Dopo "BPVi e Veneto Banca, figlia e figliastra di Bankitalia. Schiavon: magistratura e Commissione banche facciano luce su Visco, Barbagallo e… Carrus" abbiamo contattato Giovanni Schiavon, autore dell'appello del 22 luglio scorso, da noi pubblicato nel predetto articolo, alla nuova Commissione Parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario da ex vice presidente di Veneto Banca, mai indagato, oltre che fondatore e presidente della Associazione Azionisti Veneto Banca, la cui lista il 5 maggio 2016 insieme a quella dei cosiddetti "grandi soci" di "Per Veneto Banca" vinse l'elezione per il consiglio di amministrazione dell'istituto montebellunese, portando in cda proprio lui da tempo noto e stimato nel territorio anche come presidente del tribunale di Treviso.
L'Associazione arrivò a riunire all'inizio dl 2017 più di 1.300 iscritti, soprattutto piccoli e medi risparmiatori, svolgendo, si legge in una notizia di allora, "un'opera di informazione nei confronti dei soci ed ha promosso anche un ricorso contro la legge di imponeva la trasformazione delle banche popolari in spa, sollevando anche alcuni dubbi di incostituzionalità" poi in parte recepiti, sia pur tardivamente, da una pronuncia del Consiglio di Stato.
Il Gip di Treviso, inizia su una questione giudiziaria il nostro colloquio con l'ex presidente del tribunale di quella città, ad inizio agosto 2020 su richiesta del giugno del 2019 da parte del pm Massimo De Bortoli, ha archiviato ben 5 degli 8 capi d’imputazione contestati dalla Procura di Roma all’ex AD di Veneto Banca, Consoli. All’archiviazione ha fatto seguito anche la revoca del sequestro preventivo per equivalente voluto da Roma e la restituzione dei beni sequestrati.
Il sequestro, dr. Schiavon, a suo tempo colpì, peratro, soltanto Consoli e non toccò gli altri 10 indagati ancorché i beni di Consoli coprissero solo in minima parte l’ammontare complessivo del sequestro stabiliti in oltre 45milioni...
Trovo singolare questo comportamento della procura di Roma. Continuo a pensare, e ogni giorno che passa me ne convinco sempre di più, che, senza le “forzature” di Banca d’Italia e della procura di Roma, il destino di Veneto Banca e dei suoi soci sarebbe stato diverso.
Tra le tante “forzature” di Banca d’Italia ricordo, a solo titolo di esempio, la richiesta fatta dal governatore Ignazio Visco con lettera del 6 novembre 2013 a tutti i consiglieri di Veneto Banca di andare a casa non senza aver avviato però la fusione con altra banca di adeguato standing (Banca Popolare di Vicenza). La situazione patrimoniale e finanziaria di Veneto Banca era però più che adeguata come fu certificato anche dagli esiti dell’AQR voluta e gestita dalla BCE nel 2014 a differenza di quella della BPVi che dovette ricorrere a una conversione forzosa e d'urgenza di un bond da 254 milioni per superare quello stress test.
La notizia della “cacciata” dell’intero consiglio di amministrazione venne poi veicolata sui giornali ed iniziò così la caduta della reputazione della banca.
Io ancora mi chiedo, imporre a un Istituto di credito di azzerare l’intero vertice e di fondersi per incorporazione con un’altra banca nel giro di pochi mesi può determinare un risultato diverso dal peggioramento della situazione, qualunque essa sia, in essere? Se la qualità dell’amministrazione e della gestione era così deficitaria come vuol far credere Banca d’Italia, allora bisognava procedere all’immediato commissariamento. E, mi chiedo ancora, come può Banca d’Italia aver atteso l’ultimo giorno utile per la consegna della memoria ispettiva (90 giorni) che denunciava, a suo dire, una gestione anomala e non si sia, invece, adoperata per consegnare il documento nel più breve tempo possibile? E ancora, come ha potuto consigliare la permanenza degli “inaffidabili” vertici sino all’aprile del 2014?
