Elezioni regionali e le liste di Salvini e Zaia, laRepubblica: “nel derby veneto si gioca il futuro della Lega”

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Zaia e Salvini
Zaia e Salvini
Le due bandiere sventolano alte sul palchetto allestito a piazza Garibaldi, cuore di Rovigo. Il Leone della Serenissima della Liga del “Doge” Zaia e l’Alberto da Giussano della Lega “per Salvini premier”. Eccoli i leader delle due “Leghe” per una volta uno affianco all’altro, il tandem più controverso del partito. È la vigilia del loro personalissimo derby, nel Veneto che vanta nove candidati presidente e un vincitore, mai come a questa tornata elettorale già designato.
Sotto la canicola delle 14,30 il governatore uscente passeggia, fa selfie e attende il ritardatario “Matteo” dalla sua campagna elettorale no-stop. Mentre gli uomini del leader tentano di monopolizzare almeno cromaticamente la piazza distribuendo centinaia di t-shirt e cartelli blu con la scritta “Processate anche me”. Come se in cima alle preoccupazioni dei veneti ci fosse il processo per sequestro di persona del 3 ottobre a Catania che l’ex ministro dell’interno ha già trasformato nella nuova frontiera della sua propaganda mediatica.

Succede però che qui la gente del produttivo Nordest abbia altro a cui pensare. Zaia il “bulgaro” – come il plebiscito che l’attende alle urne guarda sornione, attende paziente. Dei due stendardi che sventolano in alto lunedì sera ne resterà solo uno, sul pennone del Veneto. Ma soprattutto, la lista personale dell’”altro leader” rischia di doppiare i consensi della Lega ufficiale che porta il nome del capo, aprendo di fatto una corsa alla futura successione. Magari non immediata. Ma con i tempi che corrono in Lega nulla è scontato. Zaia, consueto jeans con camicia bianca sotto giacca blu, mascherina Fp2 inamovibile dal viso, si schermisce.

«È la quinta volta che presento una mia lista personale, non c’è alcun dualismo, cerchiamo solo di raccogliere consensi che vadano al di là del bacino tradizionale del partito, tutto qui. Per me – racconta sotto il palco di Rovigo – la Lega è come la mamma per Carducci: è sempre la mamma. Di Lega ce n’è una». E il futuro? I problemi del segretario? «Io non ho alcun interesse a costruire la Lega di Zaia. Il rapporto con Matteo è ottimo. Supererà ogni problema, è uno scandalo che sia stato mandato a processo per aver fatto il suo dovere». E come si vede dopo il terzo mandato? «Comprerò un nuovo cavallo. Non ho altre ambizioni», sorride e sale sul palco. Sotto, c’è già un popolo che lo acclama. E quando in attesa di Salvini sale sul palco Lorenzo Fontana, l’ex ministro e commissario inviato da Salvini per controllare e arginare la Liga veneta, parte qualche fischio, zero applausi e sparuti “buuuu”. Non a caso. Ai primi di settembre è partita proprio dall’ultra-cattolico Fontana, o meglio dal direttorio da lui guidato, la circolare inviata a tutte le sezioni del partito in regione per «ribadire che tutte le sezioni territoriali devono fare campagna elettorale solo per la lista Lega». Quella ufficiale, inteso, non per la lista “Zaia presidente”.
Salvini finalmente si presenta, camicia bianca e jeans anche per lui, ma la mascherina viene subito tolta per parlare sotto palco. «Ma quale dualismo, l’avversario è il Pd e il M5S che insieme in Veneto non arriveranno al 20. Io sono contento del successo amministrativo di Luca». Successo che Zaia sta conquistando con le sue stesse armi: cura scientifica dell’immagine e della comunicazione, i 130 giorni consecutivi di conferenza stampa dalla sala della protezione civile sotto emergenza Covid, la costruzione a tavolino dell’icona del “vincitore” sul virus. Prima con, poi contro il popolare virologo Andrea Crisanti. Su 5 milioni di veneti, solo uno vive nelle grandi città? Il governatore batte a tappeto le campagne e i centri rurali. Domenica scorsa nel Trevigiano ha presenziato perfino all’elezione del presidente delle pro-loco.
«Tutti a parlare della buona amministrazioni di Zaia, ma qualcuno ricorda appena tre cose della sua gestione in dieci anni?» La voce di Arturo Lorenzoni, 54 anni, il docente universitario padovano che da civico il centrosinistra ha schierato per la più improba delle sfide, arriva flebile, è appena uscito dall’ospedale in cui era ricoverato per il coronavirus. Corsa con doppio handicap. «Il governatore è stato solo abilissimo a costruire il suo consenso personale, a curare la cornice, ma il quadro non c’è – continua dalla convalescenza – E poi, si commette un grande errore, anche a sinistra: lo si considera espressione di una Lega moderata, ma Zaia è un volto di quella stessa destra protezionista e non inclusiva ». Già, la sinistra. Quel che ne resta, in Veneto, dopo il ventennio di progressivo sbriciolamento, lo si raccoglierà lunedì. Mentre il M5s che candida Enrico Cappelletti, dopo l’exploit delle Politiche, rischia di non entrare nemmeno in partita. Per le vie del centro di Padova, intorno a Piazza Duomo e sotto i portici, i cartelli dei comitati della lista “Zaia presidente” surclassano quelli dei leghisti “ortodossi”. «D’accordo il derby, ma occhio che la sinistra rischia di scomparire da queste elezioni regionali, complice lo statalismo che qui non paga», racconta Marco Marin, ultimo forzista veneto, seduto a un caffé di Piazza Europa. Già, peccato che rischia di scomparire anche Fi, schiacciata proprio da quel derby. «Noi porteremo avanti i nostri valori liberali, europeisti e moderati, distinti da quelli della Lega, poi si vedrà».

Venezia, Smart control room del Tronchetto, la sala comando dalla quale il sindaco che è in corsa domenica per la rielezione, Luigi Brugnaro, ha governato l’emergenza della città più fragile. «Dal Veneto sarà inflitta una bastonata pesante ai partiti di un governo assente, che dall’Acqua Granda al Covid ha abbandonato Venezia e l’intera regione. A Genova 2 miliardi, noi abbiamo chiesto 150 milioni l’anno per dieci anni ma non abbiamo ricevuto risposta», lamenta. Salvini, finito a Rovigo, vola a Dolo, poi a Cittadella. Preoccupazioni per i risvolti dell’inchiesta di Genova? «Zero, cerchino pure i soldi, ormai sembra un risiko», ripete a ruota. Unica nota per lui davvero positiva dal Veneto, l’assenza di contestazioni che lo hanno inseguito da Torre del Greco a Jesi. Sospiro di sollievo. Finiti i comizi con Zaia, un cenno di saluto tra i due, poi ognuno fila via coi propri fan. Si combatte anche a colpi di selfie la sfida finale tra i due leader.