Acque agitate a Porto Burci, le associazioni pronte alle barricate: “arrivo dell’Università di Vicenza manovra politica?”

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Porto Burci
Porto Burci

Proprio nei giorni in cui Porto Burci – scrivono in un comunicato le associazioni che gestiscono lo spazio Legambiente Vicenza Aps, Arci Servizio Civile Vicenza, Arci circolo Cosmos, Arciragazzi Vicenza, Non dalla Guerra – si appresta a stringere un accordo con la provincia di Vicenza per la messa a disposizione di alcuni spazi in favore del Liceo Fogazzaro al fine di facilitare la formazione in presenza, apprendiamo che la Fondazione Studi Universitari di Vicenza ha firmato la richiesta per insediare a Porto Burci un polo tecnologico e di conseguenza estromettere il centro culturale e le associazioni che lo gestiscono.

Un luogo che, prima dell’attuale destinazione, non aveva nemmeno un nome, e che oggi, a meno di tre anni dall’apertura e a pochi mesi dalla scadenza del bando di affidamento, è diventato un punto di riferimento culturale, formativo e aggregativo di rilievo nel panorama cittadino.

L’ex scuola materna viene ristrutturata nel 2014 con il supporto di Fondazione Cariverona per destinarla alle politiche giovanili, ospita un incubatore di start-up che naufraga appena un anno dopo, lasciando solo qualche aula studio per l’università, ed infine resta chiuso. Nel 2018 l’Ufficio Politiche Giovanili pubblica il bando per la creazione di un centro formativo e culturale che viene vinto dal pool di associazioni, con a capofila Legambiente, che oggi gestisce lo spazio. Da allora il centro si sviluppa e cresce anno dopo anno: è uno spazio accogliente, con una proposta culturale vivace e molto varia; è attraversato da centinaia di persone ogni settimana che partecipano a corsi, conferenze, workshop e spettacoli che vi si tengono. Gli spazi di Porto Burci oggi sono richiestissimi, tanto che spesso la richiesta non può essere evasa, evidenziando la cronica mancanza di luoghi simili in città.

Grazie all’impegno di volontari europei e in servizio civile, decine di volontari delle associazioni, e giovani in tirocinio formativo, lo spazio è aperto ed utilizzato quasi tutti i giorni dell’anno dal mattino fino a sera, e ospita dai più giovani con i centri estivi, agli studenti medi e universitari, fino ai pensionati. È inoltre importante evidenziare che, a differenza di tutti gli altri centri giovanili in città, Porto Burci non incide nel bilancio comunale perché completamente autofinanziato e autogestito (anche utenze, consumabili, pulizie e manutenzioni); grazie alla visione, alla competenza e alla determinazione delle associazioni che lo gestiscono, è già stato capace di attrarre fondi regionali, nazionali ed europei tramite progettazioni allo scopo di migliorare i servizi e gli spazi; ne è un evidente esempio la recente ristrutturazione del giardino estivo.

Ci sorprende che l’amministrazione decida di cambiare destinazione d’uso all’immobile senza mettere a bando lo spazio che ospita il centro culturale più frequentato della città. Ci amareggia ravvisare che invece di sfruttare i piani di sviluppo universitari per ridare vita a spazi vuoti o sottoutilizzati in città, si preferisce liquidare un progetto così valido, radicato e virtuoso. Ci stupisce che sia l’Università di Padova, ente preposto all’educazione, alla formazione e alla crescita dei giovani, la realtà che potrebbe contribuire alla chiusura di questo progetto di cittadinanza attiva e partecipazione, che si svolge da tre anni a Porto Burci.

Ci chiediamo quindi se tutto questo invece di rispondere a necessità formative e culturali della città non sia invece il risultato di manovre politiche, dove il non allineamento delle associazioni di Porto Burci alle idee politiche di alcuni componenti della giunta comunale o della fondazione vicentina, sia il motivo per il quale si apprende da un piano di sviluppo la volontà di chiusura di Porto Burci, tentando di farla passare come l’unico modo di esaudire i bisogni di spazi dell’università.

Non crediamo che il sindaco e la sua giunta siano capaci di vanificare tre anni di sforzi e investimenti di realtà no profit sui temi della sostenibilità ambientale, solidarietà, diritti e bisogni del territorio; speriamo quindi di avere risposte ufficiali il prima possibile, così da poter informare le tante, tantissime realtà associative, gruppi informali, organizzazioni ed enti che usano lo spazio e che si troverebbero senza luoghi adatti da un momento all’altro se davvero a fine marzo 2021 il progetto Porto Burci dovesse chiudere.

Cambiando e snaturando la sua destinazione, chi sta prendendo questa decisione si sta comportando come se Porto Burci fosse un luogo vuoto e disabitato, ma si dimentica che dentro, invece, ci stanno persone, associazioni, tante diverse attività in corso. Un corpo sociale che dovrebbe essere quanto meno interpellato e coinvolto nelle decisioni che lo riguardano.

Un corpo sociale che è stato, in questi anni, al servizio della città e che ha voglia, determinazione e fermezza nel continuare questo progetto, frutto di sogni, bisogni e relazioni che in Porto Burci trovano casa e di cui la città ha dimostrato in questi anni di apprezzare il senso e il significato.


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