In sintesi lei sta puntualizzando che l’ispezione termina ai primi di agosto 2013, la memoria viene consegnata il 6 novembre 2013 e al Cda si chiede di lasciare la banca con l’assemblea di fine aprile 2014.
Oltre a quanto appena rilevato, la sciagurata vicenda di Veneto Banca, di cui sono stato vice Presidente, a mio parere presenta diversi lati “oscuri”. Il 22 luglio scorso ho ritenuto di indirizzare alla Commissione Parlamentare di’inchiesta sul Sistema bancario e finanziario una lettera, che voi avete pubblicato, segnalando i punti di attenzione più significativi tra cui:
- il contrasto fra le posizioni assunte dai vertici di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza che confermano entrambe, vigorose pressioni di Banca d’Italia per favorire la fusione della banca di Montebelluna in quella di Vicenza. Pressioni sempre smentite dall'Autorithy anche in sede di audizione della precedente Commissione d’inchiesta. Esiste a questo riguardo, però, la registrazione, coraggiosamente pubblicata da VicenzaPiù e ripresa solo da CityNews e da Il Fatto Quotidiano, dell’incontro del febbraio 2014 organizzato dal Capo della Vigilanza di Banca d’Italia dr. Carmelo Barbagallo con il Presidente di Veneto Banca, dr. Flavio Trinca, e il presidente della Banca Popolare di Vicenza, dr. Gianni Zonin.
- i motivi per i quali la Procura della Repubblica di Roma (il dr. Giuseppe Pignatone - procuratore capo) ha richiesto alla Procura di Treviso di trasmettere colà tutti gli atti prefigurando una competenza della magistratura romana per l’indagine penale. E’ noto che tale decisione è stata poi smentita dal giudice di Roma che ha restituito tutti gli atti a Treviso.
La Procura di Roma, e non si capisce il perché, non si è attivata in analogo modo con lo speculare procedimento giudiziario della Popolare di Vicenza
Sorge, infatti, e questo è il terzo punto su cui dovrebbe fare le sue verifiche la nuova Commissione d'inchiesta, un dubbio che lascia non poco perplessi. La Procura di Roma si é affrettata ad avviare un’immediata indagine penale ed ha messo subito sotto accusa solo i soggetti che Banca d’Italia aveva indicato nelle relazioni scaturite dalle sue ispezioni, nominando altresì un consulente al quale ha affidato un quesito di ricerca di responsabilità nel periodo dal 2010 al 2015.
La nomina del consulente - guarda caso - è caduta proprio su un ispettore di Bankitalia, inserito nell’organico dei vigilanti, alle dipendenze del dott. Carmelo Barbagallo, che della Vigilanza di Bankitalia era il capo e che avrebbe insistentemente indicato la Popolare di Vicenza come Banca aggregante nella programmata fusione.
Ma - ci si domanda- fra i tanti liberi professionisti, indipendenti e abituati ad operare in un contesto di terzietà, l’incarico di consulente del pubblico ministero doveva proprio essere attribuito ad un ispettore di Bankitalia?
E allora, è davvero pensabile che quel consulente del pubblico ministero, incaricato di ricercare aspetti di responsabilità penale sulla crisi di una banca (Veneto Banca) fosse disponibile ad evidenziare anche eventuali corresponsabilità (neppure tanto campate in aria) del proprio datore di lavoro, cioè della Banca d’Italia?
Nel contesto dell’aumento di capitale imposto a Veneto Banca nel 2016 l’allora direttore generale Cristiano Carrus ha più volte dichiarato, in pubblici incontri, che l’istituto era alla “canna del gas” ed era uno “zombie”
Carrus, ecco un'altra stranezza da approfondire, si guardò, però, bene dall’adottare decisioni coerenti con le consequenziali previsioni di legge e lasciò che la stessa banca proseguisse la ricerca delle sottoscrizioni del capitale (si ricorderà che, subito dopo, il capitale è stato quasi totalmente sottoscritto da Atlante, a testimonianza di una regia che definire occulta non è azzardato e con non poche anomalie di programma). La cosa, pur se segnalata all’autorità di controllo del mercato e agli organi inquirenti è rimasta nell’oblio.
