Concessioni Autostrade, Bankitalia: pochi investimenti e tariffe sempre più alte. Ad Atlantia (Benetton) e ASTM (Gavio) il 76.9% della rete

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Tariffe pedaggi e concessioni autostrade
Tariffe pedaggi e concessioni autostrade

Tanto traffico, tanti pedaggi ma poca concorrenza. È quanto emerge dalla fotografia scattata da Bankitalia alla situazione autostradale italiana e alle relative concessioni presentata di fronte all’ottava Commissione del Senato il 7 luglio scorso. Dei 25 rapporti concessori a livello nazionale, spiega Fabrizio Balassone – capo del Servizio Struttura economica della Banca d’Italia – , «i tre quarti sono gestiti dai due principali gruppi operanti nel settore, Atlantia (55,3 per cento) e ASTM (21,6 per cento)».

Atlantia (gruppo Benetton come referente) e ASTM (gruppo Gavio), però, non hanno premiato la fedeltà degli automobilisti alle loro strade. Il costo dei pedaggi, infatti, è cresciuto del «28 per cento in termini nominali e del 13 per cento in termini reali». Alla riduzione dei volumi di traffico negli anni della crisi del debito sovrano (pari al 10 per cento tra il 2010 e il 2013) – spiega Bankitalia – si è accompagnato il costante incremento delle tariffe unitarie.

Questo aumento, però, non è andato a beneficio degli investimenti della rete viaria. «Tra il 2009 e il 2018 – spiega il capo del Servizio Struttura economica di Bankitalia – la spesa annua per investimenti è stata pari in media a 1,6 miliardi di euro, seguendo un trend decrescente (con una riduzione del 46 per cento in termini nominali e del 51 per cento in termini reali)». Inoltre, a partire dal 2013, il divario tra investimenti effettivi e programmati si è ampliato, raggiungendo il valore più elevato nel 2015, anno in cui gli investimenti effettivi erano il 50% di quelli previsti. Questa forbice, chiarisce Bankitalia, è soprattutto dovuta a rallentamenti nelle fasi di approvazione dei progetti e nel rilascio delle autorizzazioni.

Un altro aspetto che incide sull’aumento dei costi – sottolinea Balassone – è la mancata e inadeguata regolazione per molto tempo del mercato per cui il settore si è caratterizzato per una limitata applicazione dei principi concorrenziali. Del cosiddetto first best, nessuna traccia. «Un sistema tariffario oneroso per gli utenti che, come detto, non sempre ha trovato riscontro in adeguati aumenti degli investimenti», lo descrive Balassone.

Negli ultimi anni, però, con il Codice dei contratti pubblici (CCP) del 2016 e con il DL 109/2018, il contesto normativo ha conosciuto alcune positive evoluzioni. Col CCP l’affidamento di nuove concessioni dovrebbe favorire una maggiore apertura alla concorrenza e una chiara attribuzione del rischio operativo ai concessionari. Condizioni che però si applicheranno al 96% delle gestioni solo nel 2040. Al momento, invece, riguardano appena il 18%.

Con il DL 109/2018, invece, è stato introdotto un unico modello di price gap per regolare l’aumento dei pedaggi da parte dei titolari delle concessioni autostradali. Con questo price gap, spiega Balassone, «l’incremento delle tariffe è legato all’inflazione e compensato dal cosiddetto fattore X, una misura dell’incremento atteso di produttività del concessionario, stabilito ad hoc per ogni rapporto».

Infine, l’attivazione del modello contenuto nel Dl 109/2018 fa sì che – tramite l’adeguamento automatico tra tariffa e divario tra opere programmate e realizzate – gli investimenti poi lasciati decadere non si riflettano in aumenti tariffari permanenti. E questo per «incentivare l’efficienza produttiva dei concessionari e gli effettivi risultati in termini di agibilità e sicurezza del servizio autostradale», conclude Balassone.


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