Dopo “Taglio dei parlamentari al voto, inizia dibattito da “Domani”: le differenze tra riforma completa bocciata di Renzi e singola legge M5S di oggi” e insieme all’intevista con l’on. vicentino Pierantono Zanettin (Forza Italia) che “surfeggia” a favore del No col collega Baldelli arriva un intervento anch’esso, come annunciato da tempo, contratto al taglio anche se la a svilupparlo è Giorgio Langella, segretario regionale di un partito agli antipodi di FI e candidato alle regionali con SAL (Solidarietà Ambiente Lavoro, la convergenza tra Pci e Prc).
Ricordiamo che referendum costituzionale del 20 e 21 settembre riguarda il taglio di 230 deputati su 630 e 115 senatori su 315 (con il Sì si approva, con il No si boccia e non c’è alcun tipo di quorum né di partecipanti al voto né di voti pro o contro) e annotiamo che, come anticipavano per Zanettin, anche Langella accenna a un video per il no di Simone Baldelli (vicepresidente dei deputati azzurri e animatore della campagna per il No al referendum popolare sul taglio dei parlamentari) che in kitesurf, trovando eco anche su Il Fatto Quotidiano, proclama: “Il vento è cambiato, io voto no contro il taglio della democrazia”.
Forse è utile iniziare facendo riferimento a uno spot promozionale “Il vento sta cambiando” – esordisce infatti l’ing. Langella, che fu anche consigliere provinciale del Pci, regnante la Dal Lago – nel quale un signore che pratica surf (Simone Baldelli vicepresidente dei deputati di FI) ci dice che lui voterà NO. Non mi sembra che sia la maniera migliore di informare gli elettori sulle ragioni del NO al referendum. È la solita maniera che trasforma questioni importanti come questa in un “prodotto da pubblicizzare”. Questo è l’ennesimo esempio della mercificazione della politica e non è utile, almeno per me, che si chieda di votare no (del quale sono convinto) in questa maniera. Provate a sostituire il no con il si e lo spot (pubblicitario) “funzionerebbe” lo stesso.
Le motivazioni per cui si deve chiedere di votare NO possono e devono essere diverse da una enunciazione?
Provo a citarne qualcuna. La ragione principale per la quale si vuole ridurre il numero di onorevoli e senatori è perché così si ridurrebbe il costo sostenuto dai due rami del parlamento. Questo è indubbiamente vero ma c’è un altro costo che non viene mai calcolato e neppure ipotizzato. È la risposta alla domanda “quanto ci costa la qualità degli eletti?”. Questo è il principale problema del nostro paese: la qualità di chi occupa le istituzioni. Spesso personaggi che si trovano là quasi per caso (o per precise decisioni dei “capi” che compongono le liste). Diminuire il numero dei “rappresentanti del popolo” non è neppure una questione di governabilità (altro argomento tirato in ballo dai fautori del si referendario). La governabilità è frutto di volontà e di capacità di trovare la sintesi tra posizioni diverse, ma è anche (e soprattutto) la presenza di politici veri (e non politicanti) e di organizzazioni politiche che hanno obiettivi precisi, attitudine a pianificare gli interventi e, perché no, capacità di progettare modelli di sviluppo alternativi all’attuale. Altrimenti si scade nella pura e semplice amministrazione dello status quo, quasi che lo Stato fosse null’altro che un’azienda o un condominio. Ecco, forse questa è proprio il fine (o “la fine”) che vogliono i fautori del si. Uno Stato ripiegato su se stesso, praticamente imbalsamato.
Lei, quindi, teme che questo Stato venga così diretto da poche menti apparentemente “eccelse” ma facilmente manovrate da chi in realtà comanda (una sorta di direttorio o di consiglio di amministrazione)?
Si analizzi bene la situazione e si tenti di interpretarla. Da quello che si può capire si fa, a parole, una battaglia contro i privilegi della cosiddetta casta ma, poi, non si riducono o tolgono tali privilegi ai parlamentari ma si riducono i parlamentari. Così meno persone avranno gli stessi o maggiori privilegi rispetto anche ad oggi. Saranno membri di una casta più ristretta e, anche per questo, più manovrabile.
Una sorta di oligarchia sempre più ristretta e, apparentemente, potente?
Invece di agire per eliminare (o almeno contenere) il declino democratico del nostro paese dovuto non alla quantità ma alla qualità di chi viene eletto con leggi che favoriscono le “nomine” da parte dei “capi politici” che compongono le liste e non la “rappresentanza” decisa dagli elettori. Invece di pensare a una legge elettorale proporzionale senza sbarramento che consentirebbe una migliore rappresentanza delle idee e dei bisogni degli elettori (il discorso sulla governabilità che sarebbe garantita da forme di maggioritario o sbarramenti è smentito dai fatti e dalla storia di questi ultimi decenni) con la possibilità di indicare preferenze. Questo non garantirebbe automaticamente una migliore qualità degli eletti ma consentirebbe, almeno, una sorta di “scrematura” da parte dei cittadini elettori e sarebbe una “fotografia” della realtà del paese. A questo si dovrebbe aggiungere anche la reintroduzione del finanziamento pubblico ai partiti (so di affermare un criterio reso “odioso” da pratiche e propaganda, queste si, realmente odiose) con i necessari e severi controlli e l’impedimento di avere finanziamenti da parte di privati, lobby o altro, magari attraverso fondazioni che fanno riferimento a questo o quel candidato o eletto. Questo impedirebbe (o, comunque, limiterebbe) l’uso di pratiche poco chiare o “sospette” e la conseguente “personalizzazione” di una politica fatalmente rivolta più al tornaconto personale di chi viene finanziato piuttosto che al bene pubblico e collettivo.
La questione non è, quindi, diminuire il numero dei parlamentari…
No, bisogna fare in modo che chi viene eletto lavori (e bene) per la collettività e non per rispondere a quei privati che hanno finanziato la sua campagna elettorale. Per quanto esposto e per l’assenza di una legge elettorale che garantisca maggiore rappresentatività e trasparenza, al prossimo referendum costituzionale, è necessario e utile votare NO. Farlo con coscienza, sapendo che altrimenti non si risolverebbe ma si aggraverebbe quella che è la vera “questione morale” del nostro paese. Questione morale che è sotto gli occhi di ognuno: istituzioni occupate da schiere di “nominati” utili solo a votare cose decise da altri e in altri luoghi.
Non si garantisce, quindi, la democrazia diminuendo il numero dei parlamentari ma permettendo di eleggere persone oneste, serie, preparate e incorruttibili: su questo oltre che sul No al taglio dei parlamentari ci pare di capire che sono d’accordo i due esponenti vicentini di due forze agli antipodi, ma che paiono dimostrare che, come in un ormai troppo lontano passato, si può discutere e si possono trovare assonanze anche tra visioni ideologicamente lontane se non opposte. Per il bene comune… Per il confronto attendiamo anche quelli del Sì.
Qui gli interventi da oggi in poi sul referendum per il Taglio dei parlamentari
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