio di avvocati che assiste Zonin.
È stato anche amministratore e socio con partecipazione del 5% per un valore di 100 mila euro, con un finanziamento della Popolare di Vicenza, della società Sanmarco, controllata da Bpvi al 46%: dopo il biennio dal 2012 al 2014 Zanconato cede le quote a una sua collaboratrice di studio e anche lei ottiene un finanziamento dalla banca.

Dal 2006, inoltre, ottenne anche l’incarico di sindaco (il teste non ricorda quanto è durato) nella società immobiliare delle aziende agricole del gruppo Zonin: “ma non parlavo mai con lui di lavoro”.
La testimonianza di Zanconato in tribunale a Vicenza è stata costellata da decine di non ricordo e il professionista è anche più volte rimasto spiazzato dalle domande di precisazione sulla qualità dei controlli da parte della presidente del collegio giudicante Deborah De Stefano: “io faccio un altro mestiere – ha fatto presente fra l’altro la giudice, apparsa infastidita dalle continue risposte vaghe del testimone – ma che senso ha investire su un fondo estero lussemburghese che aveva in ‘pancia’ già nel 2014 54 milioni di azioni della banca?“.
Sicuramente c’era una motivazione, ma non la ricordo” è stata l’ennesima risposta evasiva di Zanconato che ad un certo punto si è beccato da De Stefano anche un secco “le risultanze documentali la smentiscono” in merito alla ricostruzione temporale dei fatti sulla conoscenza delle operazioni baciate, nel 2014 e non 2015.
Veniamo a conoscenza del capitale finanziato e delle baciate – aveva dichiarato in precedenza – nel corso dei lavori di predisposizione del bilancio a marzo 2015, dopo un incontro con Kpmg che ci comunicò di aver individuato 17 clienti potenzialmente finanziati per l’acquisto di azioni“.
Altra parola ripetuta, almeno cinque volte, durante la deposizione al processo BPVi dell’ex membro del Collegio è stata “sbigottimento“.
Eravamo talmente tranquilli – ha dichiarato nell’udienza odierna del processo BPVi – che ho comprato oltre centomila euro di azioni a 62.50 euro ciascuna. Pochi mesi dopo il valore è stato svalutato a 48 euro, prima la banca era considerata una musina“.
Non c’erano veri e propri segnali d’allarme – ha aggiunto Zanconato, uno dei sindaci che dovevano… verificare l’operato della banca – c‘erano dei piani di informativa che proponevano delle soluzioni, un allarme io non l’ho mai sentito sulle operazioni relative al capitale, non eravamo a conoscenza, era impensabile“.
Ma il dubbio più ricorrente nelle domande poste dagli avvocati presenti in aula e dai pubblici ministeri, ha riguardato oggi i mancati controlli interni, seguendo le disposizioni dell’autorità di Vigilanza di Bankitalia, tra cui soprattutto l’internal audit anch’esso in via Battaglione Framarin, ma in un altro edificio, guidato da Massimo Bozeglav: una struttura di circa 70 persone che dipendeva dal Cda e doveva riferire anche al Collegio sindacale.
“Abbiamo convocato Bozeglav per farci spiegare perché non aveva mai informato il Collegio: disse che aveva ricevuto minacce dal dg Sorato per non divulgare informazioni sul finanziamento delle baciate e non l’aveva ritenuto un problema prima perché erano già state visionate da Bankitalia, che non ha aveva riscontrato problemi per cui prima di esporsi in una situazione così drammatica voleva fare approfondimenti. Anche Giustini ci disse che era tutto regolare: ne abbiamo preso atto“.
Secondo gli ispettori Bce, in primis Gatti, quello dei sindaci è stato un comportamento da incoscienti…

Dopo Zanconato è stata la volta oggi al processo BPVi di Ivan Mercurio, ex direttore della filiale di Asti chiamato a testimoniare solo dalla difesa Zonin: “col presidente avevamo incontri cordiali, possedeva l’azienda Castello del Poggio di sua proprietà nella zona, non ho idea se altri direttori di filiale in Piemonte avessero rapporti con lui“.
Con Zonin – aggiunge – non ho mai parlato assolutamente di operazioni commerciali, nel caso mi disse di parlare con la direzione“.
Le pressioni erano tante – ricorda, però, Mercurio – aumentate nel 2013 in occasione degli aumenti di capitale: appena vedevo la banca mi veniva il panico, mi imbottivo di farmaci“.
Non ne ho mai parlato però con Zonin – conclude – non mi sembrava giusto parlarne col presidente“.

Ecco, forse è questo uno dei comportamenti che portò l’uomo, che fu per 16 anni nel cda della BPVi prima di diventarne presidente ben remunerato, direttamente be indirettamente, per altri 20 circa, a non saper nulla di quello che accadeva intorno a lui…  fino al giorno del tracollo, che gli arrivò così tra capo e… collo…

Solo che lui era il capo mentre il collo è rimasto ingroppato a circa 118.000 risparmiatori soci che si erano fidati di sindaci “sbigottiti” come Zanconato e di direttori imbottiti di pillole come Mercurio.