Le nuove misure del DPCM: abbiamo più paura della fame, del Covid… o del Comitato Tecnico Scientifico?

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Protesta bar e ristoranti dopo nuovo DPCM
Protesta bar e ristoranti dopo nuovo DPCM

Gli scontri e le manifestazioni di piazza di questi giorni, al netto dei soliti personaggi, che non attendono altro che l’occasione per destabilizzare tutto ciò che si può destabilizzare, ci costringono a prendere atto di una drammatica realtà: molti ristoratori, gestori di palestre, artisti e professionisti, direttamente o indirettamente colpiti dagli effetti del DPCM del 24 ottobre, protestano contro il Governo perché temono di non riuscire a superare economicamente una seconda chiusura generalizzata, come anche un semplice rallentamento delle loro attività.

A ben vedere pare che, come in tante altre circostanze, non ultima quella che ha visto i lavoratori dell’ex Ilva di Taranto chiedere di non abbandonare la produzione per non perdere il prezioso posto di lavoro, nonostante si avesse chiaramente la percezione dell’avvelenamento di un’intera città, pare, dunque, che questi folli personaggi mettano sul piatto della bilancia da un lato la paura di non portare il pane a casa e dall’altro quella di essere colpiti direttamente o indirettamente da un virus di cui si sa sempre meno.

In realtà, le cose non stanno propriamente così, perché in questa bolla politica in cui attualmente ci troviamo, caratterizzata, di fatto – e ciò sia detto nella consapevolezza che era l’unica via per gestire una pandemia - da un Parlamento e da un Governo esautorati dalle loro funzioni istituzionali, giacché si procede, a tentoni, a colpi di DPCM dietro indicazione del Comitato Tecnico Scientifico, si presume che ogni Decreto stabilisca in maniera chiara ed efficace le misure da intraprendere per evitare qualsiasi tipo di contagio.

E, allora, proviamo a capire cosa è successo negli ultimi mesi: il Comitato Tecnico-Scientifico, impreparato nella gestione della pandemia, decide a marzo di far chiudere tutto e così si fa. Tuttavia, dopo i mesi di chiusura totale della attività, lo stesso Comitato Tecnico-Scientifico stabilisce che i ristoranti, le caffetterie, le palestre, i teatri possono riprendere a lavorare, a patto che i proprietari e i gestori si attrezzino per attenersi alle precauzioni che scongiurerebbero - lo dicono gli scienziati – il rischio del contagio. Gli esercenti sono corsi ai ripari senza battere ciglio, pur di ricominciare a ridurre il disavanzo economico della propria attività e così hanno ridotto la capacità di accoglienza nei teatri e nei ristoranti, hanno imposto ai dipendenti di lavorare con mascherina e dispositivi di sicurezza, hanno dirottato una parte cospicua degli investimenti nell’acquisto di caterve di fluido sanificante e tutto ciò che – sempre secondo gli scienziati – era ritenuto necessario per la prosecuzione, in assoluta sicurezza, delle proprie attività.

Ma ciò, evidentemente, non è bastato, perché a partire dai primi di ottobre, complice una inaspettata capacità di processare decine di migliaia di tamponi al giorno, il numero delle persone che risultavano positive al Covid-19 è ricominciato vertiginosamente a salire. È chiaro – ma questo non sono in grado di vederlo tutti - che non dipende dal numero di tamponi processati se vi è un contagio dilagante, la cui causa andrebbe ricercata altrove, ma, si sa, i numeri e le statistiche sono un po’ come il bikini, che fa vedere molto, ma non tutto, per cui ognuno interpreta i dati a modo suo, utilizzando argomentazioni spesso anche molto fantasiose. È altrettanto evidente, del resto, che i contagi risalgono e gli ospedali – questo è meno opinabile rispetto alla lettura del numero degli asintomatici tracciati – ricominciano ad andare in affanno con le terapie intensive nuovamente piene di pazienti e anziani che muoiono al pronto soccorso in attesa di essere visitati.

Eppure, l’AGIS (Associazione Generale Italiana dello Spettacolo) fa sapere che in questi mesi nei luoghi in cui si sono svolti spettacoli c’è stato un solo contagiato, e così chiama in causa il Ministro Franceschini per avere chiarimenti, ma il Ministro latita; i Dirigenti Scolastici inviano i dati dei contagi nelle scuole al Ministro Lucia Azzolina, i quali non giustificherebbero la necessità di mandare in didattica a distanza le scuole superiori, ma l’Azzolina fa spallucce, dicendo che il Comitato Tecnico-Scientifico ha deciso; le associazioni di categoria, tra cui ristoratori e gestori di palestre, non capiscono come possa avvenire un contagio nonostante le distanze mantenute e i dispositivi di sicurezza garantiti.

E nel frattempo i contagi continuano a lievitare e il Comitato Tecnico Scientifico smentisce sé stesso, affermando che quelle misure e quegli investimenti fatti in estate per riaprire non erano sufficienti, per cui bisogna chiudere nuovamente le attività, soprattutto quelle in cui è lo svago e il divertimento ad andare in onda, come se fosse la movida in sé a generare problemi, cioè come se alcune attività debbano sacrificarsi perché è il Comitato Tecnico-Scientifico a ritenerle non necessarie. Ecco, fa riflettere anche questa strana e inedita alleanza tra Scienza e Fede, giacché questo Comitato Tecnico-Scientifico ritiene che nei luoghi di culto si svolgano attività necessarie o, forse, ritiene che gli assembramenti alle cresime e alle comunioni siano assolutamente coperti da schermatura antivirale direttamente dispensata dall’onnipotenza divina…è proprio il caso di dire “beato chi ci crede!”.

Ora, è chiaro che ci troviamo davanti ad una situazione inedita e che ha almeno due conseguenze: la prima è che in questa circostanza la Scienza ne esce davvero indebolita, se non proprio ridicolizzata da chi ne approfitta per diffondere ipotesi pseudoscientifiche, legittimate dalla confusione generata dagli stessi scienziati che affollano il dibattito pubblico; la seconda è relativa alla condizione di subordinazione del Governo, il quale sembra essere sempre più ostaggio del Comitato Tecnico Scientifico, che spesso smentisce sé stesso in un tragico balletto che ricorda, per chi ha un minimo di memoria storica, quel frangente in cui il Gran Consiglio del fascismo, massimo organo costituzionale del Regno d’Italia, voluto da Benito Mussolini, arrivò con tratti drammatici persino a sfiduciare lo stesso duce, esautorandolo dal potere….speriamo solo di non essere costretti anche in questo caso a vedere per la seconda volta lo stesso triste spettacolo.

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