Green deal regionale, Bonomo (Confartigianato imprese Veneto) per transizione verso sostenibilità e imprenditoria economia circolare

Sono 66mila le imprese (numero assoluto più alto in Italia dopo la Lombardia) che svolgono una o più azioni finalizzate a ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività.

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Agostino Bonomo, presidente Confartigianato Imprese Veneto
Agostino Bonomo, presidente Confartigianato Imprese Veneto

Su un universo di 101mila imprese venete con 3 e più addetti, esaminato nella rilevazione dell’ultimo Censimento permanente delle imprese, vi sono 66mila imprese (pari al 65,1% del totale ed il numero assoluto più alto in Italia dopo la Lombardia) che svolgono una o più azioni finalizzate a ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività. Praticamente 7 MPI su 10. Nella regione Veneto in particolare 17.427 sono quelle del manifatturiero esteso, 450 operano nei settori energia e acqua, 7.505 nelle costruzioni, 15.066 nel commercio e autoriparazione e 27.677 nei servizi non commerciali.

“Il cuore green delle piccole imprese venete – commenta il Presidente Confartigianato Imprese Veneto Agostino Bonomo– ha diverse motivazioni. Domina quella di migliorare la reputazione verso clienti e fornitori, indicata dal 31,9% delle micro e piccole imprese; la coerenza con l’attività principale è segnalata dal 27,9% delle imprese, la concretizzazione della strategia e/o mission dell’impresa dal 24,1%, il consolidamento dei legami con la comunità locale dal 16,5%, mentre è residuale il vantaggio per tassazione e/o sussidi specifici (5%)”.

“Non a caso il nostro Position Paper per le regionali di settembre dedica una linea di interventi alla nuova cultura dell’offerta nella quale sono cruciali sostenibilità, circolarità e eticità –prosegue– che, assieme alla digitalizzazione, sono fattori di cambiamento. Questa tendenza, che presumibilmente orienterà i consumatori ancor più nel post-pandemia, influenza le scelte relative alla cura, all’alimentazione, al tempo libero, alla residenzialità (ad esempio, un’abitazione eco-sostenibile rappresenta il principale desiderio non ancora pienamente soddisfatto della popolazione italiana) e orienta le politiche di investimento e di spesa degli attori pubblici. Comprendere le mutate esigenze dei consumatori potrà consentire di costruire occasioni di policy e di mercato per accompagnare l’evoluzione dell’offerta già in atto, che vede il Veneto seconda regione d’Italia per investimenti in tecnologie e prodotti verdi nel periodo 2015-2019. Relativamente al settore privato, questo significa sostenere la transizione verso la sostenibilità delle imprese e incoraggiare nuova imprenditoria nelle attività dell’economia circolare (riuso, riciclo, filiere a chilometro zero e a basso impatto ambientale), un settore in cui, in Italia, il 75% degli occupati si concentra in micro e piccole imprese”. “Per quanto invece concerne le aree di investimento diretto da parte delle amministrazioni locali –conclude Bonomo-, la sfida della sostenibilità rappresenta un’occasione per ragionare su un arco temporale ampio ripensando alle regole per la gestione dei rifiuti e la riduzione degli sprechi, per la mobilità sostenibile, per la qualità dell’acqua e dell’aria, per l’energia, puntando su percorsi di sviluppo responsabili. Un “green deal” regionale che incoraggi l’azione coordinata di pubbliche amministrazioni, associazioni di categoria e imprese permetterebbe non solo di concentrare gli sforzi su obiettivi realizzabili e condivisi e di individuare regole trasparenti per gestire la fase di transizione, ma anche di accedere più efficacemente alle risorse messe a disposizione dalla programmazione europea e dal governo nazionale. I progressi di tale iniziativa potrebbero essere monitorati con un Osservatorio Regionale che produca report periodici sul contributo fornito dalle micro e piccole imprese al raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 sullo Sviluppo Sostenibile”.

 

Nel dettaglio degli interventi per ridurre i consumi energetici il 39,5 % delle MPI che riducono l’impatto ambientale ha installato macchinari e/o impianti più efficienti, che limitano il consumo energetico, e in particolare il 31,9% lo ha fatto senza usufruire di incentivi; il 12,6% delle micro e piccole imprese ha scelto l’isolamento termico degli edifici e/o la realizzazione di edifici a basso consumo energetico e il 9,2% delle MPI ha sostenuto la spesa in assenza di incentivi. Più contenuta la quota di imprese fino a 50 addetti impegnate nella produzione di energia da fonte rinnovabile elettrica (6,9%) o termica (4,5%) e nella realizzazione di impianti di cogenerazione, trigenerazione e/o per il recupero di calore (2,6%). Per queste iniziative, circa la metà degli investimenti è stata effettuata grazie all’erogazione di incentivi. Il 4,5% delle MPI nel triennio 2016-2018 ha acquistato automezzi elettrici o ibridi, a fronte di una quota di immatricolazioni per questa tipologia di veicoli del 3,9% nel 2018.

Tra gli interventi finalizzati a ridurre le pressioni sugli ecosistemi generate dai processi produttivi, le MPI hanno messo ai primi posti la raccolta differenziata e riciclo dei rifiuti (86,8% delle imprese); seguono, indicati da oltre 1 impresa su 2, il contenimento dei prelievi e dei consumi di acqua (60,3%) la gestione dei rifiuti finalizzata al contenimento e controllo di inquinanti (58,0%), il risparmio del materiale utilizzato nei processi produttivi (52,7%). Altri interventi sono realizzati da quote significative di MPI, in particolare quelli relativi al contenimento dell’inquinamento acustico e/o luminoso (44,2%), al contenimento delle emissioni atmosferiche (33,8%), all’utilizzo di materie prime seconde (21,1%), al trattamento delle acque di scarico finalizzato al contenimento e controllo di inquinanti (20,5%) e al riutilizzo e riciclo delle acque di scarico (7,8%).