Concludo segnalando una curiosità. Due dei principali attori (Pignatone e Barbagallo) di questa tragica vicenda, sono oggi "riuniti" ed operano entrambi nell’al servizio del Vaticano.
E, dr. Schiavon, aggiungiamo noi, Cristiano Carrus è stato chiamato lo scorso 24 febbraio 2020 dai due Commissari straordinari della Popolare di Bari, Blandini e Ajello, a svolgere il ruolo di Cfo dell'istituto che viene ora salvato dallo statale MedioCredito Centrale dell'amministratore delegato Bernardo Mattarella, ex responsabile a inizio anni 2000 del progetto Banca Nuova della BPVi di Zonin., dopo che le parti buone delle due Popolari venete sono state cedute a un euro a Intesa Sanpaolo, che ha incassato anche un bonus miliardario, altro che Covid, dalle due banche in Lca, quindi dai loro soci e creditori.
I parlamentari M5S membri proprio della Commissione bicamerale d'inchiesta sulle banche, presieduta dalla loro Carla Ruocco, hanno definito l'incarico di Carrus "come minimo stupefacente. Il manager nel ruolo di direttore generale e amministratore delegato post Consoli di Veneto Banca aveva fortemente sostenuto il piano di fusione con Popolare di Vicenza entrambe controllate dal Fondo Atlante. Un piano che poi e' fallito miseramente e ha aperto la strada alla drammatica liquidazione delle due banche venete... Il rilancio della Popolare di Bari, deve passare per profili lontani dai legami con vecchi poteri. Per questo Carrus pare del tutto inadeguato".
Da qui non ce ne passa molto al porsi un analogo quesito sul reale compito affidato dal sistema a Francesco Iorio, omologo di Carrus in BPVi, e su eventuali danni aggiuntivi da lui arrecati all'Istituto rispetto a quelli che aveva trovato (vedi anche il servizio su RaiTre Regione) e poi gestiti (?) da Gianni Mion, nuovo presidente, allora ex Benetton e ora di nuovo in sella alla holding di famiglia, e Fabrizio Viola, altro uomo di sistema, al centro dei chiaroscuri di Mps e diventato il referente per entrambe le poi defunte Popolari venete.
Come pure, dopo la sentenza che stabilisce che Consoli nascose ben poco e, comunque, di valore insignificante per le valutazioni della vigilanza di Banca d'Italia, è lecito porsi la domanda, vero Commissione di inchiesta sul sistema bancario e finanziario?, se la penalizzazione di Veneto Banca da parte di Banca d'Italia, che la trasformò da possibile istituto intorno a cui costruire la salvezza anche di BPVi a vittima, per incapacità o possibile dolo?, di disegni opposti, non abbia alla fine danneggiato anche la Popolare vicentina.
Dalla gloria impossibile sognata da Zonin con Sorato e progettata da Visco e Barbagallo (per chi?) la banca, acciaccata da decenni di gestione padronale ma attenta alle relazioni che contano, è precipitata con la cugina, più parca ma "ruvida", di Montebelluna in un burrone in cui sono sprofondati anche e soprattutto decine di migliaia di soci e i progetti di un territorio imprenditoriale, che ha così perso le sue ultime banche di riferimento e, forse, buona parte del suo futuro nel silenzio, peraltro, di quasi tutti i politici nazionali (pentastellati, di una volta?, a parte) e, peggio, locali, con l'eccezione al momento di Sergio Berlato e, soprattutto, Antonio Guadagnini, che, però, da soli ben poco potevano e possono fare.
Presidente Carla Ruocco ascolti l'appello del presidente Giovanni Schiavon, lasci gli esercizi, in gran parte, spirituali delle audizioni attuali sui decreti Covid e sui derivati e, dando reale sostanza alla lotta con cui il Movimento 5 Stelle impose, dai banchi della minoranza, la sua commissione alla fine della scorsa legislatura, promuova una vera inchiesta sul sistema bancario e finanziario! Se non ora, quando?
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