Nonostante le riunioni telematiche, i consiglieri regionali hanno continuato a incassare il lauto stipendio lo stesso: bonus trasferte incluso. Di seguito l’inchiesta di Giacomo Salvini su Il Fatto Quotidiano
Qualcuno lo ha già ribattezzato “gettone di assenza”. E non è un controsenso, anche se così può sembrare a prima vista. La questione riguarda molti consiglieri regionali di tutta Italia che nel periodo del lockdown hanno continuato a lavorare in un momento di grossa crisi economica e sanitaria. E a riunirsi, sia per via telematica sia in presenza quando sono state allentate le misure restrittive. Ma, come se tutto rientrasse nella normalità, i consiglieri regionali di tutta Italia – dal Piemonte alla Calabria fino alle Regioni a Statuto speciale – hanno continuato a guadagnare la stessa somma (circa 10 mila euro lordi) nonostante le loro mansioni si siano molto ridotte.
Non solo: in alcuni casi, i consiglieri hanno continuato a prendere il gettone di presenza e il rimborso spese (il cosiddetto “bonus trasferta”) nonostante non dovessero fare alcuno spostamento dalla propria residenza alla sede del consiglio, nel capoluogo di Regione, dato che le sedute si tenevano via Skype. Tutto è stato demandato al buon cuore dei singoli consiglieri con donazioni individuali.
Il caso più lampante è quello della Regione Friuli-Venezia Giulia, governata dal leghista Massimiliano Fedriga, dove è dovuto intervenire il procuratore regionale della Corte dei Conti, Tiziana Spedicato, che ha aperto un fascicolo per fare accertamenti sul caso del “bonus trasferte”. In sintesi, anche durante le sedute telematiche, i 49 consiglieri friulani hanno continuato a incassare il rimborso forfettario, che costituisce un terzo del proprio stipendio: 3.500 euro per gli eletti nelle province di Udine e Pordenone (33) e 2.500 per gli eletti a Trieste (16). Che moltiplicati per il numero dei consiglieri non fa esattamente pochi spiccioli: un totale di circa 155.000 euro. I consiglieri, su iniziativa del presidente Pier Mauro Zanin, hanno lanciato una raccolta fondi per acquistare ventilatori polmonari per gli ospedali del Friuli. Sicuramente un bel gesto che però stride con il “bonus trasferte”.
In Toscana il Consiglio regionale è andato oltre: non solo i rappresentanti hanno continuato a prendere stipendi e gettoni come prima, ma l’Ufficio di presidenza ci ha tenuto a precisarlo con una delibera del 25 marzo scorso che non è passata inosservata nei corridoi di Palazzo Panciatichi. Sia perché il contenuto stona con i sacrifici chiesti agli italiani, sia perché il responsabile di quella delibera è il presidente del Consiglio regionale Eugenio Giani, che ora corre per diventare governatore.
La norma si cela dietro a poche righe inserite nell’allegato “A” della delibera relativa alle nuove regole di funzionamento del consiglio regionale via telematica. Ed è scritta in perfetto burocratese: dopo aver spiegato che vengono considerati presenti alla seduta chi si palesa “all’appello iniziale o al momento della votazione”, viene stabilito che viene applicato il regime di “rimborso spese” previsto dalla legge regionale del 9 gennaio 2009. Ergo: le stesse valide per i consigli regionali in presenza. Anche in questo caso non stiamo parlando di una piccola mancetta visto che, nel riepilogo degli emolumenti aggiornato al 30 giugno 2020, la quota variabile dei rimborsi dei 41 consiglieri regionali per le 22 sedute da inizio anno ammontava a 229.000 euro sui 2 milioni di stipendio totali. Per le tre sedute che si sono tenute via telematica il rimborso vale circa 30 mila euro.
Il “gettone di assenza” viene confermato dal consigliere del M5S, Andrea Quartini: “È così e non è certo un bel segnale da dare ai cittadini – dice al Fatto – noi del M5S avevamo proposto di eliminarlo e abbiamo donato 85 mila euro per la sanità regionale. Non so se gli altri hanno fatto donazioni simili a titolo personale ma hanno preso il bonus”. La vicepresidente del consiglio, Lucia De Robertis (Pd), spiega che il rimborso spese “è una componente marginale dello stipendio del consigliere regionale” ed essendo un rimborso forfettario “non può tenere conto della situazione reale”.
Poi si giustifica attribuendo la responsabilità a tutti i gruppi: “Né a destra, né a sinistra o nei 5S è stata posta la questione”.
Insomma, così fan tutti.
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